L’acqua cheta del diciannovesimo arrondissement

Chi è stato recentemente a Parigi si sarà forse accorto che il canale Saint-Martin è ufficialmente vuoto per una pulizia che durerà tre mesi. I pesci hanno traslocato, gli operatori lavorano anche sotto la pioggia, e i passanti lungo Quai de Valmy possono credersi in riva al mare perché l’aria che circola è un po’ ‘salmastra’, c’è calca sui bordi parigini antistanti per vedere cosa rimane sul fondo – all’epoca dell’ultima pulizia il fondale contava tra i detriti anche il ritrovamento di una bomba della Seconda guerra mondiale. JpegSulle pareti di cemento armato si legge incisa una frase dal carattere tipografico stampatello enorme squadrato e dal richiamo sibillino: LE MONDE CHANGE L’ART L’ART CHANGE LE MONDE. Sembra lontana l’arte da questo spettacolo che ricorda un’ambientazione che combina contrasti tipica delle opere della coreografa Pina Bausch ed in effetti ci troviamo in uno spazio particolare di Parigi, un quartiere popolare che ha memoria operaia, un’isola artificiale che ricorda Amsterdam e che ha subito una metamorfosi generazionale considerevole negli ultimi trenta anni, tanto che quei vecchi ampi capannoni sono diventati ‘le industrie effimere’ che ospitano locali alternativi in un’atmosfera urbana postmoderna.

point parisMa non c’è solo questo, le mura che contengono questa citazione incidono qualcosa che è avvenuto poco settimane fa e che forse era già depositato nella sapienza letteraria del canale: in occasione della Cop21, infatti, alcuni artisti hanno avuto la possibilità di esporre le loro opere en plein air e la più suggestiva è siuramente quella allestita a una distanza di pochi chilometri rispetto al posto di cui vi sto parlando e che ne costituisce il proseguimento oltre la chiusa. Siamo sempre nel diciannovesimo arrondissement, ma stavolta ci siamo spostati alla Villette che si può raggiungere grazie a una interessante e comoda passeggiata lungo Quai de la Seine o il parallelo Quai de la Loire, sfilando accanto a piccoli battelli da crociera e a péniches teatro, café, libreria. Si noterà un’altra coincideza, la Péniche Libreria Marittima si chiama ‘L’eau et les reves’.libreria marittima L’acqua e i sogni, certo questo nome di battesimo fa riferimento a viaggi e mete fantastiche, ma anche l’arte non è esattemente questo? Un viaggio. Mettendo insieme tutti questi indizi arriviamo all’opera di cui vi voglio parlale e che ha preconizzato il ‘cantiere’ che giace sui fondali delle nostre acque.

L’Eau qui dort, L’acqua che dorme, su un’idea dell’artista scozzese Michael Pinsky – precisamente artista plastico engagé, Pinsky affronta il tema dello sperpero precorrendo ogni genere di pulizia pubblica: in primo luogo ha recrutato un’équipe subacquea per recuperare gli oggetti affondati e riportarli a galla, dunque renderli visibili e inventariarli.pinsky Ecco che spuntano: biciclette, carrelli, sedie di plastica impilate, lavastoviglie, frigoriferi, motociclette da bambini, e tante altri oggetti, anzi mobilio, diventato rifiuto sommerso. La prima domanda che viene da porsi, dopo lo stupore, è: come ci sono arrivate lì quelle cose? villetteNon stiamo parlando di un luogo di scarico, nascosto o abbandonato, ma parliamo di un canale che attraversa uno dei parchi e una delle cittadelle meglio gestite e più frequentate dalla popolazione parigina – nonché quella più ‘green’ in quanto ospita eventi e locali dedicati ed attenti al rispetto dell’ecosistema – in più parliamo di ‘oggetti’ che è difficile immaginare trasportare fino a lì o da gettare facilemente. Non si tratta di sbagli o di corrente, ma di un vero mistero.

L’allestimento incredibilmente suggestivo: innalzati sopra all’acqua come modelli decorativi, questi ‘oggetti’ era illuminati di notte rispecchiandosi – raddoppiandosi, sotto-sopra –  su un’acqua oscura, silenziosa, magnetica in contrapposizione a un sistema musicale di ‘rumori e suoni’ che si attivavano al passaggio delle persone che arrivando si soffermavano a guardare la ‘scena’ e lo ‘scenario’ distopico di un ambiente che trattiamo come – cito un’amica che qui scrive spesso del tema – un mercato dell’usato rovinato a cielo aperto. Quello di cui ci sbarazziamo non scompare magicamente, ma diventa la discarica che accumuliamo sotto la superficie.

villette pinskyBreacking the surface, posate, sporche, su tubi di acciaio, le materialità ci guardano e si lasciano fissare e una musica assale, forse è l’aspetto più surreale di questa arte-realtà: saremo noi i musicisti delle cose che avanzano dei nostri resti derelitti: in effetti a dei bambini è stato chiesto di suonare ‘la batteria’ sopra a questi oggetti o di soffiare nei tubi metallici rinvenuti, di qui nasce il sample registrato che è stato diffuso, stridente, nell’aria. Un gioco di disarmonie, di lugubri riverberi, che ci ricordano di ordinare il nostro spazio, come bambini, come lasciamo i nostri ‘giocattoli’ sparsi nel mondo, dimenticandoceli. Resta anche un’altra cosa, sembra che l’arte, come la Terra, non voglia lasciarsi arruginire.

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