Dayanita Singh. Sono chi sono

Dayanita Singh è un’altra artista per la quale medium di trascendenza è il libro – tanto da definirsi ‘bookmaker’ anche se immortala la vita con la macchina fotografica. È, per sua stessa ammissione, ossessionata dalla carta. Fotografa indiana, Dayanita Singh ha dichiarato che per lei la fotografia ha sempre avuto a che fare con ‘l’alerità umana’, che si tratti della casta dei maharajahs o di prostitute il risultato non cambia, perché si tratta di fare attenzione e di imprimere i profili della struttura composita che la realtà esibisce sulla superficie, sul fondo quante storie accennate. In India, la rigida distinzione per casta incide anche sulla trasmissione fotografica, perché molte persone non sono degne di essere fotografate, è a partire da questa constatazione che Dayanita Singh ha iniziato a collezionare ritratti di famiglia pensando di rendere servizio ai membri di quelle comunità.

« e se alla fine della mia vita ci fossero cinquecento foto appese in cinquecento case in India, mi sarebbe sufficiente»

Uno slancio sorto nel quotidiano, una competenza coltivata per anni e improntata sulla scia del senso di intimità, sulle relazioni affettive e l’evoluzione delle generazioni. Molti scatti nascono proprio così, da un’amicizia, da un quadro domestico dai risvolti emotivi. C’è una foto celebre scattata a una ragazza e alla sua camera: Dayanita è sua amica ed è amica della sorella, della madre e della nonna del soggetto, tanto da fotografare la ‘modella’ sin dall’infanzia. La foto è scattata nella casa dela giovane donna a Kolkata.

dayanita singh photo

«Stavo scattando delle foto a lei in uniforme dopo la scuola e, a un certo punto, si è innervosita con me e è corsa nella sua stanza. In un certo senso stavamo giocando quando ho scattato questa foto. Era un pomeriggio invernale. Un inverno indiano. Ricordo molto bene la luce e il sentimento di déjà-vu che mi ha invasa». Ma non solo famiglie, anche luoghi di famiglia; una casa, una cucina, un salone, una città (Bombai, Calcutta, New Delhi…). Il progetto Empty Spaces nasce da questo movimento di coscienza: perché guardando una fotografia è spesso difficile dire a prima vista quando e dove una foto è stata scattata. Le fotografie possono sembrare vecchie o nuove, Occidentali e Orientali e ovviamente di entrambi i tipi in un certo senso – uno perché l’altro.

dayanita singh IndiaInk

Dopo essersi laureata in fotogiornalismo al Centro della Fotografia Internazionale di New York, Dyanita Singh ha passato una decade, 1987-97, a osservare la vita Indiana, dalle idiosincresie dei passanti nelle strade, alla dimensione decorativa e architettonica degli ambienti abitativi, scene urbane, centri industriali come paesaggi. Sentendosi sempre una raccontastorie atipica.

dayanita singh archivio

Fino a scoprire l’altra sua passione: l’archivismo. È così che prende corpo il suo progetto – Building the Book Museum -: questione di collegare, ed avere vista di insieme, sulla Fotografia, il Linguaggio e la Forma, tre coordinate della trasmissione della Storia nella storia per i secoli dei secoli. Se le sue fotografie e le sue didascalie sono vicine alla pura poesia, allora capiamo la profondità di un’altra sua ‘invenzione’, un altro Libro Blu, immagini d’autrice stavolta. The Blue Book infatti arriva dopo aver sperimentato vari formati e vari metodi di diffusione per le sue foto (illustrazioni di libri, album, calendari…) – allora perché non scrivere un romanzo con le sue foto? Ne risulta una formidabile interazione tra intenzione e fato, inerente e immanente all’arte fotografica stessa.

blue-book dayanita singh

È in questo modo che Dayanita Singh ha conquistato il suo Occidente, soprattutto Londra, dove è la prima ad aver tenuto a solo show presso la Hayward Gallery.

La sua storia personale è una storia di epifanie, voce espressiva che racconta l’India umana e semiotica con la fotografia che come la vita è sempre effimera pur senza esserlo mai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.