Anote’s Ark – Il futuro incerto di Kiribati (e del resto del mondo)

Seguendo l’immaginario ormai consolidato degli atolli del Pacifico, la prima inquadratura di Anote’s Ark mostra sullo schermo i colori turchesi delle acque calme e cristalline, i rumori delle onde, i pescatori locali e le tipiche imbarcazioni all’orizzonte. C’è tutto quello che ci aspettiamo di vedere da un arcipelago ai confini del mondo: calma, silenzio e il tempo che sembra scorrere molto più lentamente che sulla terraferma. “Kiribati è al centro del mondo. Così lontani, così isolati, pensavamo di essere immuni alle tribolazioni di questo mondo”, afferma l’ormai ex Presidente Anote Tong riferendosi alla sua terra. Qual è, invece, il futuro che attende la popolazione di Kiribati? In che modo il cambiamento climatico sta minacciando l’abitabilità di questo arcipelago?

kiribati

Presentato al Sundance Film Festival 2018, il documentario del regista canadese Matthieu Rytz prova a delineare il quadro della situazione, con un focus sulle problematiche presenti e sulle perplessità nascenti riguardo il futuro stesso di questa nazione. Al di là dei toni apocalittici spesso utilizzati e dei titoloni da prima pagina che nulla hanno a che fare con la realtà dei fatti, la proiezione mostra una sincera e genuina curiosità di Rytz per quanto riguarda la comprensione di un fenomeno che negli ultimi anni si è imposto sulla scienza internazionale anche grazie alla carismatica figura di Anote Tong, il quale ha a lungo lavorato al fine di diffondere e far conoscere il più possibile le preoccupazioni della sua gente legate agli sconvolgimenti climatici in atto. Si tratta davvero di una crisi senza soluzione? Nel corso del suo mandato, Tong ha lavorato incessantemente per più di un decennio affinché le richieste e le proposte di Kiribati fossero ascoltate e accolte anche dagli Stati più scettici ma la sensazione generale è che l’impegno, per quanto notevole, non abbia prodotto i risultati sperati. Nonostante alcuni passi avanti, il destino di molti atolli del Pacifico è ancora incerto e il regista lo sottolinea intrecciando il discorso istituzionale di Tong con la storia personale di Tiemeri e della sua famiglia. Giovane madre di sei figli, Tiemeri ha visto la sua casa e il suo villaggio essere ripetutamente distrutti dai numerosi cicloni che si sono abbattuti su Kiribati negli ultimi anni, testimone di troppe vite spezzate, ormai stanca di dover lottare incessantemente contro gli effetti di un problema di cui non è neanche lontanamente responsabile.

anote's ark

Non senza difficoltà, Tiemeri decide di partire e di raggiungere Auckland beneficiando del Pacific Access Category (PAC), un programma della Nuova Zelanda che annualmente offre speciali visti ai residenti di Kiribati, Tuvalu, Tonga e Fiji, permettendo loro di vivere, studiare e lavorare sul territorio neozelandese. Una soluzione apparentemente senza controindicazioni, che tuttavia richiede molto coraggio, risorse economiche, abilità linguistiche e soprattutto una certa esperienza in materia di scartoffie da compilare e trafile burocratiche non indifferenti. In soli dieci anni, la comunità di Kiribati in Nuova Zelanda è più che raddoppiata, rafforzando legami sociali e culturali che altrimenti sarebbero scomparsi. Tuttavia se spostarsi può superficialmente sembrare la soluzione più semplice, la sensazione di doverlo fare perché non si hanno altre possibilità è largamente diffusa, come sottolinea più volte Tong: “nessuno è contento di abbandonare la propria casa ma non c’è altra scelta”. L’innalzamento del livello dei mari, gli eventi climatici più estremi e più intensi, lo sregolamento del ciclo idrologico e i risvolti negativi sui raccolti e le riserve idriche, sono alla base di una percezione sempre più inquieta rispetto al futuro di queste isole. Nonostante questo, la popolazione combatte, resiste e si fortifica tentando di trovare valide alternative alla rilocazione. E al di là di soluzione fantascientifiche come l’idea di costruire isole artificiali autosufficienti ed ecosostenibili che difficilmente vedranno luce a breve, ciò che dovrebbe contare maggiormente in questo preciso momento è la solidarietà di una comunità internazionale intenta ad agire sulle cause della crisi ambientale globale, senza ulteriori e inutili indugi.

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Nei suoi viaggi e attraverso i suoi discorsi, Tong ha più volte sottolineato che la questione climatica dev’essere una priorità affrontata collettivamente, mettendo in discussione gli attuali valori e ridando voce ai fondamentali diritti umani. Tuttavia, al termine del documentario, la sensazione che resta è quella di trovarsi su una strada ancora lunga e tortuosa di cui nessuno conosce il punto arrivo. E questo fa molta paura.

Photocredit: www.climate.gov.ki, www.focus.it, www.anotesark.com, www.mymovies.it

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