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#Libromania – Intervista a Libreria Bufò

A Pozzo Strada, un quartiere storico di Torino, c’è un posto chiamato Bufò. È una libreria, «un posto caldo e luminoso dove trovare libri, giochi e occasioni per divertirsi e imparare». Lo gestisce Marta Bianco, una libraia che non ho incontrato personalmente, ma di cui ho subito compreso la passione e l’interesse grazie alla pagina Facebook della libreria. Marta è un vulcano, piena di energia e di voglia di fare. La ringrazio ancora per avermi dedicato un po’ del suo tempo. E, se passate da Torino, sapete dove andare…

Ciao Marta, innanzitutto grazie per la disponibilità. Comincerei da te, puoi raccontarci il tuo percorso e cosa ti ha spinto ad aprire Bufò?
Comincerei subito dicendo che fare la libraia non era il sogno che avevo da bambina. Ero sì una buona lettrice, ma l’idea di percorrere questa strada in realtà è stato improvvisa. Al termine della laurea specialistica in Antropologia culturale, ho pensato di propormi come aiuto alla libreria di quartiere che avevo sempre frequentato per i miei acquisti. Ero incuriosita da questo mondo e, complice l’arrivo del Natale, la mia richiesta fu accolta. È stato amore a prima vista, stare in mezzo ai libri, impararne la disposizione, riconoscerli in base ai nomi degli editori, consigliare le persone per i loro regali mi dava un profondo senso di appagamento. Al tempo stesso, però, andavo in crisi quando mi si chiedevano consigli sui più piccoli. Così mi sono messa a cercare corsi di formazione che potessero colmare le mie lacune e trovai un Master che potevo seguire anche a distanza presso l’Università di Roma Tre. Lì ci fu il secondo colpo di fulmine per gli albi illustrati, poi la prima visita alla Fiera di Bologna e poco tempo dopo l’apertura di un blog dedicato ai consigli di lettura per bambini… scritti da me che ne stavo aspettando uno! La gravidanza mi ha avvicinato ancora di più a questo mondo e quando mio figlio aveva circa un anno e mezzo ho sentito che era arrivato il momento di provarci, anche se ero ancora molto acerba e in gran parte all’oscuro sulle dinamiche commerciali. A febbraio 2014, nel comune di Ciriè, ho aperto la mia libreria che due anni dopo ho trasferito a Torino. E quindi eccomi qui. Da quattro anni sono una libraia.

Perché hai scelto Bufò come nome?
È una storia che mi piace molto raccontare alle classi che vengono in visita in libreria. Ufo era il nome che avevo dato a mio figlio mentre nuotava nella mia pancia. Pensavo che “oggetto volante non identificato” fosse una buona definizione e questa parola mi è rimasta addosso quando è arrivato il momento di scegliere il nome della libreria. Ho provato a giocarci su. Volevo un nome corto, orecchiabile e facilmente memorizzabile dai bimbi. Ho provato mettendoci davanti la “B” proprio come bambini e books. L’accento mi ha aiutato a renderlo ancora più d’impatto e poi il nome ha preso le forme di un buffo alieno verde con le antenne flosce e una pancia bella tonda che ama le storie, sgranocchia i tasti della macchina da scrivere come se fossero patatine e beve succo d’inchiostro. Bufò nella mia testa è diventato reale, è una presenza rassicurante che sento tra gli scaffali della libreria.

Com’è la tua vita da libraia?
Io dico spesso che la libreria è diventata la mia casa. Lavoro da sola e gestisco tutto io, dalla contabilità alla comunicazione, dagli ordini ai pacchetti regalo. È un lavoro che ha delle fasi altalenanti nel corso dell’anno naturalmente, ci sono momenti molto densi e impegnati e altri più rilassati, ma l’immagine del libraio che passa il suo tempo a leggere è decisamente fuorviante. Lo facciamo, certo, ma spesso nei ritagli di tempo. Sono molto fortunata a fare questo mestiere ma non ne nascondo le difficoltà dettate principalmente dal fatto che sei a contatto con il pubblico tutto il giorno. Il cliente sceglie una libreria indipendente perché si aspetta un servizio, un consiglio competente, a volte anche una chiacchiera e a tutto questo bisogna sempre essere pronti, anche quando sei stanco e non avresti voglia di parlare con qualcuno.
Lavorare da sola poi implica il fatto di essere vincolata a un posto e ai suoi orari. Precisione e puntualità per me sono fondamentali e, se hai una famiglia alle spalle, ci deve essere una buona rete di supporto che ti aiuti a gestire il tutto. Non vuole essere una lamentela, ma trovo che del libraio si abbia un’idea un po’ troppo romantica e ovattata e io credo che ogni mestiere vada letto nella sua giusta luce.

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Bufò è una libreria per giovani menti, ho avuto modo di notare sul sito e sulla pagina Facebook una predilezione e un’attenzione particolare nei confronti dei più piccolini. In un Italia che legge poco è confortante vedere che la fascia dei giovani tra gli 11 e i 14 anni (51,1%) legge di più rispetto a tutte le altre classi di età.
Tutti i dati in effetti sembrano dire che l’unico vero settore trainante è quello della letteratura per bambini e ragazzi. Qui personalmente vedo un’attenzione fortissima soprattutto nella fascia dei piccolissimi, merito sicuramente di progetti come Nati per Leggere che hanno reso i genitori consapevoli di quanto siano importanti momenti di lettura condivisa.

Secondo te è possibile un’educazione alla lettura?
Sì, certamente, un’educazione alla lettura è possibile ma deve passare attraverso esempi, modelli e gesti ripetuti. Le campagne o gli slogan una tantum non spostano le percentuali. Ci va l’abitudine al libro che deve essere un oggetto di consumo nelle case e nelle scuole. Gli adolescenti, se motivati, possono essere degli eccellenti lettori. Dagli incontri con questa fascia d’età esco sempre molto motivata e quando li vedo tornare in libreria per acquistare uno dei libri consigliati durante gli incontri ne sono molto felice. Ci sono progetti e festival bellissimi sparsi per l’Italia che li vedono protagonisti e tutto questo alimenta speranze fortissime. Vorrei riuscire a breve a creare un gruppo lettura dedicato proprio a loro e ammiro molto colleghi e colleghe che si muovono su questa strada perché se è vero che un ragazzo può facilmente appassionarsi alla lettura, altrettanto facilmente lo si può perdere.

Oggi siamo sommersi dalla tecnologia che è sicuramente una buona cosa se usata con moderazione poiché ci sono tanti mezzi per imparare, non solo i libri. Quando hai scelto di creare il Family Store e potresti spiegare cos’è ai nostri lettori?
Il Family Store nasce insieme alla libreria con l’idea di creare uno spazio dove trovare proposte e iniziative rivolte certamente ai piccoli ma che non escludessero i grandi. Credo molto nel gioco condiviso laddove spesso si cercano cose che il bambino possa fare da solo.
È vero, la sera siamo tutti molto stanchi, ma a volte basta davvero poco per stare bene insieme.

Quali giochi consigli ai genitori?
In libreria prediligo il legno e giochi creativi. Da un anno circa ho introdotto anche quelli di società che ho visto suscitare curiosità e interesse da parte dei genitori. La scelta delle aziende cambia spesso perché mi piace introdurre delle novità… e perché adoro quando le persone entrano e mi dicono che ci sono cose bellissime.  Ecco, non voglio abituarmi alla bellezza. Voglio continuare a cercarla e proporla a chi frequenta Bufò.

Quali sono gli ultimi libri per bambini che hai letto e che ti senti di consigliare?
ci sono quelle della collana “Libri corsari” curata da Pierdomenico Baccalario per Solferino e che sono davvero un ottimo inizio per la fascia dei primi lettori autonomi e poi mi piace molto avventurarmi nel libreria-bufo-esternosettore delle proposte per adolcenti e young adult. Tra questi ci sono ottimi autori italiani che mi sento di consigliare come Morosinotto, Ferrara, Percivale, Risari e Centomo. Senza dimenticare gli stranieri che amo di più come Chambers e Spinelli. Una bella scoperta è anche la letteratura nordica e su questo fronte consiglio i libri di Maria Parr e la collana di Iperobea dedicata a bambini e ragazzi.

Un’ultima domanda: cosa consigli a chi ha il sogno di aprire una libreria?
Io lo dico sempre perché i sogni sono preziosi e bisogna essere onesti con i sognatori: vivere di libri oggi è difficilissimo. Come dicevo all’inizio, spesso si ha un’immagine idilliaca della libreria che resta a tutti gli effetti un esercizio commerciale fatto di conti da far quadrare, entrate e uscite. In Italia aprono e chiudono molte librerie, spesso si dice per colpa di Amazon, ma a volte anche per una cattiva gestione. Non esistono titoli di studio obbligatori, ma negli anni sono nate scuole e corsi di formazione che preparano sui vari aspetti. Sono un inizio importante sia che si scelga la strada di una libreria generalista che di una specializzata. In entrambi i casi la preparazione deve essere alta. In parte la si rinforza sul campo, in parte bisogna partire dalla voglia di mettersi di nuovo a studiare e imparare.
Una libreria per partire ha bisogno di una base economica, sarebbe stupido negarlo. Nessuno finanzia più qualcosa senza qualche interesse e gli interessi sono qualcosa che una libreria non può permettersi, considerando i suoi normali costi di gestione e il ricavo bassissimo che si ha sulla vendita di un libro.  Una libreria difficilmente dà uno stipendio pieno e se lo offre ciò avviene a distanza di anni e solitamente solo se si è da soli o se uno dei due soci porta avanti altre attività parallele oltre a quella del libraio. Se uno poi è deciso a partire (e qui parlo per le specializzate!), lo faccia nel modo più semplice ed economico possibile: forniture ridotte e non in conto assoluto ma con possibilità di resa, nessun gestionale, nessuna affiliazione a marchi o consorzi vari che ovviamente per i loro benefit chiedono una fee annuale, sito semplice e ben fatto, comunicazione costante e di qualità sui social network senza investire in grandi campagne.
Ultimo consiglio: se una città o un piccolo comune è sprovvisto di una libreria specializzata, prima di lanciarvi nell’idea di aprirne una, chiedetevi se davvero ce n’è bisogno. Spesso la risposta è no. Non per mancanza d’interesse da parte della potenziale clientela, ma perché una realtà per di più specializzata ha bisogno di un bacino d’utenza minimo.

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