Balto e l’eroica “Corsa del siero”

Quella che sto per raccontarvi è una storia avvincente e commovente al tempo stesso, la quale si svolge negli anni 20 del secolo scorso e mostra il forte legame che unisce l’uomo al cane: non a caso, quest’ultimo, è definito per antonomasia “il suo migliore amico.”

Era il 19 gennaio 1925 quando a None, in Alaska, scoppiò una grave epidemia di difterite e, ad acuire la situazione drammatica, si aggiunse il problema dell’indisponibilità dell’antitossina necessaria per curare tutti gli infetti. La prima vittima fu un bambino inuit, di soli 2 anni, al quale il medico diagnosticò una semplice tonsillite in quanto nessun altro membro della famiglia sembrava presentare i sintomi tipici della difterite.

La diagnosi però era errata e il bimbo morì la mattina seguente: a questa prima vittima se ne aggiunsero molte altre e ad aggravare la situazione contribuì anche la decisione della madre del piccolo, la quale negò che venisse effettuata l’autopsia.

Nei giorni seguenti None venne dichiarata in quarantena e si stimò servisse un milione di unità di antitossina.

La scorta più vicina si trovava a circa 1700 chilometri, ad Anchorage, ma la città non era collegata direttamente al luogo flagellato dall’epidemia. A causa delle condizioni metereologiche avverse e all’imperare del gelo non erano possibili né collegamenti aerei, né marittimi, mentre la linea ferroviaria arrivava solo fino a Nenana, distate circa 600 miglia (1000 chilometri) da None. La situazione che si prospettava era agghiacciante.

Per ovviare al problema si decise di ricorrere ai cani da slitta, i quali solitamente venivano impiegati per il trasporto della posta, ma il compito che ora veniva affidato loro era di gran lunga più impegnativo e degno di nota. Per coprire le 600 miglia venne organizzata una staffetta di 20 mute di cani.

È qui che entra in scena il nostro Balto: il futuro eroe a quattro zampe, nato nel 1919, era un Siberian Husky di proprietà dell’allevatore norvegese Leonhard Seppala, residente in Alaska assieme ai suoi cani da slitta famosi nelle competizioni del tempo.

Inizia così “La corsa del siero.” Tra i 20 conducenti di cani da slitta, vi era Seppala che, con quello da lui reputato il cane più veloce, l’impavido Togo, percorse ben 91 miglia: in realtà le miglia sarebbero state 150, se non avessero tagliato per la pianura di Nortor, scorciatoia molto pericolosa a causa del ghiaccio sottile. L’ultimo tratto fu percorso invece da Gunnar Kasson con un altro cane sempre di proprietà dell’allevatore norvegese: il celebre Balto. Kasson e Balto, quest’ultimo considerato da Seppala buono solo per recapitare la posta entro brevi tratti, percorsero le rimanenti 53 miglia, portando l’antitossina a destinazione. Era il 2 febbraio 1925 quando l’eroica impresa si concluse, consentendo così di salvare numerose vite umane ed evitando la catastrofe. La tratta fu coperta in sole 127 ore (5 giorni) tra le intemperie climatiche e una temperatura pari a -40°.

Balto venne subito celebrato con un cortometraggio girato lo stesso anno mentre, nel 1927, venne fatta erigere al Central Park di New York una statua a lui dedicata, opera di Frederick George Roth. La statua in realtà è un omaggio a tutti quei cani coraggiosi che parteciparono alla spedizione, contribuendo a salvare moltissime vite. Seppala però non accettò che tutto il merito fosse andato a quello che lui considerava un cane di serie “B”, poiché il tragitto più duro era stato percorso da lui e Togo. Kasson e Balto fecero un giro negli Stati Uniti dove vennero acclamati da tutti per l’impresa grandiosa; Seppala, che era conscio dei loro meriti, riuscì ad ottenere un riconoscimento ufficiale e, in compagnia del suo campione, intraprese lo stesso viaggio.

Successivamente Balto, assieme a tutta la sua muta, venne acquistato da una famiglia circense. I cani furono maltrattati e costretti ad esibirsi in squallidi spettacoli, relegati alla catena e fatti vivere in condizioni igienico sanitarie pessime: neanche l’aver partecipato a un’impresa così nobile gli valse un trattamento meno umiliante.

George Kimble, commerciante di Cleveland, li notò e pensò bene di acquistarli; per farlo avrebbe dovuto racimolare la bellezza di 2000 dollari in sole 2 settimane. L’uomo decise così di organizzare una raccolta di beneficenza attraverso la radio e nelle scuole: l’impresa ebbe esito positivo, così Balto e gli altri amici a 4 zampe vennero portati nello zoo di Brookside, a Cleveland, dove ricevettero le cure che meritavano.

Il cane divenuto simbolo de “La corsa del siero” si spense nel marzo del 1933, all’età di 14 anni: ormai cieco, sordo e artritico. Togo morì invece a 16. I corpi di entrambi vennero imbalsamati; il primo può essere ammirato al Museo di Storia Naturale a Cleveland, mentre il secondo si trova al Museo di Storia naturale di Wasilla in Alaska.

La storia del leader Balto ha ispirato la creazione dell’omonimo film d’animazione, uscito nel 1995, diretto da Simon Well e prodotto da Steven Spielberg.

Quella del protagonista e dei suoi compagni d’avventura, oltre a essere l’ennesima dimostrazione dell’amore incondizionato che i cani provano verso gli esseri umani, è un’altra delle tante storie meravigliose e pregne di dense emozioni in cui i cani partecipano attivamente al salvataggio di moltissime vite umane.

Photocredit:
Immagine in evidenza: http://www.postvirale.it/animals-foto-balto-cane-salvo/
1 – http://www.postvirale.it/animals-foto-balto-cane-salvo/

2 – Statua di Balto a NYC: https://viewing.nyc/media/e6588e1f5539ad6e295ac66dfda91509/
3 – Balto al museo di Cleveland: https://www.zampefelici.it/storia-balto-togo-cani-slitta/

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