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Vivere “Come la gente normale” di Hartley Lin

Dove inizia il lavoro e quando, soprattutto, finisce? Riesce davvero a essere confinato nell’orario 9–18? Gli affetti (stabili e non) sopravvivono a queste parentesi quotidiane? O sono loro a sentirsi schiacciati tra due parentesi molto vicine? Per fare carriera è necessario diventare la propria carriera?

Sarà perché è coincisa con l’arrivo della fase 2 della quarantena causa Covid–19, ma l’uscita in Italia di Come la gente normale di Hartley Lin, a cura di Edizioni BD, ha toccato corde dolenti e pronte a risuonare con forza. Il titolo originale della graphic novel è Young Frances, dal nome della protagonista che in effetti è davvero giovane, come tengono a ricordarle i colleghi e i superiori dello studio legale dove lavora, come ogni tanto lei e i suoi amici si dicono tra loro, mentre cercano di capire il loro posto nel mondo. O almeno nella loro città.

Come la gente normale di Hartley Lin
Edizioni BD, 2020

Frances si sveglia da una notte insonne, si veste, va a lavoro, si divide tra la scrivania, le sale riunioni, i meeting e le richieste dei suoi superiori, torna a casa, parla con la coinquilina e amica Vickie, continua a lavorare fino a notte inoltrata, continua a non dormire, continua a ripetere le sue giornate così, con dedizione. Ma non è che Frances accetti tutto passivamente: i pensieri le affollano la mente e le impediscono di riposare o di correre – vederla affannarsi per fare esercizio con regolarità, come soluzione per allontanarsi dallo schermo del computer e passare qualche ora all’aperto e stancarsi abbastanza da riuscire a dormire, forse, almeno una notte fa dolorosamente male in queste settimane, per quanto risuona familiare. La quarantena ha appiattito le giornate, ha cancellato gli orizzonti, non ci dà motivi di distrazione dal lavoro (se siamo fortunati ad averlo) che non siano un po’ di esercizio fisico (quando è permesso), che allora pratichiamo come se fosse una boccata d’aria, come se fosse il regalo più prezioso del mondo, con rabbia e con affanno.

Allo stesso tempo, a lavoro è lodata per la sua capacità di essere sempre attenta, sempre puntuale, sempre precisa, il tutto tenendosi lontana dalle logiche di potere e dai giochi sporchi, semplicemente presentandosi ogni giorno con l’intenzione di lavorare sodo. Per questo, o forse nonostante questo, non appena Frances Scarland inizia a essere notata e chiamata da uno dei pezzi grossi dello studio, Marcel Castonguay, che la vuole nella sua squadra per preparare un caso, i suoi colleghi sono divisi: c’è chi è felice che finalmente Frances riesca a farsi strada, chi prova a utilizzarla come pedina ora che è sotto i riflettori, chi comincia a insinuare che Frances abbia fatto qualcosa di scorretto per meritarsi queste attenzioni.

Frances e le sue occhiaie si interrogano su cosa fare e sul mondo mentre la coinquilina Vickie, che sembrava la meno portata delle due ad affrontare la vita degli adulti, con i suoi sogni di fare l’attrice e i casting che fa quasi per gioco e le sbronze una sera sì e quella dopo anche, si trova a fare carriera lontana da Toronto, nella tanto bramata Los Angeles. Viene riconosciuta nei locali, le fanno i complimenti per il suo personaggio femminista (anche se non lo è), è al posto giusto nel momento giusto.

Eppure, proprio come Frances a Toronto, anche lei si alza presto per andare a lavoro, fa tutto senza pause nelle ore che sono previste, mangia sano, a volte fa sport, poi studia tutta notte la parte per il giorno dopo.
Sono lontane, Frances e Vickie, ma forse non sono mai state così vicine, nelle loro vite a specchio, nelle loro solitudini confuse che s’interrogano su un futuro che non sanno leggere e a cui non sanno dare forma.

La storia di Frances, che è una storia di giorni tutti uguali che sembrano non passare ma che si susseguono inesorabilmente, che non si sa dove stiano portando ma che là la conducono in modo ineluttabile senza chiedere il permesso, che sembra la allontanino da Vickie, da Peter ma soprattutto anche da se stessa, colpisce profondamente in questi giorni in cui sembra che non sia possibile scappare da una routine pressante fatta di ore trascorse al chiuso chini su un computer, il rapporto con i colleghi ridotto alla pura funzionalità lavorativa, le relazioni sociali atrofizzate, senza tempo per esplorare, per affacciarsi, per decidere di cambiare qualcosa.

Ancora di più, allora, vorremmo essere come la gente normale, perché la gente normale sa cosa vuole, sa come comportarsi, sa come dire che è innamorata, sa come fare carriera, sa come fare conversazione alle feste e non se la prende se qualcuno di sconosciuto butta un bicchiere di whisky nella lavatrice.

O forse c’è modo e c’è spazio per riappropriarci di quello che è nostro, di quello che siamo, di quello che immaginiamo per noi? Come la gente normale parla proprio di questo: Hartley Lin ci prende per mano e ci accompagna a vedere la nostra ansia, le nostre speranze, il falco sopra l’albero.

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