Pax di Sara Pennypacker – Illustrazione Jon Klassen

Pax – Storia di un’amicizia (im)possibile e delle piccole perdite

Come racconti a dei ragazzini della Guerra, quella con la G maiuscola che arriva e si porta via tutto? Quella che prende con sé mariti, padri, fratelli, e poi striscia tra le case, lasciando le città vuote e i bambini soli?

La prendi di lato, ambienti la storia in un paese senza nome dove c’è una guerra non meglio definita, e racconti non di chi è partito, ma di chi rimane. Delle piccole perdite.

È questo che fa Pax di Sara Pennypacker (Rizzoli, 2017).

Il libro comincia in macchina. Sono in tre, l’atmosfera è tesa. Alla guida, c’è uomo – sta per partire per la Guerra, poi c’è Peter, suo figlio, un ragazzino di dodici anni che andrà a vivere dal nonno, e Pax, un volpacchiotto rosso che, da quando Peter ha salvato dalla morte, gli sta sempre accanto. Sono inseparabili. Ma in momenti difficili bisogna prendere decisioni difficili, e il padre di Peter lo sa bene. Infatti, ferma la macchina sul ciglio della strada, al limitare di un bosco, e costringe il figlio ad abbandonare la volpe.

Da questa decisione difficile, comincia la storia. Anzi, due storie.

C’è la storia di Peter che, se è vero che ha fatto l’errore più grande della sua vita, deciderà di andare contro la volontà del padre e, una notte, zaino in spalla e poche cose con sé – giusto una foto della mamma, il guantone e la palla da baseball e un po’ di cibo – scapperà dalla casa del nonno per ritrovare Pax. Inizia così il suo viaggio di cinquecento chilometri, e tra un incidente che metterà a dura prova il salvataggio e l’incontro con Vola, una donna che vive da sola e a cui la Guerra ha portato via una gamba, scoprirà il vero valore dell’amicizia e della lealtà.

Lo so. E sarebbe colpa mia. Se è morta, dovrò riportarla a casa e seppellirla. In un modo o nell’altro, io vado a riprenderla e la riporto a casa.»
Vola studiò Peter come se lo vedesse per la prima volta. «Quindi, qual è la verità? Stai tornando dalla tua volpe o a casa?»
«Sono la stessa cosa» disse Peter, la risposta improvvisa e sicura, benché sorprendente anche per lui.

E in parallelo c’è la storia di Pax, che si ritroverà improvvisamente da solo, in un bosco grande e ostile, che non conosce, e si chiederà perché il suo umano l’abbia abbandonato. E se da una parte vorrebbe aspettare Peter e tornare al mondo rassicurante di sempre,  il ritrovamento di altri suoi simili gli farà assaporare la libertà e la prospettiva di una nuova casa…

Pax guardò i cespugli e poi di nuovo il viso del suo ragazzo. Peter s’infilò una mano in tasca e ne estrasse il soldatino. Lo sollevò. Pax alzò la testa, gli occhi allenati fissi sulla mano di Peter. E Peter scagliò il soldatino di plastica oltre i cespugli, dentro il bosco, più lontano che poté.

Accanto a due queste storie, c’è lei, la Guerra. Con la sua falsità, la sua violenza. La ferocia. Sempre in sottofondo, surreale, ma onnipresente. Qualcosa che stona con la bellezza degli alberi e l’armonia dell’erba la mattina, che porta soltanto distruzione tra gli uomini e tra la natura, una Guerra con cui entrambi i protagonisti si troveranno a fare i conti. E in tutto questo, il lettore rimarrà incollato alle pagine, continuando a chiedersi se ce la faranno a ritrovarsi. Come si arriverà alla fine. Una fine che lascia un po’ l’amaro in bocca, perché Peter capirà cosa significa diventare grandi.

Lui aveva perso un genitore. Quanti altri ragazzi quella settimana, si chiese, si erano svegliati solo per scoprire che il loro mondo era mutato nello stesso modo, i genitori partiti per la guerra, e che forse non sarebbero mai tornati? Era l’ipotesi peggiore, ovviamente. Ma le perdite più piccole? Quanti bambini sentivano da mesi la mancanza di fratelli o sorelle maggiori? Quanti amici si erano dovuti separare? Quanti bambini erano affamati? Quanti si erano dovuti trasferire? Quanti animali avevano dovuto abbandonare? E perché nessuno teneva in considerazione queste cose? «La gente dovrebbe dire la verità riguardo al prezzo che si paga per la guerra» aveva detto Vola. Queste cose non facevano forse parte di quel prezzo?

Sì, e sono proprio queste piccole perdite che tutti sembrano voler dimenticare il centro di tutto. E con i suoi toni caldi e selvatici, le giuste parole che sanno di bosco e promesse, con le illustrazioni sempre meravigliose e delicate di Jon Klassen che le accompagnano, penso che questo sia uno di quei libri perfetti da far trovare sotto l’albero di Natale. Perché con estrema semplicità, racconta di verità, di amicizia, ed è un grido nei confronti della bellezza del mondo.

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