L’evoluzione di una sirena – Materia di Jacopo La Forgia

Con intervista all’autore

 

C’è una strana teoria sull’evoluzione umana che mi ha sempre affascinata. Quella della scimmia acquatica. L’ho letta per la prima volta su La scimmia nuda di Desmond Morris, poi mi sono incuriosita e ho scoperto che l’idea era stata tirata fuori già negli anni 40, da un patologo tedesco di nome Max Westenhöfer, poi nel 1960 dallo zoologo Alister Hardy.

La teoria è semplice quanto affascinante: i nostri antenati, stufi della calura e della siccità, per un po’ potrebbero aver vissuto in acqua. Scimmie di fiume, o scimmie di mare. Scimmie che nuotano, perdono i peli, ingrassano, sviluppano sensibilità nei polpastrelli, che usano per frugare tra la sabbia sommersa e gli scogli. Scimmie che si evolvono, cominciano ad asciugarsi i capelli con il phon, mettono le scarpe, pescano con le reti, abitano nei grattacieli. E dopo millenni continuano a passare il tempo libero in spiaggia e, quando non possono, in piscina.

Mi è tornata in mente questa teoria, tanto assurda eppure convincente, leggendo Materia – La fuga degli elementi di Jacopo La Forgia (effequ, 2019). La storia è ambientata in un mondo para-futuro dove i mari salgono come un conto alla rovescia. L’apocalisse climatica mette tutti alle strette, tranne – apparentemente – Elena, protagonista indiscussa del romanzo, che si muove in queste cattive acque con la destrezza e la rapidità di una sirena.

Cover di Materia (effequ, 2019). Illustrazione di Chiara de Marco.

Elena è il primate acquatico, l’animale estinto di cui evoluzionisti e antropologi cercano le tracce. Ama il contatto con la materia da cui è nata, ma come tutti gli individui della sua specie è curiosa e distruttiva. Comunica con gli altri animali con naturalezza, perché lei stessa è un animale. La società tenta di normare i suoi atti, la spinge a muoversi dentro grotte, contro i suoi stessi simili. La guerra che accade in questo mondo porta Elena a distaccarsi da quella placenta materna che è per lei il Pianeta, ma non a cancellarne la nostalgia.

Non ci sono molti altri personaggi in Materia, e i pochi restanti fanno da bilancia. I due amici di Elena, Andrea e Gabriele, sono due poli di una triade quasi archetipica. Andrea è privo di qualsiasi contatto con la realtà, e ne crea una propria e alternativa – è il matto, il cantore. Gabriele è consapevole del distacco dalla natura e cerca di forzarne la riconnessione con metodi del tutto umani – è il sacerdote, e lo scienziato. Entrambi, però, sono indispensabili all’evoluzione di Elena, affinché lei trovi l’accesso per ricongiungersi alla materia.

 

Materia è un romanzo che parla di molte cose: di un’apocalisse realistica, a cui potremmo andare incontro a breve. Di paradossi economici a cui siamo così abituati, che vedendoli bianco su nero li definiamo con sorpresa distopici. Di quanto sono preziosi gli animali per la nostra vita. Di noi animali.

Materia è già stato recensito e definito in molti modi, tra i quali: romanzo onirico, odissea femminile, distopia. Nella lettura ho trovato queste chiavi, ma sento di aggiungerne un’altra: è un libro che parla di evoluzione, e di involuzione. Di un mondo in cui stanno sparendo le sovrastrutture e importa solo ciò che importa. Sopravvivere a una guerra, sopravvivere all’estinzione, sopravvivere alla morte del pianeta.

Ma davvero dobbiamo preoccuparci della morte del pianeta? Se le acque si alzano e mangiano tutto ciò che abbiamo messo insieme, noi piccole operose formiche, il pianeta non sta di certo morendo. Noi stiamo morendo. Muoriamo perché abbiamo disimparato a nuotare.

 

Jacopo La Forgia è uno scrittore particolare, perché la sua narrazione viene da un’esperienza come reporter. Ha viaggiato molto, e nel romanzo compaiono diversi luoghi, che ci racconta in capitoli brevi. L’impressione è quella che l’autore li abbia visitati, che abbia viaggiato a lungo in questo mondo ancora inesistente, e che abbia riportato montagne di storie e foto. Ciò che leggiamo è una selezione, forse gli scatti migliori.

Mi sono venute in mente molte domande, mentre leggevo, così ho preferito metterle nero su bianco.

Consiglio di leggere l’intervista dopo aver letto Materia – se state aspettando la riga in cui vi riassumo la storia, sappiate che non c’è. Da qui iniziano le domande, gli spunti d’interpretazione di un mondo ancora immaginato.

Come è nata l’idea di questo romanzo?

È nata mentre ero sulla “Mountain of Garbage”, l’enorme discarica di Nuova Delhi. Ero lì per lavorare a un reportage fotografico sui ragpickers, i raccoglitori di pattume che vivono sulla discarica per cercare materiale da rivendere. Mentre la gola mi bruciava per il fumo terribile delle pile di pneumatici in fiamme e i bambini mi scorrazzavano intorno con sacchi pieni di stracci in mano, ho capito che era necessario trovare un modo di raccontare la fine del mondo senza ambientarla in un futuro catastrofico ma rappresentandone l’attualità e la semplicità. Niente guerre nucleari o virus letali. Ho scelto la forma-romanzo perché il fruitore è costretto ad approcciarvisi facendo uno sforzo interpretativo, e questo fa sì che le tematiche che vengono affrontate nella storia si sedimentino più a fondo.

 

La storia che racconti è veicolata dai personaggi, come se si creasse in modo dipendente da loro. Elena, la protagonista degli eventi, quando non è soggetto è comunque presente come oggetto. Andrea costruisce un universo immaginario sulla sua figura idealizzata, Gabriele ne segue la visione finale come una sorta di adepto. Sono nati prima i personaggi della storia? Elena è nata prima degli altri personaggi? Elena è un personaggio, o è la storia stessa?

Mettiamola così: in Materia si incontrano prima i personaggi e poi si comprende la storia. Anzi, diciamo che la storia si capisce davvero solo quando si arriva alla fine dell’ultimo capitolo. Solo lì si afferra la vera natura del prologo, per esempio. Quindi i personaggi non sono la storia, ma certamente la fanno, e in qualche modo la contengono.

Il romanzo è secondo me divisibile in quadri – qualcuno li ha definiti racconti. Il primo quadro che mi è apparso in mente è quello delle elezioni politiche, durante le quali uno dei protagonisti, Gabriele, lavora come scrutatore. Al seggio incontra Elena, una sua vecchia amica, e insieme ricordano del loro passato, strettamente legato all’acqua. A quel punto, ascoltandoli discutere, mi sono incuriosito, e ho voluto sapere di più. Ho voluto conoscere più a fondo il passato di Elena, perché la trovavo un personaggio enigmatico e sfuggente (me ne sono persino un po’ innamorato). Quindi sì, Elena è la prima a essere nata nel senso che è il primo personaggio che ho seguito ma no, Elena non è la storia stessa. Elena fa la storia. Ed è stata l’unica a poter decidere della sua sorte, se e quando porle fine.

 

Leggendo ho avuto l’impressione di stare davanti a dei fotogrammi selezionati da un contesto più grande. Ciò che leggiamo in Materia è la punta dell’iceberg di un mondo e di una storia più grossi? Se sì, ci fai dare una sbirciata a cosa c’è sotto?

Darò dei consigli d’interpretazione:

  1. La vera Elena non ha mai fatto uso di eroina.
  2. Non tutto quello che dice il narratore è vero.
  3. I personaggi della storia non sono quattro (Elena, Andrea, Gabriele e Ben), ma cinque. Il quinto personaggio è la morte.
  4. Il romanzo non è ambientato nel futuro ma in un passato parallelo al nostro, tra gli anni ’80 e gli anni ’90.
  5. Di “manipolatori” nel mondo ce ne sono molti altri. Come ci sono altri Ben che hanno le stesse doti e gli stessi compiti.

Per scrivere di questa storia e dei luoghi che tocca hai fatto più riferimento alla tua esperienza personale, o ti sei documentato? Se sì, quanto studio ti è servito?

Nella mia vita non c’è stata esperienza personale che non sia anche stata studio. Per fare un esempio, quando nel 2016 sono andato a fotografare la guerra in Kashmir, prima ne ho studiato a fondo la storia. Tutti i luoghi del romanzo sono luoghi in cui io ho vissuto, ma nel libro sono spesso rappresentati in forma metaforica, e la parte che mi ha richiesto maggiore studio è stata probabilmente quella che riguarda la scultura.

 

Dove sono tutte le altre donne? Appaiono pochissime figure femminili, in tutta la storia. Forse sono sullo sfondo e non riescono ad emergere, in scene veloci come pennellate che comunque si concentrano su Elena. Elena stessa, unica a circondarsi di animali vivi, sembra lei stessa un animale in via di estinzione.

Sei la prima ad averlo notato, e mi fa molto piacere: il mondo non finisce solo con l’estinzione degli animali, ma anche con l’estinzione del femminile. Per fortuna mi sembra che le cose, da questo punto di vista, ultimamente stiano cambiando in meglio, si afferma sempre di più una forma di lotta che credo sarà decisiva nel trasformare gli equilibri sociali.

 

Gli animali, quasi del tutto estinti, sono le uniche divinità di questo mondo ai suoi ultimi giorni. Appaiono e scompaiono come spiriti guida solo quando servono. Gli umani, annichiliti dalla loro assenza, cercano di crearne delle copie immortali attraverso l’arte. Eppure sembrano non aver imparato la lezione: statue votive di antichi cagnolini convivono con elefanti da circo e cavalli da battaglia. La fine dell’uomo corrisponde allo scollamento tra sensibilità e arte?

Da una parte ci sono le sculture che, tra le altre cose, simboleggiano l’incapacità dell’uomo di andare oltre la percezione per tentare di avere con la realtà una relazione che non sia solo sensibile.

Dall’altra c’è l’uso scriteriato che si fa degli animali, impiegandoli se necessario in battaglie logoranti e infinite, senza curarsi del fatto che così si accelera ulteriormente il processo che porta alla loro scomparsa.

In Materia, la fine dell’uomo corrisponde allo scollamento tra pensiero e azione, sensibilità e intelletto. L’uomo è capace di vivere solo in modo paradossale.

 

Il finale del tuo romanzo ricorda molto da vicino quello di Neon Genesis Evangelion. Con la differenza che Shinji Ikari sceglie di non tornare alla materia, capendo che, nonostante tutto, è possibile esistere come singolo individuo. Lasciarsi andare all’abbraccio primordiale della materia è una rinuncia o l’ultimo stadio del perfezionamento dell’uomo?

A un certo punto del libro, un personaggio si tramuta in elemento. Sta al lettore decidere se questa trasformazione dia inizio al mondo, o lo faccia finire.

 

È davvero così che immagini la fine del mondo?

Spero solo di potervi assistere.

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