Andrea Camilleri

Camilleri, la morte è un pensiero tinto

Per andartene hai scelto un giorno d’estate.

Ricorderò la voce profonda, raschiata dal tabacco, impastata di ricordi, che negli ultimi tempi avevi preso a trascinare un poco. Ti osservavo con pudore dietro le lenti arancioni e spesse, con lo sguardo perso e mai spaesato; ascoltavo assorto le tue interviste, in uno spazio privato che solo noi conoscevamo. È questo, forse, il rapporto che un lettore intrattiene col suo autore preferito, in quella sospensione attonita che segue l’ultima pagina del romanzo.

Conversazione Tiresia Camilleri

Andrea Camilleri, da “Conversazione su Tiresia” (Teatro Greco di Siracusa, 11 Giugno 2018)

E da lettore mi hai insegnato tutto: l’attesa di un altro titolo, l’odore della carta fresca di stampa, la meraviglia della scoperta, e adesso la desolazione dell’abbandono, all’idea che l’ultima pagina del romanzo fosse l’ultima per davvero. Percepisco infine il silenzio, io che leggo le tue storie ad alta voce anche nel cuore della notte.

Hai sempre pesato le parole, del resto, ti concedevi una pausa per scegliere ogni volta quella più appropriata: «le parole sono proiettili» e così come «hanno il potere di cambiare il mondo» con la stessa facilità «possono distruggerlo». Peccato che ad ascoltarti fossero sempre meno di quanti ti leggevano, perché Camilleri è un buon argomento di conversazione nei salotti borghesi, ma non se fa politica: «Scrivi che ti passa» ti hanno detto, come se la scrittura non fosse un gesto politico di per sé.

Andrea Camilleri

“Non ci vedo più, ma le memorie hanno colori vivissimi. E così i sogni.” (Fonte: Elle)

Ti hanno sottovalutato, credo, come accade sovente agli autori di genere. Ti hanno contestato, per un’idea di giustizia disorganica e cocciuta. Ti hanno insultato, per non esserti allineato al vocabolario e alle smorfie del capopopolo di turno. E adesso che per tutti sei di nuovo una stella polare, capisco che cosa abbiamo perso: non un maestro, ché si fa presto a incollare etichette, ma un pensatore ostinato, immune all’ipocrisia dei necrologi, che mi ha incoraggiato garbatamente a non restare neutrale.

Tweet Polizia di Stato Camilleri

Il tweet della Polizia di Stato alla memoria di Camilleri

Dovremo fare i conti con la tua assenza, imploreremo Sellerio di dare alle stampe ogni frase, ogni annotazione arguta, per non veder evaporare Vigata come un sogno a colori. Ci stavamo bene sulla verandina di Marinella, abitanti del puramente casuale, consapevoli che ogni bassezza sarebbe stata sventata dal tempismo perfetto di Salvo Montalbano.

E poi mi mancherà il tuo anacronismo, la volontà di contrapporre alla cultura dell’odio quella della ragione e della gentilezza, anche quando sembra di essere fuori tempo massimo: «A 90 anni non mi sento vecchio, ma internamente più libero. Tante cose terrene alle quali tenevo sono sciocchezze: importa una certa impalpabilità delle cose, importano gli affetti, acquistano un valore enorme i sentimenti».

Lo confesso, ho sempre voluto scriverti, ma non mi sono mai deciso. C’è ancora tempo, pensavo, ma hai fatto prima tu ad andar via. Lo so che resterai, ci sono i tuoi libri, le fiction televisive, e gli effetti del tuo instancabile impegno civile: ma oggi concedimi un po’ di pensieri tinti, che alla tua mancanza, io, non mi ci voglio abituare.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

 

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