La marea – L’importanza dei ricordi

Dimenticare e dimenticarsi.

Di se stessi. Delle persone attorno. Dei luoghi. Di come si fanno le cose più semplici. Disimparare a vivere.

Cosa significa dimenticare tutto quanto? E c’è qualcosa di più spaventoso di questo?

Se lo sono chieste anche Clare Helen Welsh e Ashling Lindsay, rispettivamente scrittrice e illustratrice. E nel cercare una risposta a queste domande scomode, hanno creato un poeticissimo albo illustrato, La marea, che è approdato nelle librerie italiane quest’anno – e aggiungerei, finalmente! – grazie al lavoro di una piccola, ma già molto promettente, casa editrice nascente, Pulce Edizioni.

Certe volte il nonno si scorda le cose.

Come ha fatto il giorno che siamo stati in spiaggia a guardare la marea che saliva.

Penso che perdere i propri ricordi sia una delle paure più comuni: quando arriverà il momento di invecchiare, speriamo di farlo bene, senza perdere il contatto con la parte più profonda di noi stessi, mantenendo ancora una certa lucidità e integrità.

Parlare di una malattia come l’Alzheimer (o più in generale della demenza) è complesso e delicato per gli adulti, figurarsi per i bambini. Perché i bambini, mentre le ossa si allungano, guadagnando centimetri su centimetri, e mettono insieme fatti ed esperienze giorno dopo giorno, hanno però ancora troppa poca vita alle spalle per capire cosa significhi davvero dimenticare. E come potrebbero? Il futuro è scontato, ed è giusto che sia così: hanno ancora tutto da imparare e da conquistare.

Perciò, come si fa ad affrontare un argomento simile con loro? A spiegare l’importanza dei ricordi?

Risposta: con una storia adatta a loro, che parli il loro linguaggio.

Certe volte il nonno si scorda le cose.

Come ha fatto il giorno che siamo stati in spiaggia a guardare la marea che saliva.

©Ashling Lindsay

Questa storia comincia così, con un nonno che a volte dimentica le cose e fa confusione. La protagonista di questo albo, una bambina dai lunghi capelli rossi, è al mare, con la madre e l’amato nonno: giocano insieme e si divertono a costruire castelli e fortini, e tutto sembra andare bene, finché il nonno non ne combina una delle sue… verrebbe da arrabbiarsi, perché sì, ci vuole una gran pazienza, ma è a quel punto che la bimba si ricorda di aver avuto bisogno d’aiuto anche lei, come quella volta in cui si era scordata di come si allacciavano le scarpe.

Il gioco va avanti, ci sono momenti buoni e momenti no, e all’improvviso, lei ha un flash: ma se il nonno si dimenticasse di lei?

Allora cerco di pensare che deve essere davvero spaventoso dimenticare.

Questa domanda le fa capire quanto spaventosa sia la realtà. Inimmaginabile.

E ce ne rendiamo conto anche noi con lei. Leggendo queste pagine, iniziamo a pensare a cosa rende una persona quella persona, il nonno quel nonno? Cosa ci rende così, unici e inimitabili? Cosa ci identifica? Mi verrebbe da dire un insieme di cose e di ricordi accumulati tutta una vita: siamo le esperienze che abbiamo vissuto, le persone che abbiamo incontrato, i viaggi che abbiamo fatto, gli errori, le scelte sbagliate, i fallimenti, le cose che abbiamo imparato da bambini, come allacciarsi le scarpe, ciò a cui scegliamo di credere, gli ideali, i valori e le storie che potremo raccontare ai nostri nipoti.

La mamma dice che i ricordi del nonno sono come la marea. Certe volte tanto veri e vicini da poterli quasi toccare.

Altre volte lontani e irraggiungibili.

Come la marea che si ritrae, così fanno i ricordi del nonno. E dimenticando, il nonno smette di essere se stesso: non resta altro che un’ombra sbiadita, solo con più rughe, di ciò che era un tempo. Spariscono i nomi, spariscono le cose, sparisce l’affetto. Sparisce tutto.

Ma in altri momenti, la marea sale e, fosse anche per poco, le cose sono come prima. E forse, mi dico, anche se ci si dimentica di chi si è stati, si può continuare a provare una sorta di felicità, si può continuare a voler bene. E la bambina continua a voler bene al nonno, nonostante tutto, e, dentro di sé, sa che lui continua a volerne bene a lei.  Così, tornano a guardare la marea…

Ecco, la marea è salita!

Entriamo piano con le punte dei piedi. Poi balliamo in mezzo al mare mosso. Perché la marea è salita!

Ci facciamo inondare dagli spruzzi. Salutiamo i gabbiani che sorridono. Perché la marea è salita!

©Ashling Lindsay

I libri sono degli strumenti: per raccontare una storia, per mettere in ordine un pezzetto di mondo e cercare di comprenderlo, per affrontare un dolore e provare ad andare avanti, per far accendere i pensieri. Per aprire porte.

Quest’albo illustrato, in punta di penna, con delicatezza e sensibilità, con delle illustrazioni allegre e dai colori pastello, che sanno d’estate e di gelati sciolti sulle mani, restituisce un poco di serenità e spensieratezza, consola e abbraccia il lettore di fronte a quella paura enorme che è dimenticare. Infine, ho apprezzato moltissimo il fatto che l’illustratrice abbia scelto di rappresentare una fauna umana diversa e variopinta, per forme e colori di pelle: ecco, quindi, corpi più magri e corpi più robusti, dalle pelli bianche, rosa e nere, in tutta la loro meravigliosa e diversa bellezza.

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