Charlie Nan Racconto

Offerte telefoniche

di Charlie D. Nan

 

1.

 

– Pronto, signor Carlo?

– Sì.

– Sono Colene, conosce trading on line?

– No, non mi interessa.

– Posso chiedere come mai Signor Carlo?

– Eh.

– È l’opportunità unica per guadagnare.

– Gliel’ho detto…

Il display incassato nel compensato della scrivania azzurra tiene il tempo, un conto alla rovescia di due minuti al led verdi entro i quali Colene, nome assegnatole dal caposquadra del call center, deve terminare la chiamata con un successo o un insuccesso, poco cambia.

– Ma signor Carlo.

TU-TU-TU-TU- TU-TU-TU-TU

BBRRRRP!

Se la chiamata dura di meno il timer ritorna a due minuti esatti. La chiamata scatta in automatico in cuffia, sul monitor del computer le appare un numero e un nome. Non il cognome.

Araliya, questo è il nome assegnatole dal padre il giorno della nascita, nome di famiglia assegnato anche alla cugina, figlia della sorella del padre che non ha raccomandato al capo per farla assumere – Scusami cugina. Qua non c’è posto.

Ha smesso di fumare le sigarette; se toglie le cuffie con il microfono si blocca un altro timer, quello generale delle otto ore lavorative, e scala il tempo perso dalla pausa pranzo di mezz’ora, terminata quella si aggiungono come straordinari non pagati. Alla vicina di scrivania di Araliya glieli scalano dallo stipendio. Ad Araliya, che nel call center è impiegata da più di un anno, sono concessi alcuni benefit come masticare il chewingum Vigorsol. Tra un altro anno ancora beneficerà del poggiabraccia (per adesso deve stare sempre retta con il busto): dei libri comprati un tanto al mucchio e messi in pila dove le ragazze si appoggiano con il gomito.

Tutte cose che Araliya sa bene. Quello che non sa Araliya è che le arriverà per appoggiarsi Stoner, libro allo stesso tempo appoggiato sul comodino da notte dell’avvocato dell’azienda per cui lei lavora. Non sa neanche come si chiama quella parte di provincia dentellata di capannoni dismessi e un sole altrettanto dismesso.

 

2.

 

Queste cose le so io, sono nei racconti ad alta voce di Araliya quando stende il bucato notturno con la sorella sul balcone comune del condominio ai margini della città con le parabole televisive e le antenne rivolte verso il cielo, dove comincia la provincia senza nome, nome dismesso sulle bocche ardenti di impiegati mangia puntine. L’argomento successivo al lavoro è la cucina del kotthu rotti della loro mamma.

Una volta facevo il giornalista, poi il broker finanziario, poi l’antennista e questa volta il correttore di bozze su testi destinati alle Industrie Chimiche AKTHENA. Araliya si sveglia all’alba per ritirare il bucato e io mi fumo una sigaretta in attesa della mail che mi invia i testi. C’è un accordo di segretezza su quello ho da fare, per aprire il documento inserisco le credenziali personali che mi hanno dato alla firma del contratto.

 

Utente: pennanera

Pasword: *****************7

 

Araliya stacca le mollette dai panni e le mette nel cestino, rallenta se io mi accendo la seconda. Spengo la prima sul piatto convesso di una parabola.

– Signor Corvo?

– Mi dica.

– Lascio le mollette, così può stendere i vestiti anche lei.

– Grazie. Rimango sempre a corto.

– Se non le toglie entro stasera, me ne lasci qualcuna libera.

– Alle 17.30 stacco da lavoro.

 

– Io arrivo sempre più tardi, i panni li appendo la notte.

 

3.

 

Oggi ad Araliya hanno aggiunto al consueto orario di lavoro i minuti in eccesso di un paio di chiamate andate troppo per lunghe nell’ultimo mese. Sono già impostati sul timer generale a 8h e 43, finché tiene le cuffie sulle orecchie continua il conto alla rovescia al led rosso. Alle colleghe di lungo corso, quelle che telefonano appoggiate alla pila di libri, questo non succede. I minuti in più vengono recuperati da quelle della domenica, già che sono lì.

– Pronto, signora Angelica?

Sì.

– Conosce trading on line?

TU-TU-TU-TU- TU-TU-TU-TU

BBRRRRP!

Quello che non sa Araliya è che la schizofrenia del tempo è un fatto puramente umano. Serve per ricordarsi che l’andamento della vita è un fattore che si misura sulle interruzioni e non sul protrarsi delle giornate. Giornate che terminano. Quest’oggi delle 1749 colleghe del piano femminile ne saranno rimaste un centinaio. Lo intuisce dal brusio di sottofondo delle voci. Lo vede dall’incaricata delle pulizie che passa lo straccio – c’è dello sporco laggiù in fondo.

Araliya prende dalla tasca una molletta di plastica, tira i rebbi finché la molla non le cade sulle gambe. Ne allunga le estremità di ferro morbido e ne infila una con forza nell’ingresso della cuffia della vicina di postazione. La spacca dentro.

 

4.

 

Sono arrivato in questa provincia nascosto in un container di Nike rubato dal porto di Genova. Le maledizioni autoctone si sono dimostrate amichevoli sin da subito, per un bel pezzo ce la siamo spassata, poi anche loro hanno deciso di trovarsi un lavoro.

– Araliya ieri sei arrivata più tardi del solito.

– Sì, signor Corvo. A lei non sfugge nulla.

– Non ti ho sentita chiacchierare con tua sorella.

– Mi ascolta mentre parlo?

– Può succedere. Anche se poche, ti ho lasciate tutte le mollette rimaste.

– Domani se riesco, ne compro altre, almeno ne abbiamo per entrambi.

Apro il Mac, inserisco le credenziali e comincio il mio lavoro. Non consiste nel mettere in dubbio le formule che sono presenti nella documentazione, piuttosto nel considerare l’apparato grammaticale nelle quali sono inserite. Del resto, anche la scrittura funziona secondo La prima legge di Faraday : la quantità di materia trasformata durante l’elettrolisi è proporzionale alla quantità di corrente che attraversa la soluzione.

Io sono una maledizione sacra alle antiche tribù dei liguri dalle sembianze antropomorfe, grandi occhi blu e desideri umani.

 

5.

 

Promozione anticipata. Araliya la festeggia alla pausa pranzo con una birra Beck’s da Amnesia, un bar con un’insegna arancione e blu e un cartello che annuncia l’ora di inizio del karaoke la sera e le partite trasmesse dalla Rai, arriva sei minuti e trentotto dopo, si apre un chewingum arrivata in postazione. Presto avrà diritto anche al secondo pacchetto di Vigorsol per giornata, destinato alla vicina di postazione che il capo ha cacciato via per danneggiamento all’azienda.

 

6.

 

Notte, terrazzo, bucato e parabole. Sul fondo una luce intermittente rossa di una pubblicità di uno spray nasale. Lo sguardo sulla città è precluso, coperto dal muro del sottotetto antistante. Solo provincia buia. Araliya è arrivata tardi, ha recuperato gli straordinari per poter passare di posizione. La sento andare sul terrazzo comune, la sorella ha già steso. Esco e lei fuma una sigaretta. Gliene offro un’altra.

– Oggi ti è andato bene il lavoro.

– Sì, signor Corvo.

– Hai buttato il cloruro e il cromo nell’acqua per le pulizie?

– Fatto.

– Stai facendo carriera.

– Grazie ai tuoi buoni consigli.

– Sono una maledizione antica, aiuta.

– Ne abbiamo tante da dove vengo io, signor Corvo. Non come da queste parti.

– Volgi lo sguardo Araliya e ci troverai lì, immersi nelle faccende quotidiane.

– Questo non è un bene signor Corvo. La tradizione, la stiamo perdendo.

– Che tradizione Araliya! Tu lo dovresti sapere: il tempo si conta alla rovescia e si valuta in base alle sue interruzioni.

– Si calmi, signor Corvo.

– Piuttosto, l’altro compito?

– Certo, sono almeno 500 le postazioni in cui ho inserito i ferri.

Chiamo al numero della postazione accanto ad Araliya, me lo ha lasciato lei.

La Seconda legge di Faraday dice che la massa di sostanza depositata o liberata agli elettrodi, in seguito al passaggio di una determinata carica elettrica, è proporzionale all’equivalente chimico della sostanza.

Così, la mia voce squilla negli apparecchi telefonici della provincia notturna. A chi risponde racconto le chimiche che rivestono i fili delle meccaniche universali. A volte le irrobustiscono, altre volte le logorano. Un filo si spezza e una maledizione nasce.

TU-TU-TU-TU- TU-TU-TU-TU

BBRRRRP!

Quello che non sa Araliya è che questa storia, la sua storia, la stai ascoltando tu, da una chiamata improvvisa nel cuore della notte.

 

 

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