Intervista a Giulia Ciarapica: studio, passione e “cazzimma”. Tutto ciò che serve per diventare book influencer

Giulia Ciarapica è una book influencer, scrittrice per Rizzoli, giornalista per Il Foglio e Il Messaggero e da poco anche Assessore alla Cultura per il Comune di Sant’Elpidio a Mare. In pratica, manca solo il Premio Strega! Un curriculum bello lungo per una che, come dichiara nella sua bio Instagram, è “Classe (tanta) 1989”.

Ultimamente si è parlato parecchio di Book influencer, in seguito a una polemica di Massimiliano Parente che le ha definite “social, sessite e carine”. Per chi ancora non lo sapesse, le book influencer sono quelle figure che sul web, ed in particolare sui social, propongono letture, foto e commenti su libri e temi letterari, influenzando poi il pubblico sull’acquisto. Figure che dividono tra chi sostiene che siano solo degli impostori più falsi di Manzoni quando sostiene di aver trovato il manoscritto dei Promessi Sposi, e chi le ritiene invece l’unica speranza possibile perché la letteratura si congiunga con il web, e di conseguenza con il presente e il futuro.

Per la prima volta nella storia di Tropismi, un’intervista a una book influencer, per scoprire tutto ciò che c’è da sapere su questa professione. Cosa fa una book influencer e come, qual è il percorso da seguire per diventare scrittrici e giornaliste. Qual è la visione della letteratura da parte degli addetti ai lavori. Spolier: non basta leggere un libro e fargli una foto!

Giulia Ciarapica
Giulia Ciarapica

Collaboratrice de Il Foglio e Il Messaggero, book influencer, politica e scrittrice per Rizzoli… Chi è Giulia Ciarapica? E chi era da piccola?

A parte la nuova carica di Assessore alla Cultura per il Comune di Sant’Elpidio a Mare, direi che Giulia Ciarapica, anche da piccola, è stata tutte queste cose insieme! Mi è sempre piaciuto lavorare con le parole, non solo scritte ma anche “parlate”. Il mio primo grande amore era il teatro. Da adolescente, ho seguito un corso al liceo, ma già a partire dalla terza elementare la predisposizione alla performance era venuta fuori. Anche oggi quando mi capita di andare giro a presentare il mio romanzo, in tanti mi chiedono se mi sia mai passato per la testa di fare teatro (o anche cabaret, eh). Poi, l’amore per la Letteratura ha preso il sopravvento e ho deciso di dedicarmi esclusivamente alla parola scritta, ma non escludo di riprendere questo vecchio discorso…
Mi sento in primis un’autrice (il termine “scrittore” lo lascerei a chi ha fatto molta più strada di me), perché questo tipo di scrittura, tenere il mio libro in mano, mi dà un’emozione che non mi dà nient’altro. Poi blogger – o book influencer che dir si voglia – perché è dal mio lit-blog, che è partito tutto. E poi ci sono i giornali, gli articoli, i corsi di scrittura, i corsi di analisi testuale che tengo nelle scuole, l’assessorato etc. Ad oggi sono molto soddisfatta, perché ho appena cominciato a giocare e ho ancora tutto da imparare e da sperimentare.

Giulia Ciarapica su Instagram

Qual è la Ciarapica daily routine?

Sono una persona estremamente metodica, abitudinaria. Non sono una di quelle autrici che scrive forsennatamente di notte. Di notte, io, dormo, se possibile anche otto ore di fila. Preferisco alzarmi alle sei piuttosto che andare a dormire alle quattro. Mi sveglio intorno alle 7.15, faccio colazione, mi preparo e mi metto davanti al pc. Leggo, scrivo – articoli, libri, post per blog e social – prendo appunti, studio. Preparo il pranzo, mangio e mi rimetto a leggere, scrivere ecc. Non credo che la scrittura sia solo ispirazione. La scrittura è lavoro, sacrificio, abitudine, allenamento, continuità.
Di sera, invece, quando non devo uscire (e spero sempre di non dover uscire perché sono pigra di una pigrizia che anche Oblomov m’avrebbe detto “ahò, eddaje però”), mi sparo qualche serie tv. Amo la televisione (programmi trash compresi, perché tanto li guardiamo tutti ma quelli snob non lo dicono). Il massimo della trasgressione è bere un infuso prima di andare a dormire così poi mi sveglio un paio di volte nel cuore della notte per fare pipì. Una vita allo sbando, eh?

Una volta è abbastanza (Rizzoli, 2019)

Il tuo romanzo d’esordio, Una volta è abbastanza, edito Rizzoli è uscito nel 2019. È una saga familiare ambientata nelle Marche. Che rapporto hai con la tua terra? E con il tuo primo romanzo?

Il romanzo non è soltanto ambientato nelle Marche ma parla profondamente della provincia delle basse Marche (da cui provengo). La mia è una terra silente, per certi versi oscura ma al contempo estremamente luminosa, che sa risplendere grazie ai colori della campagna e del mare, agli odori “antichi”, quelli di un tempo, che puoi ritrovare nelle botteghe di certi artigiani che ancora oggi sopravvivono. Il legame è forte perché dalla mia terra mi sento non solo amata ma anche capita. Stesso discorso per il romanzo. Quando sentivo qualche scrittore dire “i miei libri sono come figli” non ci credevo poi così tanto, pensavo più ad una frase fatta, sinceramente. Poi ci sono passata, e sì, è vero. Il mio romanzo è come un figlio, il mio.

Una volta è abbastanza, ma non sempre. So che hai in mente di continuare con altri capitoli di questa storia. Quando usciranno? Hai già iniziato a scrivere?

Si tratta di una trilogia, quindi ne vedremo delle belle per almeno altri due volumi. Il primo, “Una volta è abbastanza”, racconta la storia della famiglia Verdini – ma anche di tutta la comunità di Casette d’Ete – negli anni che vanno dal 1945 al 1964 (arriveremo alle soglie del boom economico). Il secondo atto lo sto ancora scrivendo, approderà in libreria all’inizio del prossimo anno, ma posso già dirti che ci sarà una bella – e piuttosto complessa – evoluzione dell’industria calzaturiera, che è uno degli elementi al centro di questa trilogia. Non si parla solo di Marche, non si parla solo di amori, rancori e vendette, né si parla solo di famiglia, ma si parla anche (e forse soprattutto) di lavoro.

Al momento, la saga familiare è un genere che va molto – penso alla Ferrante-, ma che in qualche modo ci ha sempre conquistati – vedi I Buddenbrook di Mann, I fratelli Karamazov di Dostoevskij o I Malavoglia di Verga -. Perché secondo te? E poi, per te vale l’equazione caso editoriale = libro di valore?

Secondo me perché racconta ciò che siamo realmente quando ci troviamo nell’ambiente a noi più vicino, quello che conosciamo meglio e da cui abbiamo imparato qualcosa: la famiglia. La Letteratura riesce a trasformare le storie più piccole in storie universali. La magia sta proprio qui. Persone, gente comune, voglia di riscatto, urgenza di futuro, possibilità: queste, se ci pensi, sono le parole chiave che scandiscono il ritmo delle saghe famigliari, anche quelle che hai nominato tu.
Per quanto riguarda l’equazione “caso editoriale uguale libro di valore”, direi che no, non mi sembra giusta, non tout court, almeno. Ci sono esempi clamorosi – che non farò neanche sotto tortura – di casi editoriali che non assomigliano neanche vagamente a libri di un qualche valore. Poi, per carità, ci sono altrettanti esempi che avvalorano questa tesi, vedi “L’amica geniale” della Ferrante, che considero un’opera gigantesca.

 “Social, sessiste e carine” è un articolo di qualche tempo fa di Massimiliano Parente, uscito su Il Giornale, in cui lui si è scagliato duramente contro la tua categoria e che ha poi scatenato una tempesta sul web. Secondo te perché tutte queste polemiche? E tu, ti senti social, sessista e carina?

Che io sia carina non c’è dubbio. Quindi Parente ha fatto bene a dirlo– scherzo. Sessista non lo sono mai stata, figuriamoci, quindi passo oltre perché è la cavolata più grossa. Social? Beh certo, ci mancherebbe pure! Se non fossi social, nessuno saprebbe chi sono. Le polemiche sui book influencer assomigliano un po’ a “Sì ma alla fine, Chiara Ferragni, che lavoro farebbe?”. Mentre noi ce lo chiediamo, lei fattura un tot di mila euro al mese. Fra qualche anno smetteremo di chiederci che lavoro faccia la Ferragni e magari smetteremo di dire che i book influencer sono il male del mondo editoriale (andatelo a raccontare a quegli scrittori ed editori che di queste figure si servono, per esempio). I book influencer fanno promozione, non critica letteraria, pubblicizzano libri (leggi: provano a far sì che la gente vada in libreria a comprarli). Non mi sembra, tutto sommato, che abbiano causato questi gran danni.
Che poi alcune polemiche siano finalizzate a pubblicizzare i propri, di libri, beh questo è un altro discorso e, tutto sommato, è una mossa di marketing degna dei veri influencer. Chapeau.

Book blogger
Scrivere libri in Rete: come, dove, perché

(Franco Cesati Editore, 2018)

Tu leggi tantissimi libri durante l’anno e lo fai in modo critico e attento. C’è un segreto per riuscire a leggere molto e in modo qualitativo?

Io non leggo così tanto. Leggo lentamente (non sono una bulimica di libri), non mi interessa gareggiare a “quanti libri ho letto durante l’anno” perché punto sempre alla qualità, e per fare le cose bene mi occorre del tempo (tanto più che mi dedico anche ad altro, non sono mica Wonder Woman. Anzi, Spider Man, così nessuno può dirmi che sono sessista). L’unico segreto è: lavorare con coscienza e con passione. Investo il tempo in analisi, letture, riletture, appunti e infine scrittura. Osservo un libro da più angolazioni, provo a cogliere i vari significati. Provo ad immergermi nella materia letteraria, e cerco, con gli strumenti che ho, di ricavarne qualcosa di interessante da proporre a chi mi legge.

C’è un autore/autrice secondo te un po’ sottovalutat* in Italia?

Fra i contemporanei direi di no, o almeno ora non mi viene in mente nessuno. Fra i moderni, invece, direi che sarebbe arrivato il momento di iniziare a riscoprire le opere di Mario Soldati così come quelle Dino Buzzati (non sottovalutato come Soldati, ma ancora troppo poco letto, secondo me), di Piero Chiara o di Lalla Romano.

Cosa dovrebbe fare qualcuno che aspira a diventare Giulia Ciarapica?

Francamente, consiglierei di aspirare a qualcosa di meglio di una Giulia Ciarapica, ma se proprio vogliamo “buttarla giù così” (come avrebbe detto Giulio Tremonti), consiglio 2 cose: molta tenacia e tanta, tantissima costanza. Al di là dei risultati ottenuti –io ho appena iniziato questo percorso, è tutto in divenire– occorre tenere sempre a mente l’obiettivo: cosa vuoi diventare? Dopodiché, c’è poco da fare: studio, dedizione, sacrificio, passione e “cazzimma”. Ho iniziato quasi 5 anni fa con il blog. I primi tempi sono stati duri, tantissima gavetta (che continuo a fare, beninteso, ma con qualche piccola soddisfazione in più). Ma nei momenti di maggior sconforto – e ti assicuro che ce ne sono stati – quando pensi “ma chi me lo fa fare”, la svolta arriva. Se hai lavorato sodo e con coscienza, arriva tutto, prima o dopo. Basta solo saper aspettare. Il tempo è da sempre un galantuomo.

Hai inaugurato da poco una nuova rubrica, “Book Influencer a chi?” in cui intervisti diversi book blogger. Hai altri progetti?

Per il blog ho un altro progetto, e non riguarda i libri – o almeno non principalmente– ma una tematica che tocca tantissime donne: la violenza psicologica. Sono stata vittima, tempo fa, di un amore malato, e dopo aver raccontato la mia storia nel programma di Rai Tre “Sopravvissute”, tantissime ragazze mi hanno scritto per raccontarmi la loro esperienza. Così, mi è venuto in mente che sarebbe stato importante che anche loro potessero raccontare ciò che avevano passato, più che altro perché spero che queste testimonianze siano di aiuto ad altra gente. Sto progettando delle interviste, anche anonime, da pubblicare sul mio blog, e alla fine di ogni chiacchierata suggerisco anche un libro, non necessariamente sulla violenza, ma che piuttosto aiuti le persone a trovare un altro modo di vedere la vita e l’amore.
Poi ho in mente di partire da settembre prossimo con delle proposte di corsi che “istighino” i ragazzi alla lettura. Presto si saprà tutto sul mio blog!

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