La distanza del mare

di William Grifò

8 novembre 1931

Caro Marco, adorato amore mio,
Troverai questa lettera in un libro che ho appena finito di leggere; s’intitola “Il vagabondo delle stelle”, di Jack London. È la storia di un uomo condannato a morte ingiustamente, che rivive le sue vite precedenti, e proprio per questo lo sento così vicino a me; anch’io, come lui, avverto su di me il peso di una condanna ingiusta, e la cosa mi angustia parecchio, anche se cerco di non darlo a vedere. È stato lui a consigliarmi di leggerlo. Prima di questo mi ha regalato “Martin Eden” e l’ho finito in due giorni.

Te la farò avere insieme al libro tramite Don Giuliano, il prete che segue i confinati qui; le cose che voglio dirti stavolta non devono avere orecchie per la censura. Tranquillo, Don Giuliano è fidato, nonostante il suo metro e ottanta di altezza, e le guance quasi sempre rosse; secondo me è colpa del troppo vino da messa, ma non posso dirglielo, altrimenti si arrabbia.

All’inizio non mi stava molto simpatico, anche se questo te l’ho già raccontato nelle mie prime lettere, quando ti ho accennato di lui; sarà stato per il suo aspetto imponente, o forse per i suoi modi bruschi e burberi (molto meno dei sorveglianti di qui però). Fino a quando, un giorno, prima della quotidiana messa mattutina, non mi ha chiesto per quale motivo mi trovi qui e questo sotto gli occhi increduli del gerarca Neri, che continuava a fissarci con quello sguardo carico d’odio (e se avesse potuto, penso avrebbe picchiato anche lui). E in quel momento ho intuito che quei modi, in realtà, nascondono una corazza, e come, anche un uomo saldo e di fede come lui, possa averne una. Nonostante questo però, continuo a considerare la nostra, più che un’amicizia, un patto tra gentiluomini che si rispettano, nonostante la pensino diversamente su molte cose (e lo stesso credo valga per lui su di me). L’altro giorno, per esempio, stavamo discutendo delle intromissioni dei fascisti nella vita della Chiesa (le notizie arrivano anche a noi confinati, seppure col contagocce e ovviamente abbiamo dovuto aspettare che Neri e gli altri camerati non fossero a portata d’orecchi, un evento non abbastanza frequente, purtroppo) e gli ho detto che secondo me quest’ultima fa bene a difendersi, ma, per me, Stato e Chiesa devono rimanere separati, e lui mi ha quasi urlato di non essere blasfemo (me lo ripete tutte le volte pensa io dica una stupidaggine “non essere blasfemo!”), e se non l’ha fatto è stato solo per paura di Neri. Quest’ultimo comunque ha sentito un po’ di trambusto, nonostante fosse di guardia fuori dalla porta facendo avanti e indietro nervosamente con quel suo passo militare più simile a quello di un’oca e si è affacciato dentro, chiedendoci bruscamente cosa stesse succedendo.

Da qualche settimana però, viene a trovarmi dopo cena nel mio alloggio, e mi legge dei passi della Bibbia, soprattutto i Vangeli (me ne ha regalato perfino uno che porto sempre con me. Lo apro e scelgo una pagina a caso, sulla quale poi rifletto a lungo), che poi commentiamo insieme, e da ateo, figlio di atei, non dico improvvisamente di aver cominciato a credere, ma forse inizio a vedere qualcosa, dove prima ero convinto di non riuscire a vedere niente. Qui il clima è sempre ottimo e non piove quasi mai; a proposito, ho sentito che Mussolini ha cominciato a bonificare le paludi. Come procedono i lavori’? Se lo vedi, digli da parte mia che se vuole, un po’ di zanzare può spedirle qui, tanto di spazio non ne manca (siamo quasi in trecento).

Il gerarca Neri mi ha preso di mira, come già ti dicevo; non perde occasione per lanciarmi battute e frecciatine, insieme a qualche colpo di manganello ben assestato; ma io faccio finta di niente, sollevo la testa, e vado avanti ( l’episodio dell’altra sera, però, non ha di certo aiutato).

La malattia ai polmoni va sempre più peggiorando, la tosse aumenta di giorno in giorno e temo che questa sia la mia ultima lettera che tu ricevi. So già cosa stai pensando e mi sembra di vederti, anche se siamo a chilometri di distanza, ma tu non disperarti, ti prego, non farlo amore mio, come sto cercando d’impedirlo a me stesso (mi pare già di sentire la tua voce dolce e delicata “io non sono te, non abbiamo lo stesso carattere!”, la stessa frase che mi urlavi tutte le volte duranti i nostri litigi, ovviamente sempre lontani da orecchie indiscrete). Se mi dovesse succedere qualcosa, non stravolgere la tua vita a causa mia e se puoi, ti scongiuro, vai via dall’Italia; non stai fuggendo, ma ti stai salvando, anche se adesso potresti ancora non volertene rendertene conto. Questo Paese non merita due persone che si amano così come ci amiamo noi due; e poi pensa al colpo che verrebbe al rispettabile e grandioso Impero fascista se ci scoprisse: non solo oppositori politici, ma anche invertiti!

Parlo sempre di te a Don Giuliano egli sembra quasi di conoscerti (così mi ha detto qualche giorno fa), e odia quando uso quella parola (forse non immagina quanto la odi io), e mi ripete sempre che, se Dio non avesse voluto anche noi in questo mondo, l’avrebbe distrutto quando ne ha avuto l’occasione con il Diluvio universale. Allora io gli ricordo quella storia di Sodoma, e lui mi urla di non essere blasfemo! Continua a ripetermi di curarmi e vedere un dottore, ma io gli ripeto che l’unico medico su quest’isola quasi dimenticata da Dio è il dottor Bonifaci, ma lui sta dalla parte delle camicie nere; quando ci visita, sembra che stia controllando delle vacche e non degli esseri umani, è sempre di fretta, ma solo con noi e mai con i compagni camerati, e quando finisce ci dice sempre “Ah, se non vi foste fatti portare qui”, ridendo, come se fosse una battuta di spirito della quale dovremmo ridere anche noi.

L’altra notte, nell’alloggio accanto al mio, ho sentito i lamenti di un altro confinato che era sul punto di morire (forse della mia stessa malattia), e la voce di Don Giuliano mentre gli impartiva l’estrema unzione. E mi sono chiesto, se sarà così anche per me, quando arriverà il momento.

Ricordo ancora quando ci siamo visti la prima volta nell’aula della Facoltà di Diritto; ti ho osservato tutto il tempo, mentre il professor Borroni spiegava l’origine del diritto romano (a proposito, insegna ancora lì, vero? Mentre scrivo queste righe, il mio pensiero va ai dodici professori allontanati dalle loro cattedre e confinati come me e tanti altri, solo per non aver voluto giurare fedeltà a questa sottospecie di governo chiamato fascismo; una vergogna per l’Italia intera) con la sua voce baritonale. Poi, una volta finita la lezione, ti sei fermato con la scusa di riordinare gli appunti, anche se i fogli erano già ben impilati uno sull’altro; in realtà cercavi una scusa perché volevi conoscermi, come mi hai confessato in seguito, e lo stesso valeva per me. E così è cominciata la nostra storia, in segreto come una pianta che cresce al buio, ma desidera solo la luce.

E tu non fuggire mai la luce, ma sii tu stesso la luce, così come lo sei stato per me in questo breve tempo vissuto insieme. “L’amore non avrà mai fine” dice San Paolo nella lettera ai Corinzi; io me ne sono innamorato fin da quando Padre Giuliano me l’ha letta per la prima volta, ed è uno dei brani che rileggo spesso sul mio Vangelo (e se lui dice il vero ed esiste un altro mondo dopo questo, allora anche San Paolo ha ragione e noi vivremo insieme anche dopo questo, e sono sincero, in fondo il mio cuore lo spera).

Non vergognarti mai di te stesso, e non permettere agli altri di farti vergognare, hai capito?

E vivi sempre in allegria, ricordati di come lo facevo io (anche se il mio adesso è un modo per allontanare la malinconia che troppo spesso viene a farmi compagnia). Mi mancano le tue mani, l’odore e il calore della tua pelle, dormire la notte con te, e svegliarmi ogni giorno insieme a te, l’odore del caffè che mi portavi a letto e tante altre cose che elencare adesso sarebbe troppo lungo.

All’inizio avevo paura, te lo confesso, paura di cosa potessero pensare gli altri, paura di me stesso; poi è stato come quando sei in spiaggia, e hai il mare a un passo; basta fare un passo per toccarlo.

Ecco, tu sei stato la mia onda perfetta, quella che probabilmente capita una volta nella vita.

A proposito, il mare qui è di un blu così intenso, che darei qualsiasi cosa perché tu fossi qui a vederlo insieme a me.

Ti penso comunque sempre, in ogni istante del giorno e della notte e sei sempre nella mia mente e soprattutto nel mio cuore, non dimenticarlo mai, questo.

Mi raccomando, qualsiasi cosa mi succeda, tu non piangere troppo.

Tuo sempre fedelissimo e con immenso amore.

Vincenzo.

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