Malvestita

di Martina Filippi
fotografia di Chiara Filippi

Saranno stati i tuoi capelli rossi a salvarmi
o i Led Zeppelin
o ancora i nostri sguardi malinconici in ritardo,
sinfonia silenziosa che coniuga mille perché in un gesto soltanto.
Il tuo sfogliare pagine su pagine di un libro
di cui non leggo bene il titolo,
ma che mi fa sognare bene.

– ma non ha importanza –

Ti vedo tingere il tramonto
e mi basta,
è abbastanza da farmi morire in un viaggio,
uno soltanto, questo.
Dimmi che non scenderai mai.
Prima che tutto questo finisca
riesco ad essere egoista
anche con gli sconosciuti.
Piacere mio, dunque.

Mi chiamano Titièn Mirò
e ho il brutto vizio di pensare
che la poesia sia una gran puttana,
pensare che potrò permettermi di pagarla per sempre.

Come faccio a trovare le parole per ringraziarti, chiunque tu sia,
se sono sempre così timido da sfiorarti solo col pensiero?
Erano dolci tutti i tuoi occhi,
– rimmel che cola nella testa –
mentre le nostre anime accarezzano acquedotti,
aeroporti, autostrade, Capannelle
l’ippodromo, i controllori,
i fantini e gli zingari su questo treno,
mentre si fa tardi e già penso
a quanto sarebbe triste perderti in mezzo alla stazione.
Il tuo volto è troppo armonioso
da scorrere bene nel mio sangue senza intoppi,
da riempirmi senza farmi esplodere.

Chi sa se mai parleremo di politica, di filosofia o d’arte,
eludendo le nostre paure, coprendoci di sincerità.

“Ma dopotutto non avrò che pioggia che cade con me.”

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