Mondi di poesia: “Estate corsara” di Alessandra Corbetta

Qualche tempo fa avevo conosciuto Alessandra Corbetta in merito a Corpo della Gioventù, ed era nato uno scambio più che piacevole sul suo modo di intendere e fare poesia. Per questo quando ho avuto tra le mani la sua nuova raccolta Estate Corsara (puntoacapo Editrice) non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di avere un nuovo scambio con l’autrice. 

Estate Corsara è un libro complesso che suscita fin dalle prime righe diversi interrogativi. È un viaggio nell’adolescenza e al contempo nell’adultità, è ritrovare sé stessi e perdersi nei ricordi. Già solo questo basterebbe per essere un’ottima raccolta di poesie, ma Alessandra Corbetta va anche oltre, lasciandoci più che arricchiti dall’esperienza. 

 

Estate Corsara si configura come un diario poetico, dove il ricordo diventa nostalgia e emozione. È il racconto di un’estate metafora di giovinezza e di leggerezza, ma anche di inquietudini, riassunte perfettamente dalla citazione dei Baustelle che troviamo tra le prime pagine (In ogni estate trovo che / un po’ di morte in fondo c’è /In ogni morte trovo che /un po’ d’estate in fondo c’è). Qual è dunque il legame tra i Baustelle e Estate Corsara?

Ho sempre pensato che le cose più belle contengano in sé il germe della tristezza e viceversa; così l’estate, per me Stagione tra le stagioni ed emblema riassuntivo e simbolico di ciò che è spropositatamente meraviglioso, è anche il momento in cui siamo costretti a fare i conti con i nostri vuoti, con le lacune d’amore o di gioia che ci abitano. Il refrain di Reclame, canzone dei Baustelle da cui il pezzo da te citato è tratto e che costituisce l’esergo della prima sezione di Estate corsara, esprime con efficacia questo concetto, per me fondante e generativo.  Il gruppo di Francesco Bianconi è presente però, tra citazioni e rimandi, in tutta la raccolta: intanto perché loro hanno accompagnato l’estate della mia esistenza e poi perché nei testi di molte loro canzoni ritrovo con immediatezza il mio stesso sguardo sul tempo e sulle faccende del mondo. L’aggettivo “corsara”, per esempio, è ripreso dalla canzone Le rane («e porterò morendo quella gioia corsara con me»), in cui viene descritta magnificamente la caduta delle grandi illusioni della giovinezza con l’arrivo dell’adultità, nella quale però un frammento di quella viva e piena inconsapevolezza, foriera di tanti episodi indimenticabili, continua a fare capolino, a essere, appunto, corsara.

 

Nella prima sezione di Estate Corsara, “Prima” troviamo insicurezza adolescenziale, ma anche gioia, freschezza giovanile e senso di inadeguatezza. Sensazioni che abbiamo provato tutti, crescendo. C’è un momento tuttavia in cui si avverte un’evoluzione, ovvero la comparsa di Lui, in Cronometro, assieme allo “strappo […] immaginato” (Varchi), fino al 23 agosto (Ventitré), dove l’attenzione e l’empatia del lettore è massima. Considerando che la tua poetica si inscrive in un serbatoio esperienziale nel quale intere generazioni si riconoscono, vuoi per i stessi errori o per le stesse insicurezze, per quella voglia matta di crescere troppo in fretta, cosa diresti oggi alla te stessa di allora?

Guardarmi indietro è una delle attività che pratico con più solerzia e dedizione e, nel farlo, c’è un istinto malinconico e nostalgico, ma mai rimorso né rimpianto. Tra grandi gioie e dolori profondissimi ho sempre fatto quello che volevo o potevo fare. La mia vita, di oggi come di allora, non avrebbe potuto essere che così e io non diversa da ciò che sono stata e sono; per questo alla me di quei tempi ho detto già tutto.

 

Una poesia che mi ha molto colpito è Sunny-side perché a mio avviso può concedere un’interpretazione dell’intera raccolta ([…] incombenza di fare /in fretta a fare niente, ma anche la chiusa: e non fa pegno avere detto / sì senza saperne il senso, / sbagliando il significato). Non a caso è infatti posta tra le prime poesie. Vorrei farti una domanda tecnica, da addetto ai lavori: come nasce il progetto di una raccolta di poesie come questa?

Le raccolte di poesia possono avere genesi differenti: per esempio, le si costruisce a partire da un macrotema avvertito come rilevante oppure ce le si ritrova pressoché pronte perché molti testi, scritti in momenti o situazioni differenti parlano, di fatto, della stessa cosa o ancora nel momento in cui si ravvisa la necessità di dare spazio a un’esperienza che non riesce a essere assorbita o metabolizzata soltanto dalla e nella vita. Estate corsara, nello specifico, unisce la contingenza biografica di un evento spartiacque alla volontà di chiudere un ciclo di scrittura iniziato con Corpo della Gioventù, la mia precedente pubblicazione. Il focus, quindi, è stato da subito ben chiaro, così come la strutturazione del lavoro nelle tre sezioni che lo avrebbero composto, la scelta degli eserghi che le avrebbero aperte e dei testi che lo avrebbero costituito; a essere piuttosto lunga è stata la fase di limatura e riscrittura delle singole poesie, durata circa due anni.

Un’altra cosa che si avverte un po’ in tutta la raccolta e non solo nella prima parte, è l’attenzione estrema alla gestualità e al significato che porta. Ho adorato per esempio […]ai piedi /gli anfibi si puntano, fanno resistenza (Sabrina), ma anche “Un libro giallo in mano per schivare lo sguardo / di chi ha provato a incrociarti” (Bacà), o persino “Un ragazzone – lui – che invece / chiede a un angolo di strada / qualche soldo salutando” (Abbandoni). Potrei davvero continuare a lungo con questi esempi, e dunque ti chiedo quanto conta l’osservazione di questi gesti nella vita quotidiana per poi tradurli così densi di significato in poesia?

Ti ringrazio molto per avere colto questo aspetto, perché lo reputo uno degli elementi caratteristici del mio scrivere e cioè l’osservazione analitica di ciò che accade nel quotidiano a cui, nei versi, tento di restituire la piena significanza scorta. La gestualità, oltre a essere uno straordinario canale comunicativo, può essere considerata l’alter ego della parola, e allora provare a dire con la parola il gesto è una sfida ma anche un tentativo di completamento, di sguardo intero sulle cose. Credo, poi, che la mia formazione sociologica, fortemente voluta e amata, incida molto su questa mia necessità e inclinazione di fotogrammare con i versi i movimenti, plateali o appena percettibili, con i quali abitiamo il mondo.

 

Sono moltissimi i toponimi presenti nella raccolta, come Bologna o Roma. Moltissime sono le località toscane citate, soprattutto nella seconda sezione “Durante”. Ci si sposta quindi dalla spiaggia, dagli ombrelloni blu, dal succo d’ananas. Questo spostamento tematico è anche in traslato, uno spostamento di pensiero: le poesie si fanno più introspettive, più interiori e dolorose. Ho apprezzato molto quest’evoluzione, che si conclude perfettamente con gli ultimi versi di Fiesole, ancora una volta emblematici: “Non volevo sapere e non l’ho saputo / quanto è veloce la parola addio,/come passa inosservata in mezzo a una gioia brevissima”. 

Estate corsara compie un percorso spaziale, reso tangibile dalla toponomastica realistica ed esplicitata che è, contestualmente, spostamento nel tempo – e i nomi delle tre sezioni Prima, Durante e Dopo lo indicano chiaramente – ma anche viaggio identitario dentro e fuori da sé; per questo, come acutamente tu hai evidenziato, procedendo dai testi iniziali a quelli posti in conclusione, i passaggi smettono di essere solo orizzontali ma divengono anche verticali, si addentrano nell’intimità delle cose. Quando un grande dolore ci colpisce, o ne veniamo schiacciati, travolti, sconfitti oppure, dopo l’enorme stordimento iniziale, siamo chiamati ad attraversarlo. Quello dell’attraversamento è un termine-concetto a me caro, su cui ritorno spesse volte, soprattutto nella scrittura poetica; attraversare è passare oltre spostando a mani nude, uno per uno, tutti gli ostacoli che si frappongono tra noi e l’uscita dalla foresta buia di ciò che siamo; è, cioè, un affrontare sé stessi senza sconti. Estate corsara dà voce a uno di questi attraversamenti. E ne tiene memoria.

 

Vorrei chiederti dell’itinerario dei toponimi da te citati: essi corrispondono effettivamente ai tuoi spostamenti di quel periodo?

I luoghi toccati sono stati molti di più; ma ho opzionato proprio tra essi, cioè tra le città realmente attraversate per periodi più o meno lunghi, quelli che ho ritenuto maggiormente esemplificativi rispetto alla funzione rappresentativa alla quale sono stati chiamati.

 

La poesia ABCD è stata messa in musica da Ken Ciro, in un progetto musicale che ho molto apprezzato. Ti va di parlarci di questo progetto? 

Ho sempre pensato che i grandi dolori, qualora si riesca a renderli “cantabili”, possano essere meglio gestiti, forse perché la musica è sempre stata per me uno spazio ampio capace di contenermi in forma dispiegata con tutte le mie ombre. ABCD, testo con il quale si apre la seconda sezione della raccolta, e, per molti motivi, emblema della raccolta stessa, è coacervo delle sofferenze che attraversano Estate corsara, per questo ho voluto diventasse anche canzone. Ho proposto l’idea a Mirko Sereni (Ken Ciro), amico e musicista che stimo molto, e poi con il suo produttore e il suo videomaker abbiamo realizzato il progetto, che non è stato la creazione di una base musicale per la poesia da me scritta, ma un vero e proprio lavoro congiunto di riscrittura e di elaborazione della musica più adatta da parte di Mirko. Lavorare ad ABCD (Milano-Firenze) è stata, in ogni sua parte, compresa la realizzazione del videoclip, un’esperienza davvero bellissima.

 

Ricostruzione, l’ultima poesia, è come un manifesto dell’intera opera, non a caso è posta fuori dall’ultima sezione, “Dopo”. “Perdonare, l’estate”, “scolorare i segni”, sono espressioni fortissime e lentiattraverso le quali rileggere la raccolta. 

Chiusa o aperta, felice o triste, completa o incompleta esiste, per ogni viaggio, una fine. Ho voluto che quella di Estate corsara fosse una ricostruzione, da intendersi e vedersi come gesto di fatica e di coraggio. Perché mettere insieme i pezzi rimasti, provare a dargli una forma nuova e poi, partendo da lì, continuare il cammino, è atto sovversivo e miracoloso. Ricostruire è ciò che, nonostante la prepotenza del male, continua a farci credere e muovere verso il bene; ricostruire è amare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.