Mastoor

Un giovane Holden a Teheran. Sull’amore e altre cose di Mostafa Mastur

Sarà che non sono, non siamo abituati a leggere letteratura diversa dal nostro punto di partenza. Il mondo occidentale, sempre quello. L’Europa, l’America, il Giappone meno tradizionale e più alla nostra portata. Tuffarsi in un romanzo che nasce da tradizioni, culture e influssi diversi può essere spiazzante, toccare corde che non ricordavamo di avere o inventarsene di nuove, raccontare le stesse storie in maniera completamente diversa o non raccontarle affatto, abbracciare o metterci in difficoltà.

 Sull’amore e altre cose di Mostafa Mastur, opera del 2017 publicata in italia da Francesco Brioschi Editore, è un romanzo breve, di circa 130 pagine, che riesce nel piccolo miracolo di toccare questi punti e offrirci un punto di vista inaspettato, disturbante e insieme affettuoso, sull’amore e soprattutto sulla vita in Iran ai giorni d’oggi. Il protagonista, Hany, può sembrare un giovane Holden nel posto sbagliato al momento sbagliato: nel rocambolesco racconto della storia d’amore con Parastù e della convivenza con Karim Giogiò e Morad Sormè a Teheran, in casa del vecchio Noqrè, ci sono le ferite di una generazione che ha vissuto la rivoluzione persiana del 1979 e tutto ciò che è venuto dopo, ben riassunto nell’interessante postfazione di Faezeh Mardani, traduttrice e nostra guida all’interno dell’opera: l’Iran che diventa Repubblica Islamica, la modifica della Carta costituzionale, l’islamizzazione coatta di una società laica e intraprendente, la guerra in Iraq e il rapporto tormentato con l’Occidente, i passi indietro della condizione femminile.

Sull’amore e altre cose non parla della guerra o della situazione politica in Iran perché non ce n’è più bisogno: si sono talmente incistati nell’Iran di oggi da scandire le vite di ognuno dei protagonisti dell’opera, a partire dal protagonista.

Sono nato ad Ahvaz cinque anni dopo l’inizio della guerra e quindici anni dopo la sua fine sono andato all’università. Diciannove anni e sei mesi dopo la fine della guerra mi sono larueato e precisamente diciannove anni, dieci mesi e dodici giorni dopo l’accettazione della risoluzione 598, ho incontrato Parastù e me ne sono innamorato. Vent’anni dopo la sparizione dai radar dell’aereo passeggeri Iran Air, colpito da un missile terra aria della flotta USS Vinson della marina americana, ho detto per la prima volta a Parastù che l’amavo. Poco più tardi, cioè due mesi prima del ventottesimo anniversario dell’inizio della guerra, le ho regalato un bell’orologio Omax, svizzero, con il quadrante quasi a forma di cuore. Infine, precisamente ventitré anni, tre mesi e due giorni dopo la dichiarazione ufficiale del cessate il fuoco delle Nazioni Unite, ho deciso di uccidere Eskandar Khatti, che era di dodici anni più grande di me.

Hany presenta così se stesso e la sua vita, figlio di eventi più grandi di lui che condizionano le scelte e il futuro. Quando aveva appena due mesi di vita, l’onda sonora di un proiettile calibro 175 è scoppiata dentro il muro di casa sua e ha colpito il suo orecchio sinistro, provocando crisi, perdita di lucidità e della vista, e soprattutto offuscando la mente di Natty ogni volta che la sua vita sembra avere una svolta importante.

I personaggi che attraversano la vita di Natty sono figli di un Iran che cerca di trovare le proprie coordinate e nuove radici a cui aggrapparsi: la sapienza antica e ultraterrena di Sormé, la tradizione e la nostalgia di Noqré, il moto perpetuo ai limiti della legalità di Giogiò. Personaggi che si muovono su una scacchiera invisibile, legati a un destino che non possono cambiare ma soltanto limitarsi a venirne a patti, descritti con uno stile insieme malinconico e sarcastico, quello che rende Mostafa Mastur una voce tra le più importanti della cultura persiana, la finestra su un mondo che non conosciamo ma a cui non possiamo non volere bene.

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