L’Uomo delle nuvole

di Marianna Vitale

Fred disegnava le nuvole. Non era un angelo, né un’anima. Era soltanto un pittore che non aveva avuto fortuna sulla Terra. Un giorno aveva preso una scala, era salito fino al cielo e aveva iniziato a dipingere le nuvole. Aveva capito subito che non era una cosa da tutti: serviva un talento particolare per dare alle nuvole quelle forme che piacciono tanto ai bambini, e lui ce l’aveva. Dipingeva coniglietti, draghi e altre creature alate oppure carrozze trainate da cavalli, e quando ci riusciva la soddisfazione era mille volte superiore a quella che otteneva sulla Terra con i suoi quadri. Dall’alto della sua scala osservava i bambini indicare il cielo, e la loro meraviglia lo riempiva di gioia. Finalmente poteva rendere felice qualcuno.

Così, un giorno, era salito sopra una delle sue nuvole e vi si era stabilito in maniera definitiva. La nuvola era soffice, ma non nel modo in cui se l’era sempre immaginata. Era come una coperta di seta imbottita di piume: liscia fuori e morbida dentro. Poteva addirittura avvolgersela intorno al corpo e tirarsela fin sopra alla testa. Ci affondava con la sensazione di essere ancora nel ventre di sua madre: un posto caldo e rassicurante.

Ogni mattina si alzava e cominciava a dipingere. Passava da una nuvola all’altra, sempre più alto, sempre più lontano. Scoprì che gli bastava davvero poco per vivere. Quando aveva fame, dipingeva una nuvola con la forma di un trancio di pizza, un pezzo di formaggio o un cesto di frutta, e appena prendeva consistenza la mangiava. Tutto aveva lo stesso sapore e si scioglieva sulla lingua come zucchero filato, ma a lui non dispiaceva.

Dato che creare gli riusciva così bene iniziò a costruirsi una casa. Cominciò dalle cose più semplici: il tavolo, il letto, un armadio, e arrivò a dipingere anche i soprammobili più piccoli. Per ultimi disegnò i muri e un cortile tutt’intorno.

Gli piaceva la sua casa tra le nuvole, ma ben presto iniziò a sentirsi solo.

Decise di crearsi una compagna. Fu in assoluto la cosa più difficile che avesse mai fatto. Provò a disegnare i contorni a matita e li cancellò migliaia di volte. Impiegò più di un mese. Alla fine, quando fu soddisfatto dello schizzo, ci mise i colori: capelli scuri con sfumature ramate, occhi verdi, pelle dorata. Era perfetta, più bella di qualunque donna avesse mai incontrato sulla Terra.

La sua compagna prese forma e imparò a parlare. Aveva una voce vellutata come pelle di pesca. Fred provava una forte attrazione per lei, ma aspettava con pazienza che si ambientasse, che si affezionasse a sua volta a lui.

Quella sera aveva organizzato tutto: aveva preparato una cena a lume di candela, dipinto piatti raffinati, ridisegnato metà dell’armadio perché lei potesse metterci le sue cose, cose che lui stesso le avrebbe procurato. La cena andò bene, lei sembrava felice e quando alla fine lui le prese la mano non oppose resistenza. Ma quando Fred la strinse finalmente tra le braccia, la donna di nuvola si dissolse in migliaia di frammenti che volarono per la stanza come batuffoli di cotone.

Fred cercò di prenderli al volo, di rimetterli insieme come un puzzle, ma capì che non sarebbe più stata la stessa cosa. Li lasciò fluttuare via.

Avrebbe potuto ridipingere la stessa donna, ma che senso avrebbe avuto vivere insieme senza mai toccarsi, senza poter fondere il calore dei loro corpi?

Fece un tentativo con i soprammobili e anche quelli divennero brandelli di nuvole tra le sue mani.

Alla fine si tastò la pancia, temendo di potersi disfare come tirando il filo rotto di un tessuto. Il suo corpo rimase intatto, ma guardandosi allo specchio si rese conto che la sua pelle aveva assunto una lucentezza strana, come quella di una coperta di seta.

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