Mille modi di ritrovare un figlio. Recensione di Solo un ragazzo di Elena Varvello

Chi si è avvicinato alle pagine del nuovo romanzo di Elena Varvello, Solo un ragazzo, avendo già letto il suo precedente successo, La vita felice, entrambi editi da Einaudi, sarà certamente rimasto sorpreso nel trovarsi catapultato in un universo narrativo che allo stesso tempo lo richiama, lo completa e lo supera. Come farebbe per una serie tv uno spin-off riuscito.

E così, se prima avevamo lo sguardo e le inquietudini del giovane Elia su quel padre, adesso in Solo un ragazzo abbiamo lo sguardo di una madre su suo figlio. Uno sguardo di incredulità, speranza, turbamento e amore. Lo sguardo di una madre che il figlio lo ha perso in più modi: perché non può abbracciarlo, non può chiarirsi con lui e non lo riconosce. Eppure la sua è una lotta, una lotta per comprenderlo, per prendere quel figlio e salvarlo, prima dentro di sé e poi di fronte al giudizio della comunità. Una piccola comunità, quella di Cave, dove tutto sembra apparentemente perfetto. E dove le “mine vaganti” sembrano non essere ammesse. E così quello che è successo al ragazzo – un senza nome perché forse siamo tutti Solo un ragazzo – ha rotto il carillon perfetto, il suono all’unisono di quel piccolo paese.

Ma soprattutto ha spezzato quella famiglia. Sara, la madre, un’infermiera capace di comprendere il cuore umano, si chiede se l’unico che non abbia compreso sia proprio quello di suo figlio. Pietro, un padre che ha cercato di reggere tutto il dolore della famiglia e di convivere con il senso di colpa, deve trovare una via di fuga. Le sorelle, Amelia e Angela, sono cresciute all’ombra di ciò che è accaduto e hanno cercato strade, soluzioni differenti. Hanno perduto la fede o la hanno trovata. Pensano di ricordare e hanno dimenticato. Sono un fiume in piena, pronto a straripare.

Elena Varvello

Quello che è accaduto, come un puzzle che piano piano si compone, è qualcosa che aleggia sulle loro vite e che si svela a poco a poco nelle pagine sapientemente calibrate, poetiche, intense di questo romanzo. Una storia che leggi tutta d’un fiato perché vuoi comprendere chi è quel ragazzo, solo un ragazzo. Perché tu, lettore, hai la fortuna di essere la tormentata Sara, l’addolorato silente Pietro, la perduta e ribelle Angela, l’inflessibile e fiduciosa Amelia. Come cambia il punto di vista, cambia il tuo cuore e l’unico punto fermo resta il ragazzo dei boschi, che hai davanti, scruti, ne ricerchi lo sguardo. Ed empatizzi con lui, perché in fondo quello che sta cercando è quello che cercano tutti: essere sfiorato da una carezza leggera, che lo comprenda, che lo faccia sentire solo un ragazzo. Nel suo rifugio, senza la luce rassicurante delle case di Cave, il ragazzo attende qualcuno che lo salvi perché in fondo è quello che davvero importa. E tu, lettore, sei immerso in un mondo che non ti lascia andare fino allo strabiliante finale. Dove c’è un ritorno, A te scoprire quale. 

(Qui potete trovare un brevissimo estratto del libro che Elena Varvello ci aveva donato per i nostri Germogli).

Antonio Conte

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