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I 100 piatti da assaggiare secondo Lorenzo Sandano

Il mio ultimo pasto, nell’eventualità in cui io fossi condannata a morte in una prigione statunitense, dovrà essere cucinato da mia madre. Potrebbe essere il brasato, che come lo fa lei nessuno mai, e anche la peperonata con le verdure dell’orto, che tanto poi non devo andare da nessuna parte e mi può anche rimanere sullo stomaco. E se penso a mamma ai fornelli, penso anche a quella volta che abbiamo cantato (male) Nada con tutto il cuore mentre aspettavamo che si facesse mezzogiorno in cucina.

Che fosse di sottofondo nel ristorante la prima volta che hai assaggiato un piatto, che l’avesse proposto la radio mentre sedevi paziente nella cucina di zia, che sia la playlist con cui il tuo coinquilino lava i piatti, c’è sempre un pezzo o una band che finisci con l’associare a una ricetta o a un sapore. Per esempio, i Future Island si porteranno sempre addosso quella sensazione della domenica a pranzo mentre ci si prepara una pasta in solitaria, mentre «le filastrocche anarchiche di mio nonno Ario [che] levigavano le pareti della cucina, scortate dal dettato indivitualista di De André» indicavano il momento di iniziare a fare il risotto con funghi secchi, brodo di gallina e parmigiano, rivela Lorenzo.

Edito da BUR Rizzoli, 100 piatti da assaggiare una volta nella vita di Lorenzo Sandano è un viaggio sensoriale per gli occhi, il palato e le orecchie, in cui ci guida il giovane talentuoso della cucina non convenzionale.
Non convenzionale perché in questa raccolta puoi trovare il pastrami sandwich (ciao Brick Lane ti penso) accanto alla trippa alla romana, la lasagna alla bolognese (grazie Lorenzo per aver precisato gli spinaci nella sfoglia) e a qualche pagina di distanza i cinnamon rolls, la pasta e fagioli quasi in apertura e alla fine i dumpling e i gyoza. E anche perché questo non è un libro di ricette: è un libro di piatti, di ingredienti e di ricordi.

Il sottotitolo è, correttamente, Bocconi atavici, ricette iconiche e scoperte gustative: questi sono i tre cardini che hanno guidato Lorenzo nella scelta dei piatti da includere nel libro e, soprattutto, come raccontarli. In tutto questo, a fare da filo conduttore, c’è anche la musica che Lorenzo ama: dai Blur a Patti Smith, dagli Skiantos ai Velvet Underground, da Donatella Rettore agli Arctic Monkeys. Di sottofondo, ma anche e soprattutto per settare il mood e diventare fonte di collegamenti vitali, come quando per parlare dell’uovo in raviolo Lorenzo deve necessariamente partire dai Sangue Misto.

l’assaggio plastico delle tagliatelle ai porcini nel backstage (C) Alberto Blasetti

Lorenzo Sandano e io abbiamo la stessa età e abbiamo un’altra cosa in comune. Dice di essere rimasto folgorato dalla cucina per la prima volta a Barcellona – e lo capisco: io ne sono rimasta talmente colpita che nel 2016 ne ho scritto proprio su Tropismi. Così tanto che mi capita di ripensare al menu de La Llavor Dels Origens più spesso di quanto sia ok ammettere.

Da Cuochi e Fiamme con Simone Rugiati, che mi ricorda i miei ultimi anni di università, alla Prova del Cuoco, che mi porta all’infanzia, fino a Masterchef: Lorenzo ha cavalcato i più grandi programmi di cucina degli ultimi anni in veste di critico gastronomico e si è sempre distinto per l’approccio carico. Di energia, di ingredienti, di rimandi e di voglia di sporcarsi le mani: su YouTube puoi trovare perfino video del 2010 in cui viene intervistato la sera per le strade di Roma, i capelli con le meches (ora rasati) e il viso pulito che ha anche adesso. Da quando l’ha scoperta, non ha mai smesso di dedicarsi alla cucina: da assaggiatore, da dilettante, da critico e da appassionato, dal Gambero Rosso a Cook_Inc, Lorenzo Sandano ha dichiarato il proprio amore per i sapori, le tradizioni culinarie e le sperimentazioni con costanza e impegno, fino a farlo culminare in questo libro.

100 piatti da assaggiare è suddiviso in quattro sezioni, dai titoli volutamente pop: Roots Radicals dedicato alle ricette di famiglia («memorie, bocconi atavici, assaggi ancestrali radicati tra le mura domestiche»), Il cielo su Roma («piatti e ricette iconiche, estratte dai sampietrini e dagli umori della mia città»), The Passegner («istantanee edibili raccolte a zonzo per le tavole italiane»), Around The World («suggestioni esotiche e scoperte gustative, gravitando per il globo terrestre»). Tra di loro, le ghost track che non ce l’hanno fatta ma che meritavano comunque una menzione, perché scegliere in effetti è difficile, soprattutto quando si tratta dei propri piatti preferiti. E, ancora, le ricette – «liturgie casalinghe, esercizi d’autore, colossi capitolini e cult internazionali» – per chi voglia cimentarsi nell’esecuzione di alcuni di questi piatti, sempre accompagnati dalle premesse e dai ricordi di Lorenzo.

L’apporto fotografico di Alberto Blasetti è essenziale per esaltare ulteriormente i piatti: Roots Radicals ha le stoviglie di una volta, le tovaglie ricamate, le teglie in alluminio e le briciole di pane; Il cielo su Roma ha i tavolacci in legno e le ciotole bianche usate come piatti fondi; The Passenger lascia campo libero ai colori e alle suggestioni e Around The World si sbizzarrisce tra pagine minimal e pulite e altre cariche di dettagli.

È un libro estremamente personale, questo, fatto non solo di ingredienti combinati in piatti, ma soprattutto della loro storia, di ciò che evocano alla memoria prima che al palato. È il racconto della gourmet attitude di Lorenzo Sandano, per usare le sue stesse parole e il tatuaggio che ha sul braccio sinistro. Ed è il racconto di un ragazzo «dipendente dal cibo e dal punk, fino al midollo».


PS. La mia cosa preferita al mondo sono i tortelli di zucca e pagina 131, a loro dedicata, inizia con «Che ha sapore ha l’immortalità?» e io annuisco convintamente. Ed è bello sapere che Lorenzo li ha provati a Canneto sull’Oglio: grazie, da parte di una cresciuta affacciata proprio su questo fiume.

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