“La guerra dei meme”: sei scesə in campo senza neanche rendertene conto

Punk e paninari, guelfi e ghibellini, juventini e tutti gli altri. Che la società fosse fatta di contrapposizioni lo sapevamo bene anche prima che Paolo Bonolis ne disegnasse un ritratto caustico e affascinante nella trasmissione televisiva “Ciao Darwin”. Eppure, forse, se sei unə normie come l’autrice di questo articolo, non sai che anche tu fai parte di una grande guerra contemporanea, quella dei meme. Sei scesə in campo senza neanche rendertene conto. Chi sono i tuoi nemici? I nerd, ovviamente.

Normali vs diversi

Una guerra che va ben oltre i vessilli ideologici, che non vive in trincea ma assalta, fa vittime e vincitori, senza limiti morali ed etici. Una guerra, insomma, che è tutto tranne che virtuale.

Nel saggio La guerra dei meme: Fenomenologia di uno scherzo infinito edito effequ, Alessandro Lolli analizza con la lucidità di un osservatore partecipante e la chiarezza espositiva di un divulgatore contemporaneo il fenomeno dei meme e le sue implicazioni sociali e politiche.

Alessandro Lolli, “La guerra dei meme: Fenomenologia di uno scherzo infinito”, seconda edizione, Effequ 2020

La seconda edizione del saggio è un’uscita fresca fresca del 2020, un anno in cui i meme sono stati protagonisti, o meglio testimoni invadenti e sfacciati di una storia per molti versi drammatica. Rispetto alla prima edizione del 2017, si trovano qui aggiornamenti e approfondimenti su meme verbale e shitposting, sul rapporto tra meme e arte e molto altro. Infatti, nel mondo digitale dello sharing selvaggio e delle interconnessioni immediate, tre anni sono un’eternità: molti meme sono passati come meteore nel firmamento, altri sono nati ed esplosi.

Meme del gatto

 E se parlare di semiotica, postmodernità e capitalismo analizzando l’immagine di Pepe the frog vi sembra un’eresia, forse è proprio il caso di leggere le parole di Lolli ed entrare nel vivo di quella che è di fatto una letteratura non in cerca d’autore, ma per natura acefala e anonima. Una narrazione che affonda le proprie radici nell’inconscio oscuro di una collettività che ha fame d’espressione e di riconoscimento identitario.

Chiunque abbia un social network o una connessione internet sa cosa sia un meme. Ci si è imbattutə almeno una volta, e forse ne ha condiviso, inventato, plasmato uno. Eppure se ci chiedessero di darne una definizione rimarremmo spiazzatə e balbettando inizieremmo a gesticolare e a cercare perifrasi per ordinare un concetto che fino a quel momento ci era sembrato scontato. Lolli, riprendendo Dawkins, ci spiega il meme come

“il tentativo di mettere a sistema la dimensione umana, soprattutto nelle sue ricorrenze e regolarità, nei suoi aspetti storici e sovraindividuali”.

In poche parole:

“il meme è tutto ciò che nella cultura si replica”.

Ed è interessante scoprire come questo fenomeno di fatto sia spiegabile solo attraverso la sua forma di replicante piuttosto che nella sua sostanza ontologica, ovvero: possiamo dire che si replica ma non possiamo dire cosa replichi. Non possiamo identificarlo per se stesso ma solo ed esclusivamente nel “volume complessivo delle sue versioni”.

Il meme dice che non si può generare semplicemente un meme, di fatto generando un altro meme

Personaggi come Forever Alone, Rage Guy, Cereal Guy, Trollface hanno sempre la stessa espressione, lo stesso carattere, eppure assolvono ruoli sempre diversi. Per questo motivo, Lolli parla di

“funzioni e non di personaggi”.

E scopriamo anche che il meme è un qualcosa che permea la cultura ad ogni suo livello, dalla mitologia alla musica all’arte, e che, a dispetto di tutti i pregiudizi, non è figlio del web.

Trollface

Dopo aver definito con precisione cosa sia un meme, Lolli passa ad analizzare la comunità dei memers, ovvero quellə che i meme li creano e condividono reinventandoli. Una disamina che parte da 4chan e Alt-right passando per Anonymous e Tumblr, in un viaggio sociale, linguistico e politico che scende tra rapide scoscese fino a Trump e il ruolo dei meme nella sua elezione. Sì, se ve lo state chiedendo, i meme hanno influenzato l’elezione di uno degli uomini (se non l’uomo) più importanti del mondo: il Presidente americano. Come sia avvenuto tutto ciò lo scoprirà chi leggerà il libro.

Pepe the frog versione Trump

E se questo non bastasse a riabilitare le “immaginette simpatiche” spesso liquidate come semplice intrattenimento, Lolli ci presenta anche il ruolo dei meme nelle lotte femministe, nelle comunità di incel (celibato involontario) e redpill (quelli della “pillola rossa” di Matrix), citando, tra gli altri Katy Perry, Niki Minaj, Matteo Salvini, J K Rowling, il movimento Black Lives Matter, ma anche Adorno vicino a Lo Sgargabonzi, David Foster Wallace e Caparezza, Borges e Willie Wonka.

Willie Wonka

La guerra dei meme è un viaggio intergalattico all’interno di un universo spesso disorientante, in cui l’unica bussola da seguire è quella della cultura. Una cultura che, ormai dovremmo averlo capito da un secoletto a questa parte, è di massa e ora anche di meme, una cultura che si rifrange caleidoscopica attraverso ogni espressione umana, e di cui la rete è diventata veicolo indiscusso.

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