Ramiro Pinilla – Un albero per non dimenticare la Storia

Ogni periodo della Storia segnato dal dolore e dalla repressione vede vincitori e vinti, tutti condannati allo stesso destino: non dimenticare. Ogni periodo della Storia conta, tra chi ne ha fatto parte, un discreto numero di persone che hanno agito senza sapere realmente cosa stessero facendo e perché.

Edito da Fazi Editore nel 2020 L’albero della vergogna di Ramiro Pinilla è una libro sulla Storia, sul valore della memoria, sull’importanza del perdono e del dolore.

Siamo nel a Gexto, nei Paesi Baschi, all’indomani della vittoria di Franco. Il clima che si respira in paese è di puro terrore. I falangisti detengono il potere disseminando paura, uccidendo mariti e figli sotto gli occhi di madri, moglie e sorelle.

Rogelio Cerón è uno di loro, un falangista, insieme ai compagni Pedro Alberto, Luis Ceberio, Eduardo Garcia, Fructuoso e Salvador. Insieme a loro ogni notte si reca in case sconosciute e partecipa attivamente all’omicidio di chi è contro il grido “Viva la Spagna”.

Ogni notte, fino a quella notte. La compagnia di Rogelio decide di uccidere un maestro repubblicano insieme al figlio maggiore davanti agli occhi dell’intera famiglia, tra cui Gabino, figlio minore del maestro, un bambino di circa dieci anni.

Da questo momento la vita di Rogelio cambia radicalmente. A innescare questo mutamento è il più classico degli espedienti narrativi: lo sguardo. Da questo momento in poi la storia cambia insieme al cambiare del protagonista. Rogelio sa che Gabino, a tempo debito, lo ucciderà, pronto a vendicare la terribile sorte toccata al padre e al fratello.

Che cosa mi è successo per credere che questo marmocchio mi ucciderebbe nel corso del tempo? Sono venuto, sì, ma si tratta di compassione, il dolore costringe il poveretto a fare qualcosa per i suoi cari, occuparsi della loro tomba, starle vicino, abbellirla e in un certo senso è logico che chieda l’aiuto di uno dei carnefici. … mi ha scelto. Tutto qui.

Tormentato da questo pensiero e dallo sguardo del bambino, Rogelio decide di recarsi di notte nel luogo in cui l’uomo e il ragazzo sono stati uccisi e lì, ad aspettarlo trova un ramo. Ogni notte Gabino si reca sulla tomba con un annaffiatoio e si prende cura del piccolo ramo di fico per farlo crescere.

Così, con questo rituale e con la forza di uno sguardo pieno di dolore, il bambino legherà Rogelio al suo dolore, a quell’albero e a quella notte che non sarà più in grado di dimenticare. Per trent’anni il falangista si prenderà cura dell’albero nato da quel ramo, lontano da tutti e da tutto, chiuso in un silenzio indecifrabile.

Il personaggio di Rogelio è la personificazione della storia di una nazione. Il dolore, i dubbi, la paura, sono i sentimenti di una Spagna divisa e dilaniata dalla guerra. L’albero, sua volta, è il simbolo del perdono, della rinascita, della forza di una nazione che anche in silenzio prova ad andare avanti, a sopravvivere.

L’albero è memoria. È il segno che ciò che è successo non può e non deve essere cancellato.

Con una scrittura chiara, priva di costrutti troppo complessi, l’autore restituisce al pubblico la memoria di una passato segnato da sofferenze e contraddizioni. Senza prese di posizione, Pinillia si limita a raccontare il dolore della Spagna, un dolore che ha accomunati tutti, falangisti e non.

Immagine nell’articolo: https://tinyurl.com/y6ymo9fn

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