Primo Levi: Miti d’oggi – la lingua come filo rosso tra Storia e quotidianità

Viviamo in una società governata da leggi di consumo, dall’avere senza averne bisogno. Siamo talmente abituati a una quotidianità vestita di confort da aver dimenticato che c’è stato un tempo in cui tutto questo non esisteva. Per fortuna c’è ancora chi ogni tanto ce lo ricorda: quella memoria storica fatta di occhi che hanno visto troppo e bocche che hanno avuto voglia e bisogno di raccontarlo.

Primo Levi: Miti d’oggi di Bruno Osimo, edito da Brioschi Editore, vuole aiutarci a ricordare – o per alcuni a imparare – cos’è stata la realtà prima di come la conosciamo. Indagando le parole e le pagine delle opere di Levi, senza limitarsi a una mera lettura o a una solita analisi dei testi dello scrittore, Osimo indaga le origini di quel troppo che oggi ci circonda e che ai nostri occhi appare così normale.

Come ogni opera, partirei dall’inizio, dalla questione del titolo o meglio dei titoli, quelli che aprono ognuno deibrevi capitoli che compongono il libro. Salta subito agli occhi una sorta di dissonanza, quella tra un libro che ci appare dalla copertina come una sorta di omaggio a Levi e il ricorrente uso di termini in inglese. Eppure, due dei punti centrali delle pagine di Osimo sono proprio questi: non voler essere un libro che parla di Levi e un intento provocatorio ricercato attraverso il ricorso ai termini di una lingua che si fa spazio nella nostra con sempre più prepotenza.

La questione della lingua assume un ruolo centrale. Osimo, infatti, è traduttore prima che scrittore, e come ogni traduttore che si rispetti non si limita a traslare una parola da una lingua all’altra, ma la inserisce in un contesto, ne ricerca le origini, la indaga prima di darle la giusta forma nella lingua di arrivo. In Miti d’oggi questo processo si affianca a quello più complesso di provare a spiegare e riportare il particolarissimo sguardo di Levi “capace di vedere ogni cosa con oggettività e distanza”.

Così i titoli di ogni capitolo diventano delle parole chiave per spiegare quello che andremo a leggere poco dopo, veri e propri veicoli di significati ben radicati nella nostra cultura.

In un testo di appena duecento pagine l’autore riesce a toccare tutte le corde che danno voce al nostro quotidiano. Dall’istruzione, alla politica, dalla questione della scrittura e della lingua a quella tanto discussa dei no vax. Ogni singolo tassello del nostro presente appare intimamente e profondamente connesso al quotidiano (passato) che Levi ha più e più volte descritto nelle sue opere.

Dire che l’opera di Primo è importante (solo) per la Shoah è grossolanamente riduttivo: la sua opera è immensa, ed è fondamentale per la nostra vita quotidiana. La sua grandezza sta nell’aver ricucito tutto quello che ha visto e vissuto, ravvisando tracce di Lager nel suo quotidiano e tracce del suo quotidiano nel Lager.

Come Levi anche Osimo cerca di ravvisare – e di farci riconoscere – tracce del Lager e della Storia nel nostro quotidiano. Se la sua analisi è senza dubbio accurata, e apre le porte a una riflessione sulla società odierna che forse non abbiamo mai immaginato, la descrizione e la critica ad alcuni aspetti di questa appare in certi momenti forse troppo aspra.

Qual è la migliore chiave di lettura per Miti d’oggi? Ce la fornisce l’autore stesso:

La realtà in cui si è trovato a vivere Primo a Monowitz, da una parte, e la nostra, qui ora, presentano sia ampie differenze sia inaspettate analogie e, in virtù di questo, se messe a contatto, generano una formidabile entropia.

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