Pop Corno: Dirty Dancing


Il 28 dicembre 2020 il cinema ha compiuto 125 anni: in quello stesso giorno del 1895, infatti, venivano proiettati pubblicamente i 46 secondi di quello che è considerato il primo film della storia, creato dai fratelli Lumiére. Io, invece, di anni ne ho appena compiuti trenta e ho visto pochissimi film: Pop Corno è il mio pubblico tentativo di fare ammenda.


Sono arrivata a trent’anni e un mese senza mai aver visto Dirty Dancing (1987). Mi ha convinta un video su YouTube in cui si fa riferimento a una guida ai film degli anni Ottanta scritta da Hadley Freeman – premio al titolo più lungo: Life Moves Pretty Fast: The Lessons We Learned From Eighties Movies (And Why We Don’t Learn Them From Movies Any More). Sono cresciuta negli anni Novanta, ho pure provato a fare danza moderna e per uno spettacolo, essendo da sempre alta, mi era stato affibbiato il ruolo di Danny Zuko, la metà maschile di Grease (che ho respinto piangendo, non perché dovessi fare la parte maschile ma perché essere al centro dell’attenzione delle scenette, sola e distinguibile dalle altre anche per il mio abbigliamento, mi aveva causato una crisi). Ho quindi accuratamente evitato Dirty Dancing finché ho potuto, pensando fosse un altro film di/del genere. E invece.

Aborto? Mascolinità tossica VS. un modello maschile soft? Rapporto padre–figlia maturo? Due protagoniste non rivali tra loro? Denaro problematico? Scritto e prodotto da una donna senza grandi sponsor perché volevano che tagliasse la scena dell’aborto ed Eleanor Bergstein ha detto col cavolo ? Jeans a vita alta? Here. I. Come.

Frances Houseman, chiamata da tutti Baby (Jennifer Grey), i suoi genitori e la sorella passeranno l’estate in un villaggio turistico nelle Catskill Mountains, dove si ritrovano molte famiglie bene della borghesia bianca statunitense e dove ogni cosa è orchestrata per intrattenerli e distrarli, dai balli di gruppo alla prova parrucche (giuro), dal golf agli spettacolini canori. L’anziano proprietario ha assoldato i migliori (?) studenti di Harvard, Princeton, Yale e altre università, per tenere compagnia alle figlie (e alle mogli) delle famiglie che alloggeranno, per far passare loro l’estate della vita. È in questo quadretto, in cui il proprietario ricorda ai giovani perché sono lì, che irrompe per la prima volta sulla scena Johnny (Patrick Swayze), uno dei ballerini che lavorano al villaggio – e Baby sta osservando tutto, nascosta. Inizia così a profilarsi il dualismo tra i giovani rampolli e il lavoratore che viene dal nulla, non solo nel comportamento e nell’atteggiamento, ma anche nelle possibilità economiche e nel futuro che li aspetta.

Baby è subito attratta da Johnny: riesce a imbucarsi a una festa in cui ci si scatena nei balli proibiti del titolo, estremamente sensuali ed espliciti, in cui smettono di esistere distanze estetiche, classiste e razziali, in cui si è solo dei corpi desideranti. È qui che per la prima volta Baby rivolge la parola a Johnny – «Ho portato un cocomero» – e balla con lui, in un’improvvisazione liberatoria che non aveva mai sperimentato prima.
La ballerina con cui fa coppia fissa Johnny è Penny Johnson, il cui cognome (letteralmente “figlio di John”) gioca un ruolo fondamentale nei fraintendimenti che seguiranno. I due non sono in una relazione sessuale o sentimentale, ma sono uniti più da un rapporto quasi di sangue, costituito dal destino che li accomuna e li ha fatti trovare, che riescono a navigare e (maldestramente) dirigere proprio grazie al ballo.

Penny, però, è incinta: la stagione potrebbe essere rovinata e, soprattutto, l’esibizione più importante dell’estate che la coppia dovrà tenere in un resort vicino. A metterla incinta è stato Robbie, un cameriere sprezzante che ora ronza attorno a Lisa, la sorella di Baby. Per aiutare Penny (nemmeno per un attimo prova a farle cambiare idea, ma abbraccia i suoi bisogni e le sue decisioni in prima persona), Baby chiede al padre i soldi necessari per una procedura illegale di aborto e decide di affiancare Johnny nel duetto che la coppia stava preparando: è così che i due si avvicinano, in quelle che all’inizio sono composte lezioni di ballo, rigide e regolari, e piano piano diventano movimenti gioiosi, positivi e determinati.

La colonna sonora di Dirty Dancing: da ascoltare sempre e per sempre.

Corpi giovani e felici, quello di Johnny che impara la morbidezza e quello di Baby che impara a farsi trasportare, ma anche l’incontro tra due mondi paralleli, senza possibilità di comunicazione in un contesto sociale, che si trovano pelle contro pelle in una stanza, in un prato, in un lago.

L’esibizione è un successo, anche se Baby non se la sente di eseguire il salto che tanto hanno provato: tornati al villaggio turistico, però, scoprono le condizioni gravi di Penny dopo l’aborto, eseguito maldestramente e senza precauzioni. Baby non esita un attimo e corre a svegliare il padre, medico, per farlo intervenire, pur sapendo che disapproverà in tutto e per tutto quello che sta accadendo. Penny è salva, ma il dottor Houseman accusa Johnny di essere il responsabile e intima alla figlia di non frequentare più gente del genere.

Proprio ora che non hanno più motivo per vedersi, dato che l’obiettivo della sostituzione di Penny in scena è stato raggiunto, Baby e Johnny capiscono di volersi vedere, toccare, sentire: iniziano a frequentarsi di nascosto, scoprendo sempre di più l’uno dell’altra – anche del fatto che Baby si chiama Frances, come la prima donna a occupare una posizione prestigiosa nel governo statunitense e la prima donna al mondo a essere Segretariə del Lavoro, Frances Perkins.

Una delle ricche donne che albergano nel resort, respinta da Johnny, decide di accusarlo del furto del portafogli del marito, anche se i responsabili, come intuirà presto Baby, sono degli altri ospiti; Johnny viene comunque fatto allontanare, perché Baby dichiara di essere il suo alibi e ammette così di avere passato la notte con lui.

L’estate corre verso la fine, così come la permanenza degli ospiti, alcuni coinvolti nella preparazione dello spettacolo finale, solitamente chiuso da un’esibizione di Johnny. Che irrompe durante la serata, giacca di pelle e capelli perfetti, si dirige verso il tavolo degli Houseman (questo cognome, per me, volutamernte in contrasto con quello di Johnny: Castle) e recita la frase più celebre del film (e nella top 100 di quelle più famose della storia del cinema): «Nessuno mette Baby in un angolo // Nobody puts Baby in a corner», la prende per mano e la conduce sul palco, per esibirsi ancora una volta insieme, questa volta con tanto di salto. Il ballo è così coinvolgente che tuttə prendono parte, ballerinə e ospitə, camerierə e proprietariə, anzianə e ragazzinə, rispecchiando la scena del ballo proibito iniziale, questa volta sotto gli occhi di tuttə e con la loro gioiosa e spensierata partecipazione.

Tutto è bene quel che finisce bene: il padre di Baby scopre anche che è stato Robbie a mettere incinta Penny e a non prendersi le sue responsabilità, così gli toglie di mano l’assegno per la scuola di medicina che gli aveva donato e porge le sue scuse a Johnny, guardando anche ammirato Baby per la performance.

Nonostante la famiglia di Baby sembri perfetta e aspirazionale, soprattutto se comparata alle altre in villeggiatura, più di una volta viene messa in luce l’ipocrisia che la sostiene, le sottili finzioni e belle apparenze che le servono per esistere. Questa vacanza è una liberazione per Baby, non solo come rito di passaggio ma anche come presa di coscienza di essere sguardo e individuo desiderante: la sua intelligenza e la sua determinazione, armi e qualità di cui Baby sa di essere detentrice, non sono mai messe in discussione, ma vengono portate in una prospettiva pratica, non sognante e appunto aspirazionale ma concreta e a volte senza l’happy ending che una famiglia e il denaro borghese possono garantire.

Il film è uscito alla fine degli anni Ottanta ma è ambientato all’inizio degli anni Sessanta, e guardarlo negli anni Venti del Duemila amplifica ulteriormente il senso di nostalgia già insito in Dirty Dancing e che mi ha assolutamente conquistata, assieme alla rappresentazione radicale di tanti temi difficili da portare sul grande schermo, una comunione difficile se non impossibile da attuare e che Dirty Dancing esegue alla perfezione – e con gioia, soprattutto, proprio come il ballo finale di Johnny e Frances.

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