TRASH di Martino Costa

TRASH di Martino Costa per pessime idee edizioni è stato finalista della XXXIII edizione del Premio Calvino per inediti. Il libro ha un’ascendenza allegorica sullo stile proprio di Calvino. Sullo sfondo di una lotta sindacale, nella città immaginaria di O. (in un punto indefinito del Veneto) gradualmente sommersa dai rifiuti, si staglia un intreccio di storie. La dignità del lavoro, l’opacità del potere, la via breve e distruttiva del crimine, l’immigrazione, la lotta quotidiana per la sopravvivenza e l’amore, nelle sue mille sfaccettature, sono i temi che si rincorrono in questo romanzo corale, che prende vita nella periferia tra colline di vigneti, complessi industriali e cantieri in perenne espansione. E questo romanzo non finisce bene.

Il titolo, TRASH, è un gioco di parole polivalente e metaforico: la spazzatura è duplice. Quella concreta e materiale, che ammorba strade, persone, case e che cresce senza sosta con il perdurare dello sciopero degli addetti alla raccolta rifiuti, protagonisti principali di questa storia. Poi quella metaforica: la spazzatura umana, formata dagli emarginati della società, prostitute, extracomunitari, ex tossici, quell’umanità messa ai margini e riversata come merce di scarto nei quartieri dormitorio delle periferie del mondo. Nessun ascensore sociale per loro, che sono destinati a restare perennemente degli scarti, che subiscono un arretramento dei loro diritti. Sullo sfondo i sindacati e una sinistra sconfitta che non riesce più a comunicare con le contraddizioni dei nostri tempi.

I rifugiati sono stranieri ed emarginalizzati più volte. Il romanzo è sull’alterità e sulla precarietà prodotte dal nostro sistema contemporaneo. Sergio Maestrale, dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili in Belgio dove la sua famiglia era emigrata, gli anni bui dell’eroina e della galera, ha un impiego sicuro nella raccolta rifiuti. Vive non riuscendo a far pace con la propria vita, sentendo un disgusto che lo accompagnava sempre e un’irresustibile e continua sensazione di stare sprofondando.
È anche molto attivo nel sindacato insieme al suo amico Raúl, un immigrato colombiano dedito al bere ma legato irrefrenabilmente agli ideali rivoluzionari e di contestazione. Il mondo del sindacato gli era sembrato una meraviglia dopo la droga. Aveva sete di giustizia sociale.

La tuta giallo sporco, i guanti da lavoro e gli stivali spessi con la suola di gomma dura e zigrinata lo aspettavano nell’armadietto.

«Senti, Raúl, fai in fretta, che ci aspettano da cinque minuti. Il Tuma ha già acceso i motori».

«E dove vuoi che vada senz adi noi? El hijo de puta è un crumiro? Que lo dice al padrone? Que fa la spia o cossa?»

«”Cosa”, Raúl. Si dice “cosa”, con una esse».

Per tutta risposta il colombiano chiuse l’armadietto con un calcio, per assicurarsi che l’anta si fosse incastrata bene, lasciando l’ennesimo graffio sul metallo arrugginito.

«Questo spogliatoio puzza sempre di più. Peggio del camion. Che cazzo, Maestrale, aqui no es solamente cuestión de plata. Claro, no? Io qui ci porterei quel garrimba del sindaco. Ci trasferirei il suo bell’ufficio. Ma tu gliele dici le condizioni che ci tocca lavorare? Al mio paese stiamo facendo la rivoluzione da trent’anni, mica siamo dei maricones come voi. Lì prendiamo le armi in mano…»

Martino Costa, TRASH, pag. 21

La condizione di vulnerabilità è una caratteristica di questa storia, i contorni delle storie diventano sempre meno netti. Tutto si confonde e anche il dolore, non sai più dove finisce il nostro e comincia quello degli altri. Il romanzo offre diversi livelli di lettura, con vari punti di vista e di interpretazione dei diversi personaggi, accomunati dallo spaseamento esistenziale e da quel desiderio di autodeterminazione così difficile da ottenere in luoghi dove si è stati spinti a forza.

«Erano tutti immigrati. Prima, seconda generazione. Non cambiava nulla: si rimaneva immigrati fin tanto che si restava nella stessa classe sociale. Senza quel salto, impossibile come vincere alla lotteria, non ci sarebbe stato accesso al corpo vivo della nazione. Nemmeno cittadini di serie B si potevano definire. Materiale da sociologia, piuttosto, da studi accademici, da assistenza sociale. Una pratica da gestire, insieme al degrado e all’insicurezza che regnava sovrana nelle periferie. Dei padri ereditavano la miseria e lo stigma, non la nazionalità né tantomeno la lingua.»

Martino Costa, TRASH, pag. 31

Martino Costa

L’autore, Martino Costa, si è laureato in Filosofia, proprio come me, e nel 2018 ha pubblicato il suo primo romanzo con Bietti Edizioni Omar, la storia di un giovane pastore giordano in fuga dalle tradizioni di un Islam che non comprende verso una terra lontana chiamata Europa. Costa si è specializzato in antropologia culturale applicata e dopo un diploma di master in gestione di progetti di sviluppo – che ho avuto voglia di fare anche io a un certo punto della mia vita -, dal 2003 lavora come operatore umanitario in diversi paesi e in altrettanti teatri di guerra del mondo, attualmente vive ad Amman dove lavora per l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. 

Il TRASH, la spazzatura, lo scarto sociale ci riguarda tutti. Attraverso la coralità dei personaggi di questa storia vengono ricordate al lettore molte domande: esiste la possibilità di salvezza anche contro gli assalti della vita? Esiste ancora la speranza o la salvezza contro la disperazione del mondo? 

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