Ambiente, mobilità umana e strategie di adattamento a Saint-Louis, Senegal- Intervista a Loïc Brüning dell’Università di Neuchâtel

Sempre più ricerche si concentrano sulla relazione tra cambiamenti climatici, ambientali e mobilità umana. Spesso, tuttavia, si parla senza avere una visione olistica di un fenomeno estremamente complesso. Pur trattandosi di una strategia di adattamento ambientale millenaria, la migrazione trae origine da un insieme di cause, non solo legate ai cambiamenti climatici. Con quest’intervista proviamo a sfatare qualche mito, costruendo alcune basi per una riflessione più consapevole. Loïc Brüning, che ringrazio molto per aver accettato l’intervista, è un giovane dottorando dell’Istituto di Geografia presso l’Università di Neuchâtel. Il suo progetto è legato allo studio degli impatti della migrazione sulle capacità di adattamento delle comunità costiere in Senegal in un contesto di innalzamento del livello dei mari, di erosione e di salinizzazione dei suoli. Tutti effetti del riscaldamento globale in atto che si legano a una crescente antropizzazione del territorio, creando enormi disagi per la popolazione locale.

Ciao Loïc, ti ringrazio molto per aver accettato l’intervista e averci parlato del  tuo progetto. Nei tuoi studi ti occupi di Africa, il continente più vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici. A tal proposito, quali sono le manifestazioni più evidenti delle alterazioni climatiche in Africa occidentale, cioè nell’area oggetto della tua ricerca di dottorato?
Come in altre parti del mondo, anche in Africa occidentale sicuramente tutta una serie di problemi legati alla desertificazione in conseguenza di una progressiva riduzione delle precipitazioni. Sappiamo, infatti, che in Africa vi è una stagione delle piogge e una stagione secca ma se prendiamo come riferimento la scorsa estate in Senegal, da giugno a settembre ha piovuto una sola volta. E non si tratta di un singolo episodio bensì di una tendenza generale, evidentemente dovuta all’aumento di temperature a livello globale. Inoltre, spostandoci più sulla costa, non è raro imbattersi in fenomeni di erosione in buona parte dovuti all’aumento del livello dei mari ma senz’altro imputabili anche all’azione antropica che ha impattato negativamente sulla naturale conformazione del territorio attraverso la costruzione di dighe e di porti. In generale, in Africa occidentale come in tutta l’Africa subsahariana, si assiste a un vero e proprio boom di urbanizzazione, con sempre più persone che si spostano dalle campagne verso le città. Questo fa sì che vi sia un crescente bisogno di infrastrutture ed alloggi, tanto che parecchi si recano direttamente sulla costa a prelevare la sabbia da utilizzare per la costruzione delle loro dimore. Una pratica che la maggior parte dei Paesi ha ormai vietato ma che continua a verificarsi. A livello politico, la volontà di affrontare la sfida climatica è forte ma a mancare, spesso, sono i mezzi specialmente quelli finanziari.

Ph. Loïc Brüning

Il tuo progetto di ricerca si concentra in particolare su uno Stato africano, il Senegal e su un caso di studio specifico che si lega alla città costiera di Saint Louis. Cosa è successo in questi scorsi anni in relazione agli impatti dei cambiamenti climatici e al degrado ambientale nella regione e nel contesto urbano di Saint Louis?
Si, in particolare mi occupo della situazione nel comune di Gandiol, poco più a sud di Saint-Louis e non lontano dalla foce del fiume Senegal. Qui vi sono una ventina di villaggi e circa trenta mila persone, ma è difficile arrivare al numero esatto perché mancano i registri ufficiali. In generale, Saint Louis è particolarmente esposta all’innalzamento del livello dei mari e a fenomeni di erosione costiera. Questo perché la città è una città anfibia, interamente costruita sulle acque del fiume Senegal al tempo della colonizzazione. Saint-Louis è separata dall’Oceano Atlantico solo da una lingua di sabbia, la Langue de Barbarie. Questa, tuttavia, è fortemente antropizzata e non riesce a svolgere più una funzione protettiva: l’Oceano la sta letteralmente mangiando a poco a poco. Alcuni sbarramenti sono già stati realizzati ma non hanno retto alla forza del mare e un migliaio di persone sono state obbligate a spostarsi a qualche chilometro dalla città, costrette a vivere in tendopoli in condizioni quasi disumane. Si tratta di persone già molto povere che vivevano principalmente di pesca. Tuttavia, allontanandole dal mare, gli sono stati praticamente tolti i tradizionali mezzi di sussistenza, aumentando il livello di vulnerabilità e precarietà. Inoltre, c’è anche un enorme progetto della Banca Mondiale che punta a spostare le trenta mila persone dalla Langue de Barbarie verso l’interno. Ovviamente, in tutto ciò, la città e la popolazione non hanno voce in capitolo.

E qual è la situazione nel comune di Gandiol?
Qui è un po’ diverso, poiché i problemi di erosione sono stati causati principalmente dall’azione umana. Nel 2003 ci sono state delle enormi e ripetute inondazioni nel territorio urbano di Saint-Louis e per evitare che la città finisse sott’acqua, le autorità hanno deciso di costruire un canale di scolo tagliando in due la Langue de Barbarie senza però pensare alle conseguenze di questo gesto sull’ambiente. Nel 2003 il canale aveva un’ampiezza di 4 metri, ora la larghezza è di 7 chilometri: il corso del fiume è stato totalmente modificato e corre dritto verso l’Atlantico. Quindi tutti quei villaggi protetti proprio dalla Langue de Barbarie si sono ritrovati di fronte al mare. Alcuni sono già stati spazzati via, altri più a sud sono fortemente minacciati, soprattutto durante le grandi maree. Ciò che sta diventando problematico, inoltre, è soprattutto il fenomeno della salinizzazione dei suoli e delle falde acquifere. Prima Gandiol era un comune autosufficiente, dove le persone potevano tranquillamente coltivare frutta e verdura durante tutto l’anno, vendere ciò che rimaneva e vivere di pesca. Ora ci sono sempre meno pesci a causa della distruzione dell’habitat costiero e del sovrasfruttamento ittico e la terra è talmente salata che anche le palme da cocco muoiono. Ora si coltivano solo cipolle!

Ph. Loïc Brüning

Qual è stata la risposta sociale a questa enorme perdita di mezzi di sussistenza?
È proprio a questo punto che entra in gioco la migrazione. Negli ultimi anni i flussi migratori sono decisamente aumentati, soprattutto da parte degli uomini. Non c’è una sola famiglia che non abbia qualcuno partito alla ricerca di qualche altro mezzo di sostentamento per sé e per i propri cari. La decisione, spesso, è presa proprio a livello familiare. Tutti quelli che partono, infatti, fanno il possibile per inviare denaro alla propria famiglia ogni mese, tentando di colmare il vuoto lasciato dalla radicale trasformazione ambientale di cui parlavamo prima. Ci sono alcuni che provano ad arrivare in Europa, ma la maggior parte si sposta all’interno del Senegal tra i maggior centri urbani. I pescatori, in particolare, si spostano più verso sud rimanendo sulla costa mentre gli altri vanno soprattutto verso Dakar, Thiès, Louga e le altre grandi città del Paese. Nella mia ricerca mi occupo proprio degli impatti che le rimesse hanno sulle strategie di adattamento delle comunità di origine e di destinazione, oltre che degli stessi migranti. Se da un lato abbiamo molti studi sull’impatto delle rimesse internazionali, c’è ancora poco sul ruolo che giocano le rimesse interne, nonostante la maggior parte delle migrazioni siano in realtà interne allo Stato, come dicevamo. A Gandiol, per esempio, l’impatto delle rimesse interne è enorme e permette di diversificare le entrate, agendo per esempio sullo sviluppo delle tecniche agricole necessarie per adattarsi alla salinizzazione.

Prima avevi accennato al fatto che circa un migliaio di persone sono state costrette a spostarsi dalla costa verso l’interno a causa dell’erosione costiera. Che tipo di effetti ha provocato questo spostamento forzato?
Si tratta di persone le cui case sono state distrutte dalla forza del mare e che temporaneamente sono state ospitate in alcune strutture scolastiche della zona. Tuttavia, dopo qualche tempo, anche questi edifici sono risultati non più idonei ad accogliere gente per cui lo spostamento è stato inevitabile. Le autorità sono arrivate e hanno spostato circa mille persone per questioni di sicurezza, poiché la maggior parte degli edifici era davvero in pessimo stato. Ora vivono circa una trentina di persone in ogni tenda, più o meno due o tre famiglie insieme, devono pagare l’acqua potabile e si ritrovano a mezz’ora di auto dal mare, il che è particolarmente destabilizzante per una comunità di pescatori. In più, ogni volta che piove, si allaga tutto! Anche per i bambini la situazione non è affatto migliore. I genitori, infatti, non hanno i soldi per pagare un autobus che li porti a scuola ogni giorno, per cui le loro possibilità di scolarizzazione si sono notevolmente ridotte. E nonostante la situazione sia temporanea, è più di un anno che un migliaio di persone vive in queste condizioni. Nessuno ha ascoltato le loro richieste, il che a mio avviso è l’aspetto più importante per la riuscita di progetti di questo tipo.

Più in generale, in Senegal e in Africa occidentale, qual è il peso della mobilità umana?
La migrazione è radicata nella cultura dell’Africa occidentale, è una componente fondamentale in questa regione. Le persone sono sempre state mobili, pensiamo ad esempio ai gruppi pastorali. Anche per questo motivo è stata creata la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO in francese), una sorta di piccola Unione Europea che permette la libera circolazione delle persone all’interno degli Stati membri, pensata specialmente per i gruppi pastorali nomadi e in risposta alla deliberata creazione di frontiere da parte dei governi coloniali.

Ph. Loïc Brüning

Ma spostarsi diventa sempre più difficile, non è così?
Sì, c’è sempre una maggiore difficoltà nel partire. Per esempio ora la Mauritania e il Marocco hanno rafforzato i loro controlli e bloccano continuamente le piroghe senegalesi. Anche i flussi che passano per il Sahara e per la Libia sono sempre più ostacolati e i viaggi si trasformano in tragedie umane. Nonostante questo, comunque, gli spostamenti ci sono e continueranno ad esserci. Così come la volontà di lottare per il luogo in cui si vive e, soprattutto, di resistere.

Grazie ancora per la chiacchierata e buon proseguimento con il tuo progetto!

Qui potete trovare l’articolo scientifico di Loïc recentemente pubblicato.

Photocredit: www.saintlouisdusenegal.com, www.google.com/maps

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.