Il nuovo romanzo

di Antonella Lattanzi

 

Vivevo in un salotto buio, al terzo piano, nel cuore di Roma, pensavo che non ce l’avrei mai fatta. Stavo scrivendo il mio terzo romanzo.

Ne hai scritti altri due, mi dicevo, perché questo non dovresti riuscire a finirlo? Forza.

Perché non dovrei riuscire?, mi rispondevo. Perché ogni romanzo è un primo romanzo. Perché non c’è una formula che s’impari una volta per tutte. Perché ogni volta un romanzo ti chiede tutto. E se io questo tutto non ce l’avessi, o non ce l’avessi più?

Forza, mi dicevo, forza. Non è una cosa bellissima, per te, scrivere?

Lo è. Ma non so se questa volta ci riesco.

Dici sempre così. Vai avanti.

Ma è buio qui dentro. È umido. Sono sempre sola. Non c’è un rumore, c’è troppo silenzio. Si sentono solo le urla dei gabbiani. Tutto il giorno, tutti i giorni, io e i gabbiani. Mi faranno impazzire. Non ce la farò mai.

Forza.

Forza, mi dissi. E fissai il computer. E pensai: ma questi gabbiani, che mi stanno facendo impazzire, che urlano tutto il giorno, che sono sporchi e sbranano la spazzatura abbandonata sotto casa mia, io come li vinco?

Forse strappandoli alla realtà e mettendoli in questo romanzo. Trasformandoli.

E così, il mio romanzo fu invaso dai gabbiani. E man mano che li trasformavo in finzione – sbattevano contro le finestre, si litigavano un cadavere, apparivano e scomparivano in squarci davanti ai personaggi – man mano che trasformavo il simbolo della mia solitudine in scrittura, io rinascevo.

E nasceva il romanzo con me.

La scrittura non è una cosa semplice, non è una cosa data una volta per tutte, ma è una bellissima, potentissima sfida di te con te stesso. Un viaggio incredibile che, una volta intrapreso, ti spalanca un mare infinito di orizzonti.

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