“Surrealist Lee Miller”

Si è dato avvio alla prima mostra italiana dedicata ad una delle fotografe più importanti del Novecento: Lee Miller (1907-1977). L’esposizione si trova a Palazzo Pallavicini a Bologna fino al 9 giugno 2019 organizzata in collaborazione con ONO arte contemporanea. 101 fotografie appartenenti alla ©Lee Miller Archives England. Lee Miller è una delle figure più affascinanti e misteriose del Novecento in perenne ricerca di se stessa e delle infinite occasioni che l’esistenza poteva offrirle. Originaria di Poughkeepsie, nello stato di New York, lavorò come modella per fotografi del calibro di Edward Steichen e Arnold Genthe, fu corrispondente di guerra e poi fotografa empatica di una bravura incredibile.

“Solarised Portrait (thought to be Meret Oppeheim)”, 1932, © Lee Miller Archives England 2018. All Rights Reserved

All’età di 7 anni viene violentata da un amico di famiglia: questo evento traumatico generò un profondo turbamento psicologico. La sua famiglia l’accontentò in ogni sua richiesta, anche sfrontatezza. Dopo l’ennesima espulsione dal liceo, il padre la mandò a Parigi dove si iscrisse a una scuola di teatro per poi abbandonarla per vivere da bohémien. Il padre preoccupato la fa tornare a New York dove si iscrisse alla Art Students League. Le accadrà però un avvenimento che cambierà tutto. Nel 1927 quando sta per attraversare una strada, rischia di essere investita. La salva Condé Nast, proprietario delle riviste Vogue e Vanity Fair, che colpito dalla Lee, la rende protagonista di una copertina su Vogue. Seguirono innumerevoli servizi fotografici che la aprirono alla mondanità newyorchese.

“Nude bent forward”, 1930, © Lee Miller Archives England 2018. All Rights Reserved

All’età di 20 anni dopo essere tornata a Parigi, colpita dalle immagini di Man Ray, uno dei più importanti fotografi surrealisti, riesce ad incontrarlo a Parigi, diventando modella, musa e collaboratrice. Svilupperà con lui la tecnica della solarizzazione. Diventerà amica di Picasso, Ernst, Cocteau, Mirò e molti altri, apre a Parigi il suo primo studio come ritrattista e fotografa di moda, anche se il nucleo più importante di opere in questo periodo è certamente rappresentato dalle immagini surrealiste: le celebri “Nude bent forward”, “Condom” e “Tanja Ramm under a bell jar”, tutte opere presenti in mostra lungo un percorso artistico tecnicamente maturo e concettualmente sofisticato.

“Portrait of Space”, 1937, © Lee Miller Archives England 2018. All Rights Reserved

Decide in un secondo momento di tornare a New York per aprire il proprio studio fotografico. A causa del crollo di Wall Street di qualche anno prima, fa fatica a decollare. Ottiene commissioni per pubblicità, approda più avanti alla ritrattistica. L’estrema perfezione artistica, la raffinatezza stilistica, i diversi livelli di lettura celati nelle immagini e l’attenzione data al contesto la fanno diventare interprete di sentimenti ed esigenze del tempo. Con il tempo Lee perde interesse verso la vita newyorchese, si sposa con l’egiziano Aziz Eloui Bey, chiude lo studio fotografico, e intraprende un nuovo viaggio in Egitto nel 1937. Fa lunghi viaggi nel deserto dove fotografa villaggi e rovine. Questi l’avvicinano alla fotografia di reportage, un genere che porta avanti anche negli anni successivi e in cui riporta la sua esperienza con Man Ray e con i Surrelisti creando bizzarre e creative composizioni di forme.

“Fire masks”, 1941, © Lee Miller Archives England 2018. All Rights Reserved

Tempo un paio di anni, in cui conosce il pittore surrealista e curatore d’arte britannico Roland Penrose, Lee scappa nuovamente da una delle sue vite con lui per l’Europa. A Londra lavora per Vogue, per lavori commerciali mentre la città è bombardata. Fa richiesta di accreditamento alle forze armate americane come corrispondente di guerra. I suoi primi servizi furono dedicate alle protagoniste silenziose della guerra, le donne e al loro ruolo in guerra, per poi passare alle macerie di Londra, inizia anche a scrivere. Qualche settimana dopo il D-Day, va in Normandia per documentare il lavoro delle infermiere degli ospedali. Si imbarca persino con la US Navy. Assiste al giorno della Liberazione a Parigi, va in Germania un paio di volte: fu la prima donna fotografa a documentare la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald. Senza parole, di fronte a tale orrore voleva raccontare la verità.

“Lee Miller in Hitler’s bath”, 1945, © Lee Miller Archives England 2018. All Rights Reserved

Seguì gli Alleati durante la scoperta degli appartamenti di Hitler dove venne scattata la serie di foto “Lee nella vasca da bagno del Führer”, raramente esposte anche a livello internazionale e mai diffuse a mezzo stampa per l’uso improprio fattone negli anni da gruppi neonazisti.

Dopo la guerra Lee Miller ha continuato a collaborare con Vogue per altri due anni, ritirandosi poi lentamente dalla scena artistica rimanendo amaramente disillusa. La pace non aveva portato all’emergere degli alti ideali umani per cui quella guerra era stata combattuta. Il mondo era ancora inesorabilmente corrotto e forse nessuno può salvarsi da solo.

Lee’s Surrealist Eye was always present. Unexpectedly, among the reportage, the mud, the bullets, we find photographs where the unreality of war assumes an almost lyrical beauty. On reflection I realise that the only meaaningful training of a war correspondent is to first be a Surrealist – then nothing in life is too unusual.

– Anthony Penrose, “The legendary Lee Miller” (1998)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.