Assecondate la vostra curiosità

“Dobbiamo rischiare la meraviglia, 

dobbiamo avere l’ostinazione

di accettare la nostra contentezza nella spietata

fornace di questo mondo”

– Jack Gilbert, Refusing Heaven

Ci sono momenti in cui si è in cerca di ispirazione e cambiamento, a volte forzato, a volte voluto, ed è in questi casi che ci spinge qualcosa di nuovo, che ci meravigli ancora. Credo che la curiosità si potrebbe definire come la tensione più fertile che l’umanità possa generare. Deriva etimologicamente dalla parola latina curiosĭtas ed è come una forza, una spinta a imparare e forse a volte reimparare. Nell’universo dell’umanità prende il nome da una cura, da una sollecitudine, da un progetto che nasce da un presente senso della vita o di una vita vissuta coltivando un orizzonte, un senso futuro. Una vita vissuta sulla spinta della curiosità è una  «vita creativa». Questa può materializzarsi come fervida fantasia, come atto di libertà, come stravaganza o come estro o come spontaneità o come forma mentis.

“Non vedo, ma sogno”

– Andrea Camilleri

La curiosità è l’attitudine a realizzare che dietro all’esperienza sta una saggezza serena e il calore della conoscenza, presidiando il senso della crescita e del cambiamento, e in lei stanno i significati del “Un’occhiata ai libri, due alla vita” di Goethe.

“E se anche i percorsi e i risultati variano da persona a persona, credetemi: una vita creativa è una vita amplificata. Più grande, più felice, espansa, e molto, molto più interessante. Vivere così – portando alla luce costantemente e con caparbietà i gioielli nascosti dentro ognuno – è un’arte raffinata di per sé. Perché la vita creativa è dove risiede la Grande Magia.” 

– Elizabeth Gilbert, Big Magic

Per Elizabeth Gilbert – sì l’autrice di Mangia, Prega, Ama – non dobbiamo far vincere la paura. Ma ogni giorno, con perseveranza, semplicità e assoluta leggerezza, dobbiamo rimboccarci le maniche e rinnovare il nostro sogno, non importa quale sia. La creatività è fatta per i coraggiosi, ma non per gli impavidi, perché la verità è che la paura serve, per ovvie ragioni di sopravvivenza. Cammineremmo in mezzo al traffico o sposeremmo un tizio o una tizia che al primo appuntamento dice cose tipo: «Non credo che l’uomo sia programmato per essere monogamo».

“Nel luogo da cui viene l’ispirazione non esistono tempo e spazio, non c’è competizione né ego, non ci sono limiti. C’è solamente la fermezza dell’idea, che si rifiuta di smettere di cercare finché non trova un socio altrettanto determinato (o più di uno, come abbiamo visto). Lavorate con quella fermezza. Lavorateci apertamente, francamente, fiduciosamente e diligentemente. Lavorate con tutto il cuore, perché – ve lo prometto – se lo farete giorno dopo giorno, una mattina qualsiasi potreste essere così fortunati da esplodere in una fioritura.”

– Elizabeth Gilbert, Big Magic

Il poeta David Whyte definisce il sentirsi in diritto di creare «l’arroganza del senso di appartenenza» e ritiene che sia un privilegio assolutamente vitale, da coltivare se si vuole interagire più vivacemente con la vita. Non ci spingeremmo mai oltre il soffocante isolamento in cui vi rinchiude ciò che vi dà sicurezza, verso i confini del meraviglioso e dell’inaspettato. L’arroganza del senso di appartenenza non ha niente a che vedere con l’egotismo o l’autoreferenzialità, anzi ha a che vedere con l’autenticità.

Per l’autore e blogger Mark Manson qualsiasi occupazione, per quanto meravigliosa, eccitante e affascinante possa apparire all’inizio, prevede la sua parte negativa, degli effetti collaterali. Bisogna solo capire con che tipo di questi effetti collaterali si vuole a che fare. La questione non è tanto cosa ci appassiona, quanto piuttosto cosa ci appassiona abbastanza da farci sopportare gli aspetti più sgradevoli del lavoro. Per grandissima parte della storia umana, le persone hanno fatto arte nei momenti rubati, in scampoli di tempo presi a prestito. Mi capita a volte di pensare a Franz Kafka, che una volta completati i suoi studi ottenne un lavoro in una compagnia di assicurazioni e iniziò a scrivere racconti nel suo tempo libero, lamentandosi sempre del poco tempo a disposizione per dedicarsi a quella che considerava la sua vera vocazione creativa. Bisogna avere coraggio, nessuna persona a questo mondo non ha quasi mai abbastanza tempo, né sufficienti risorse, né supporto, né mecenati o riconoscimenti. Eppure le persone continuano a creare senza lamentarsi perché ci tengono.

“Quello che voglio dire è questo: se avete deciso di vivere la vostra vita basandola sulle illusioni (cosa che facciamo tutti), perché non selezionare un’illusione utile?
Permettetemi di suggerire questa: Il lavoro vuole essere realizzato e vuole essere realizzato attraverso di voi.”

– Elizabeth Gilbert, Big Magic

Penso che l’emblema della curiosità tutta all’italiana, almeno principalmente, sia stato Leonardo da Vinci. Nessuno come lui ha saputo eccellere in discipline tanto differenti fra loro come la pittura, l’anatomia, l’architettura, la fisica, le scienze naturali, l’ingegneria idraulica, l’ingegneria meccanica, la robotica, la cartografia, il design, la prosa e l’elenco potrebbe continuare. Con la sua curiosità insaziabile, Leonardo da Vinci rappresenta il modello più elevato di genio rinascimentale, ne incorpora pienamente lo spirito, ne rappresenta il successo in termini di originalità ed efficacia delle sue manifestazioni multidisciplinari. Elizabeth Gilbert però pensa che l’essere considerati geni, nonché gli encomi e lo status spesso associati a questa definizione, hanno innalzato i creativi al pari di una casta sacerdotale – se non addirittura al grado di divinità minori -, il che sembra un po’ troppo stressante per dei poveri mortali, pur sempre talentuosi. Ed ecco che l’artista comincia a mostrare cedimenti, a impazzire e crollare sotto il carico e la stravaganza dei propri doni.

Tutti noi abbiamo bisogno di un ego, così anche come della paura. È così che affermiamo la nostra individualità: l’ego è ciò che ci rende le persone che siamo. Ma non possiamo che ci conduca l’ego nella nostra vita.  La Gilbert scrive che «Il vostro ego è un gran servo, ma un pessimo padrone, perché l’unica cosa che desidera è ottenere riconoscimenti, riconoscimenti e ancora riconoscimenti. E siccome non bastano mai, la delusione è dietro l’angolo. Se non ve ne occuperete, questa delusione vi corroderà da dentro». È l’anima che è una guida molto più generosa e affascinante di quanto l’ego sarà mai, perché desidera solo una cosa: la meraviglia.

“La creatività è sacra, e non lo è. Quello che facciamo ha un’importanza enorme, e non ne ha.
Sgobbiamo da soli, e siamo costantemente accompagnati dagli spiriti.
Siamo terrorizzati, e siamo coraggiosi.
L’arte è una faccenda devastante e un meraviglioso privilegio.
Solo quando siamo veramente giocosi la divinità può cominciare a far sul serio con noi.
Date spazio a tutti questi paradossi affinché possano essere ugualmente veri nella vostra anima e vi prometto che sarete in grado di fare qualsiasi cosa.
Quindi ora calma, e tornate al lavoro, d’accordo?
I tesori nascosti dentro di voi sperano che diciate sì.”

– Elizabeth Gilbert, Big Magic

L’arte è totalmente priva di senso, ma è allo stesso tempo e paradossalmente carica di un significato profondo. Abbiate fiducia in ciò che immaginerete, in ciò che vi meraviglierà ancora. Non è mai troppo tardi.

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