Casa di Montalbano

Intuire l’eternità: “Riccardino”, l’ultima indagine di Montalbano

«A 90 anni, diventato cieco, mi è venuta una curiosità immensa di capire, no, di capire no – è un verbo sbagliato – di intuire cosa sia l’eternità, quella eternità che ormai sento così vicina a me».

(Andrea Camilleri, Conversazione su Tiresia)

Conversazione Tiresia Camilleri

A svegliare Salvo Montalbano, all’inizio di questa storia, non è il solito incubo premonitore, ma la telefonata di un certo Riccardino, che nel giro di poche pagine finisce stinnicchiato al suolo con due colpi di pistola in faccia. Il commissario è appena riuscito a prendere sonno, ma lo squillo del telefono guasta i suoi piani: è questa, in effetti, una storia di interferenze, di conflitti e manipolazioni, o per citare Pirandello, di “vita” e di “forma”. La “vita” è il flusso di eventi nei quali è immerso il protagonista, che si prende il tempo necessario per liquidare l’inchiesta stracatafuttennosene del ritmo della parola scritta; la “forma” è quella che cerca di imprimere al racconto Camilleri stesso («l’Autore»), che scende in campo in prima persona per ricordare a Montalbano qual è il suo posto: «Madonna, Salvo, siamo ancora a questo punto? […] Questa storia di Riccardino io la sto scrivendo mentre tu la stai vivendo, tutto qua».

Riccardino Camilleri

Diciamolo subito: Riccardino non è la solita indagine di Montalbano, ma non è neppure un romanzo che si può approcciare senza un briciolo di backstory. Non è un giallo classico, ma rispetta al contempo la grammatica del genere. È un canovaccio teatrale, una fabbrica di scrittura, un testamento – di Montalbano, però, non del suo Autore. Un testamento insolito, beninteso, anche perché la morte del commissario è un tabù che Camilleri aveva sfatato da tempo: «Jean-Claude Izzo e Manuel Vázquez Montalbán, che volevano liberarsi dei loro personaggi, alla fine sono morti prima di loro. Allora mi sono fatto venire un’altra idea, trovando in un certo senso la soluzione».

Zingaretti Montalbano

Ma non c’è solo l’Autore a sconfinare nel terreno del commissario. Montalbano è stretto dalla competizione col suo alter ego televisivo, con cui la gara è già persa in partenza: l’attore è più giovane, «sapi quello che sta per succidiri» ed è acclamato da milioni di appassionati in tutto il mondo; il commissario, dal canto suo, si barcamena alla sanfasò e del suo piccolo dramma è unico spettatore. Non stupisce, quindi, che per tutta la durata del romanzo Montalbano cerchi di osteggiare i suoi avversari, liquidando i paragoni con l’interprete televisivo e chiudendo il telefono in faccia all’Autore, che fatica a tirare le fila della storia di cui dovrebbe essere il solo artefice: «Montalbà […] stai facenno ‘n modo che l’autri, i miei lettori, non i recensori, che tanto i recensori manco mi leggino, pensino che non ci sto cchiù con la testa?»

Andrea Camilleri

Per congedarsi dal pubblico, Camilleri costruisce un’architettura in grado di portare i temi ritornanti della sua sconfinata produzione. Man mano che il commissario incede, si compone un affresco che non di Vigàta, ma dell’Italia intera – perlomeno quella dei palazzi del potere e della borghesia minuta – prende i contorni nitidissimi: ci sono i politici collusi, gli alti prelati di provincia, i funzionari compiacenti e i faccendieri di piccola taglia; ci sono avanzi di galera, santi cristiani e profetesse sovrappeso, in un frenetico saliscendi tra alto e basso, serio e faceto, a metà strada tra verismo e realismo magico. E si apre una fessura anche nel passato del commissario, che d’accordo con l’Autore concede ai lettori di scendere nelle profondità della sua anima, di scavare fino agli anni dell’infanzia, quando la notte del 2 novembre aspettava di rivedere sua madre con una cesta di morticini e frutta martorana.

Si abusa spesso di questa definizione, ma Riccardino è effettivamente un metaromanzo, un’opera che trascende la cronologia e lo spazio fisico per posizionarsi altrove, in una dimensione sospesa dove la trama è un pretesto per mettere il personaggio (e il suo doppio) di fronte all’Autore. Frequenti sono le incursioni del Camilleri letterario, che suggerisce, rimprovera, imbriglia, perché ha ottant’anni e nessuna intenzione di farisi pigliari pi fissa dalla sua creatura, che a maggior ragione tenta di disarcionarlo, danneggiando di rimbalzo la controparte televisiva.

Strada degli Scrittori

Ritorna alla mente Pirandello, cui il “Maestro senza regole” si riallaccia non solo per la contiguità tematica e la lontana parentela, ma anche perché, di quella meravigliosa genìa che principia col “figlio del Caos” e prosegue con Leonardo Sciascia, è l’erede designato e il più accreditato continuatore. «Io non posso sfoggiare molta cultura» ironizza nelle pagine del romanzo, «sono considerato uno scrittore di genere. Anzi, di genere di consumo. Tant’è vero che i miei libri si vendono macari nei supermercati».

Riccardino Camilleri Speciale

E si dà il caso che Riccardino sia un libro complesso, stratificato, denso di riferimenti letterari e filosofici che poggiano sulle fondamenta solide di quell’«invenzione linguistica» che è il vigatese: «La realtà di Vigàta è nella lingua» scrive Salvatore Silvano Nigro nella nota all’edizione speciale del romanzo, che contiene la prima stesura del 2005 e quella, riveduta e corretta, del 2016. Rispetto alla lingua «bastarda» delle origini, ispirata al siculo-italiano di cui si è imbevuto da bambino, Camilleri perfeziona un idioma peculiare, che si arricchisce di inserzioni fonetiche, metatesi, perifrasi: non un dialetto, ma una lingua «che si parla, e nella quale si vive, pensa e agisce» e che infine sostanzia un’area geografica non più immaginaria.

Nella solitudine della verandina, permettendosi il lusso di una lacrima, Salvo Montalbano consuma infine la sua vendetta. È stravolto, ma trova le energie per l’ultima beffa, la più atroce: neanche la letteratura ha saputo dominarlo, figurarsi i capricci di un Autore. Nella sua ribellione, c’è già un seme di eternità.

Ristorante Enzo Montalbano

(la foto di copertina e quella di chiusura sono di Giovanni Nigito)

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