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Sul Sentiero delle Ossa con Ettore Mazza

Tre ragazzi in fuga, alla ricerca di qualcosa. Un vecchio sciamano, l’inizio di una nuova epoca. Una civiltà, quella umana, che si forma per contrasto, versus la natura ma soprattutto se stessa.

Il Sentiero delle Ossa
di Ettore Mazza
Edizioni BD

In questa atmosfera di tensione si snoda Il Sentiero delle Ossa di Ettore Mazza, che si è aggiunto a settembre nel catalogo di BD Next, il progetto per esordienti di Edizioni BD, grazie all’editing di Valerio Stivè, curatore anche delle Due attese di Maurizio Lacavalla.

Dopo anni di opere indipendenti con il collettivo BRACE, di cui è uno dei fondatori, Ettore Mazza si dedica a un’opera che dall’inizio alla fine traccia, lungo un percorso apparentemente insensato e tortuoso, un unico movimento: quello verso la riappropriazione di sé, della propria libertà, della possibilità di esistere.

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Una pagina tratta da Il Sentiero delle Ossa di Ettore Mazza, Edizioni BD

Scoprire le differenze, poco per volta

La prima cosa che mi ha colpito, dei personaggi de Il Sentiero delle Ossa, sono stati i loro nomi. Molto più di un dettaglio, da sempre il nome proprio dei personaggi rivela, anticipa o mette in dubbio così tante caratteristiche fondamentali che non ci possono né devono sfuggire: penso a Humber Humbert nella Lolita di Vladimir Nabokov, un nome che assomiglia a un balbettamento eppure è quello di uno dei personaggi più arguti e parlantini della storia della letteratura; oppure alle due donne de Il piacere di Gabriele D’Annunzio, Elena che è un chiaro riferimento alla seducente eroina omerica contro la casta e virginale Maria; e, ovviamente, all’essenziale K. di Franz Kafka.

I protagonisti di questa graphic novel sono due ragazzi molto simili, sia perché cresciuti nello stesso villaggio sia perché, ci viene detto sin dalle prime pagine, nati durante la stessa Luna. Non solo questo contribuisce alla loro uncanny somiglianza: sono stati spersonalizzati dalla prigionia, che li ha resi strumenti intercambiabili al servizio di coloro che si impongono come padroni, atto che è rappresentato alla perfezione dal loro nome, Gi e Acca. Nomi ridotti all’osso, a semplici lettere d’alfabeto scritte come pronunciate, mentre i ragazzi si distinguono solo per pochi tratti, come i nei sul viso.

La figura femminile principale, oltre alla madre di Acca, è Ebe, la giovane ragazza che entra in scena durante la prima fuga dei due. Prende il nome dalla giovane dea greca Ebe, figlia di Zeus ed Era, che ricopriva il ruolo di coppiera dell’Olimpo e personificava la giovinezza: una figura che viene da un mondo ordinato, già apollineo, che contrasta con il caos che sta sconvolgendo i gruppi e i clan, e che porta in scena una sorta di alter ego di Eva, soprattutto nelle ultime pagine, quando al contrario della coppia biblica che conosce tutto lei e Acca devono dimenticare.

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Tavole tratte dalla graphic novel Il Sentiero delle Ossa di Ettore Mazza, Edizioni BD

Viaggio di crescita, romanzo di formazione

Perché il grande scontro che presenta quest’opera non è solo quello tra clan. Da semplice raccoglitori, gli uomini iniziano a diventare cacciatori e agricoltori, si suddividono i compiti, si fanno costruttori: inizia l’epoca della civilizzazione.
Si inizia così a intravedere, grazie al tratto sicuro di Ettore Mazza, come già sul finire dell’età della pietra (Il Sentiero delle Ossa è ambientato attorno al 6000 a.C.) l’azione umana non si sia rivolta solo verso l’uomo stesso, ma abbia iniziato a plasmare ciò che lo circondava con costanza, prima per tentativi e necessità e poi con intento, fino a culminare nell’Anthropocene.

Quello di questi ragazzi, Gi e Acca, sembra profilarsi però anche come un contrasto generazionale. Sono tra i pochi giovani, assieme a Ebe, rappresentati nella graphic novel: a loro si contrappongono i genitori, che hanno accettato la sottomissione, come il padre di Acca, o che ne rifuggono grazie a uno stato catatonico, come la madre, o che ancora sono i padroni stessi. Saltando di un’altra generazione, ma all’indietro, l’incontro con Mac-tu ripristina una speranza che sembrava persa – e che andrà perduta.

Quello di Acca e Gi è un viaggio che mi ha ricordato tremendamente da vicino il viaggio di Telemaco, non solo perché la figura paterna, portatrice di ordine politico e sociale, è venuta meno, non può proteggere né guidare, ma anche per le tappe che attraversa. Nella sua Telemachia, il figlio di Odisseo si sposta da corte a corte, conoscendo grandi eroi omerici come Nestore e Menelao, che non solo gli forniscono informazioni sul padre, ancora disperso, ma che gli impartiscono importanti lezioni sulla vita che ancora non aveva rievuto. Dall’incontro con il secondo, per esempio, apprende come funziona veramente un matrimonio, il primo che vede davvero compiuto, quanto sia un’istituzione sociale ma anche una battaglia ad armi impari; da quello con Nestore impara una forma di saggezza alternativa a quella del padre, che è l’astuto per eccellenza. Per Gi e Acca, invece, la formazione fallisce, perché si compie in un periodo in cui la civilizzazione non esiste: non possono trarre, dagli incontri che fanno durante la loro fuga, esempi positivi, ma si sentono solo più assediati, più in difficoltà, più soli, mentre le tribù e i clan che incontrano durante le tappe della loro fuga li attaccano, li circuiscono, li sottomettono.

L’unica cosa che rimane, forse, è dimenticare?

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