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La casa sull’albero – Naccheras di Ilenia Zedda

Data la situazione Covid-19 molte librerie sono state costrette ad annullare e/o a cancellare gli eventi. Sappiamo che è giusto così, anche se ci dispiace molto, soprattutto per gli autori e le autrici i cui libri che stanno continuando a uscire, per tutta la filiera editoriale che si trova in difficoltà. Per questo abbiamo deciso di aprire uno spazio virtuale temporaneo qui su Tropismi, dedicato esclusivamente alla presentazione dei libri orfani di presentazione. Pubblicheremo brevi interviste agli autori, come se ne stessimo parlando in libreria, con qualche domanda e, se possibile, qualche riga di estratto. Non potremo dare a ogni libro il pubblico e il tempo enormi che meriterebbero, ma cercheremo di riservare uno spazio di benvenuto per tutti.
L’ospite di oggi è Ilenia Zedda con il suo Naccheras, pubblicato da DeA Planeta.

Come nasce l’idea di questo libro?
Nàccheras nasce dal viscerale bisogno di tornare a casa. L’ho sempre concepito come una specie di grido fortissimo che parte da Torino e arriva nell’isoletta di Sant’Antioco. Un grido che mi fa sentire al sicuro.
E poi…ho sempre avuto una sorta di fascinazione verso il mondo fatato della vera Maestra di Bisso: Chiara Vigo. Una donna dal cuore enorme, emozionante.

Riassumi la trama del libro in una frase.
Ognuno ha il suo personale posto nel mondo, anche se ancora non lo sa.

Che tipo di lavoro hai svolto per realizzare questo libro?
Dapprima scrivevo ovunque, in giro per Torino. Avevo assoluto bisogno di sentirmi fuori dal mio spazio abituale. Volevo essere una persona diversa dall’Ilenia di tutti i giorni. Studiavo ancora alla Scuola Holden e mi confrontavo spesso col mio Mentore in merito a ciò che ne stava venendo fuori. Poi ho iniziato a chiudermi in una dimensione molto intima. A cercare casa: ho scritto un bel pezzo del libro solo in sardo campidanese, poi l’ho ritradotto in italiano. Lavoravo e tornavo a casa per scrivere. Così per 2 anni.
I capitoli del libro sono molto brevi, ho voluto fare un esperimento. Ho voluto che i due protagonisti, Francesco e Caterina si incontrassero nella carta come avrebbero fatto fisicamente. Perciò il libro ha due parti distinte: Francesco, Caterina e Francesco e Caterina.

Hai dovuto compiere delle ricerche per la tua storia?
Tantissime e dall’inizio della prima stesura.
Avevo ben in testa il paese, l’atmosfera e le persone che lo abitavano: ho vissuto per 18 anni in un piccolissimo borgo del Nord Sardegna e sono tornata a quella dimensione lì. Per quanto riguarda il Bisso, invece, ho studiato moltissimo. Pur avendo conosciuto di persona Su Maistu quello vero, avevo bisogno di capire bene cosa facesse, quali erano i suoi movimenti, come realizzava i suoi lavori. Ho visto documentari, programmi televisivi, ascoltato vecchie preghiere e letto pezzi della Bibbia.

Chi ti piacerebbe che leggesse il tuo libro?
Tutte quelle persone che vogliono farsi un tuffo in un mare limpido, tutti quelli che hanno voglia di acqua salata nel naso.

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