Mondi di Poesia: Variazione Madre di Federico Preziosi

Leggendo poesia è inevitabile prendersi un momento, soffermarsi sulle parole, assaporarle sulla punta della lingua e riflettere. Più accade, più il testo acquisisce valore e sfumature, arricchendosi e arricchendo noi stessi che lo leggiamo.
Per questo oggi vi parlo di Variazione Madre di Federico Preziosi (Controluna Edizioni, collana Lepisma Florema), una raccolta che ho letto più volte e a più riprese, che è riuscita a portare temi profondissimi e non banali con una sensibilità unica e naturale.
L’autore, classe 1984, è laureato in Musicologia a Roma e insegna Lingua e cultura italiana a Budapest.
Dato il valore dell’opera che vi propongo è sembrato naturale contattarlo e intervistarlo per voi.

Variazione madre è una raccolta che si snocciola al femminile. L’io poetico appare trasfigurato, evoluto se vogliamo, in Donna. Nella prima poesia della tua raccolta (Sono nata dall’incesto di una madre), già notiamo tutte queste caratteristiche di trasformazione, ma è uno il verso che ha attirato particolarmente la mia attenzione:  

Divenni Figlio, Amore e infine Donna

Ecco, qui se vogliamo possiamo vedere tutti i passaggi che poi contraddistinguono, almeno a mio avviso (correggimi se sbaglio), l’evoluzione stessa dell’Io poetico. Tutta questa lunga introduzione per chiederti come nasce questa raccolta e questa scelta al femminile. Quale è l’impulso che ha dato il via a questa trasformazione?
La poesia che apre il libro è sicuramente emblematica e, in ordine di tempo, è stata anche l’ultima che ho composto per Variazione Madre. Credo che chiunque intenda pubblicare un buon libro a un certo punto si interroghi sulle ragioni che l’hanno condotto a intraprendere un determinato percorso. Confesso di non sentirmi in grado di soddisfare pienamente la domanda nel merito e nemmeno di saper spiegare del perché abbia sentito l’esigenza di sentirmi una donna attraverso la scrittura. Ci penso spesso e forse una risposta esaustiva non la troverò mai. Però si può fare una riflessione a partire dal passaggio evidenziato: “Divenni Figlio, Amore e infine Donna” esprima bene la metamorfosi dell’Io-poetico a cui facevi riferimento. Sono figlio di qualcuno, come tutti ho un’origine e nella vita si può scegliere di non essere genitori, ma nessuno potrà dire di non essere nato da qualcuno o qualcosa, di aver avuto un punto di origine, in altre parole negare la propria condizione di figlio. Nemmeno da donna credo di essermi fatto da solo, neanche nel campo della scrittura: ho dovuto amare l’essere donna per volerlo diventare. Sarà per qualche coincidenza biografica, per l’essermi avvicinato ad autrici come Magda Szabó o Virginia Woolf, in certi frangenti, ma soprattutto alla poesia di Amelia Rosselli. E da questo amore inspiegabile per una parola forte e fiera della gioia e della scoperta, ma anche estremamente debitrice del dolore, ho sentito il bisogno di impossessarmi di un’espressività femminile. Non è stata una nascita senza parto, ci sono state delle donne che mi hanno aiutato in questo percorso, spesso delle autrici che ho conosciuto su Facebook, il luogo dove, attraverso alcun gruppi, ho cominciato a praticare la poesia. Alcune di queste donne sono diventate “madri” di questa scrittura. Pertanto sono d’accordo con chi, leggendo la silloge, ha affermato che Variazione Madre sia un libro di poesie d’amore. Non posso immaginare questo libro senza un amore enorme, anche nei passaggi più crudi.

Tornando al verso che ti ho segnalato prima, ma anche nel resto della raccolta, è difficile non notare un raffronto con la religione nella figura del Cristo. Un rapporto, se vogliamo, totalmente invertito. Se da una parte Dio si è incarnato e fatto Uomo per il suo amore, qui il poeta diviene Donna. Vuoi parlarcene?
Personalmente non ho mai pensato a questo accostamento, ma credo che una riflessione in merito la si possa fare perché la suggestione offre degli spunti interessantissimi. Partendo dal presupposto che il Cristianesimo abbia avuto, dal punto di vista culturale, un impatto profondo nel mondo occidentale, di cui mi sento pienamente parte, e ritornando al passo del testo di apertura, Figlio, Amore e Donna costituiscono certamente una trinità. Tuttavia qui si ha che fare con una metamorfosi, una sorta di evoluzione se vogliamo. Nel percorso tracciato essere Figlio è condizione per essere Amore e, di conseguenza, voler essere Donna, ossia un desiderio di essere mente, sangue e carne dell’Amore, con tutti gli effetti positivi e negativi che ne derivano. La Fede cristiana si basa su una trinità inspiegabile e la figura di Cristo rappresenta l’incarnazione di un sacrificio, certo per Amore dell’uomo, ma non perde la propria natura divina. Farà ritorno al Regno dei Cieli dopo la Resurrezione. In Variazione Madre, l’Io-poetico non si sacrifica, piuttosto si compie. Il suo abbracciare e scegliere di essere Donna è desiderio di conciliare l’inconciliabile. In questo c’è l’estrema consapevolezza di un limite che soltanto la scrittura può provare a superare, in quanto il linguaggio rappresenta l’unico vero punto di incontro tra Uomo e Donna.     

Nella tua raccolta la Donna si sorprende ad essere Madre, e allo stesso tempo la natura dell’Io poetico è in conflitto tra le due figure. La poesia Atom Heart Mother fa proprio questo tema: il rifiuto della logica patriarcale che vede nella donna unicamente il ruolo di madre e, contemporaneamente Donna e Madre allo stesso tempo, ribadendo costantemente e incessantemente l’essere Donna che poi è ribadire anche l’essere semplicemente (ma anche straordinariamente) individuo. Essere Donna, dunque, ed Essere Madre. Parlaci di questo conflitto.
Atom Heart Mother è certamente uno dei momenti più significativi del libro e rappresenta il travaglio della trasformazione del corpo femminile fino al compimento della madre, in cui la donna ritrova un punto di conciliazione con la propria femminilità. Attenzione, con questo non intendo dire che una donna sia obbligata a essere madre, la maternità può essere una scelta, il frutto del caso o, sfortunatamente, un’imposizione in casi estremi. In ogni caso essa è sempre una condizione che compete solo ed esclusivamente alla donna. Biologicamente solo lei ha le caratteristiche per diventare una madre (se escludiamo accezioni metaforiche) e quella che potrebbe essere un’attitudine visceralmente legata alla natura, nei tempi odierni, non lo è affatto. C’è un conflitto tra la donna e la madre in un mondo in cui la società dei consumi vuole tenerle separate. Personalmente ho sempre vissuto l’immagine della maternità come uno spartiacque. La donna è chiamata alla procreazione, il suo ruolo è necessario affinché la vita continui e si realizzi sulla Terra, ma al tempo stesso il corpo della donna intraprende un cambiamento che per molti rappresenta una fase di decadenza. In Atom Heart Mother la maternità diventa, invece, il momento in cui una donna può ritrovare le proprie ragioni, senza temere lo sfiorire della bellezza o la perdita del proprio sex appeal. La sessualità, la seduzione, l’Io più profondo della donna si riconoscono nella madre, una conquista non priva di travagli. Prendiamo qualche passaggio della lirica per descrivere l’evoluzione di questa cognizione: “[…] Non pensavo / poter essere madre… [… ]”, “Sbocciai come donna, senza essere madre”, “[…] Non madre / ma donna d’aspetto […]”, e per finire “[…] Essere / una madre e una donna / una sola cosa”. Ci si può stupire nell’essere madri perché il sistema economico in cui viviamo vede nella maternità un ostacolo alla produzione, al carrierismo o anche all’accesso al potere. Scoprire l’intima essenza della propria femminilità attraverso la maternità può essere un atto di ribellione gioiosa e fiera.
 

Notevole è la sperimentazione in campo linguistico. Ed ecco che compare il colloquiale “siga” e lo specialistico “selachimorphema approfittando di questo discorso, vorrei chiederti quale è la tua linea di pensiero riguardante la ricercatezza, la forma e l’espressività dell’atto poetico.
I miei versi nascondo dai suoni che, a loro volta, conducono al senso. La poesia, per lo meno come la intendo io, non esisterebbe se non mettessi in campo ritmi, se non giocassi con i significati, se non provassi a scavare in profondità per sviscerare l’indescrivibile. Non scelgo un tema di cui parlare, sono spesso istintivo su questo: sento qualcosa e scrivo fino a che i suoni non si traducono in immagini e la poesia accade. La parola è plastica e si modella in base alle esigenze espressive, vive di contesti, di interazioni e, naturalmente di allusioni. E se la poesia è un linguaggio a sé, è compito di un poeta portarlo al cospetto della realtà tramite un’opera di mediazione. In questo processo ci si può avvalere sia di termini leggeri, finanche frivoli, sia attingere da un lessico specialistico, purché vi sia consapevolezza. Troppo spesso, invece, si confonde la poesia con le frasi ad effetto tipo slogan, con un’eccessiva provocazione che, parliamoci chiaro, ha un po’ rotto le scatole, oppure si fa un uso fine a se stesso della metrica. Per non parlare di certa brodaglia intellettualistica! La poesia dovrebbe essere un compromesso tra suoni e simboli, tra collocazioni e rimaneggiamenti dei sensi, tra detto e non detto, a prescindere dalle tematiche.

Si avverte leggendo la tua poesia, una certa musicalità, un ritmo che ti conduce elegantemente alla fine del verso, pause, respiri, ma anche accelerazioni improvvise. La musicologia ti ha aiutato in questo?
Credo di sì, perché la musica ha sempre fatto parte della mia vita. Il mio interesse per la poesia è nato, infatti, nel momento in cui ho dovuto interrompere la mia attività musicale per ragioni professionali, anche se di recente sono riuscito a ritornare alla passione di sempre proprio grazie alle parole con un progetto piccolo piccolo che pian piano sta prendendo piede, La lacrima della canzonetta. Tornando alla domanda, non è un caso, comunque, che abbia trovato in Amelia Rosselli un punto fondamentale nell’evoluzione della mia scrittura, anche la sua poetica era debitrice della musica. Posso affermare che senza un’idea di suono e di ritmo la mia poesia non esiste.

Questa è una domanda d’obbligo: quali sono i modelli di riferimento della tua poetica?
Ho già citato Amelia Rosselli, ma per questa silloge mi sento debitore a tanti poeti che frequento su Facebook con i quali ho avuto e continuo ad avere scambi molto costruttivi, in particolare con le mie “madri”. Non tutte vorrebbero essere citate, tuttavia mi sento di ringraziare Beatrice Orsini che con i suoi versi e le sue fotografie ha contribuito in modo significativo alla costituzione dell’immaginario presente in questo libro. Credo, inoltre, che anche il primo Montale e Pavese abbiano avuto su di me una certa influenza, ma la scorgo solo a posteriori. Per il ritmo di certe liriche credo che ci sia anche un po’ di Palazzeschi, almeno nel piglio giocoso, ma anche un po’ di rap.

Anche questa, è una domanda che pongo sempre a conclusione di un’intervista pensando anche al nostro pubblico di lettori: quale consiglio ti sentiresti di dare a chi si affaccia per la prima volta al mondo editoriale proponendo le sue poesie?
Posso offrire la mia esperienza, una goccia nel mare praticamente. Ho avuto la fortuna di incontrare Giuseppe Cerbino, curatore e prefatore di Variazione Madre. Lui gestisce un gruppo su Facebook dedicato alla poesia, Poeti italiani del ‘900 e contemporanei, nel quale mi ha notato, cura libri di poesia per Controluna e si impegna nella divulgazione della poesia del Novecento. Il suo apporto è stato importantissimo in fase di selezione dei testi, di editing e di riflessione. Essere seguiti da una persona così colta e appassionata è una gran cosa, soprattutto in un mondo dove molte case editrici ricevono e stampano senza curarsi troppo dei contenuti. Giuseppe Cerbino, invece, segue i propri poeti, lavora con loro fino alla realizzazone di una silloge solida, accompagnata sempre da una splendida e puntuale prefazione. Credo che affidarsi a persone esperte sia un buon modo per rilanciare la poesia e dare valore ai propri versi: se da un lato non si può fare molto affidamento sulle vendite, ritengo che la cultura vera abbia le gambe solide e troverà il modo di restare in piedi affermandosi anche in periodi successivi alla pubblicazione. Ho trovato in Cerbino un interlocutore affidabile e stimolante, determinato nelle idee, ma anche disposto a cambiarle, se necessario. A chi si affaccia al mondo editoriale con la poesia consiglio di non avere fretta, di trovare un curatore o una casa editrice che abbia entusiasmo per la proposta, di diffidare da chi si improvvisa e fa promesse degne dei venditori di tappeti, di monitorare il lavoro delle case editrici per capirne la serietà e il riscontro. Qualora sia possibile, bisogna puntare a essere inseriti in una collana all’interno della quale figurano poeti che si stimano: questo darà un valore aggiunto alla pubblicazione.

Grazie per le bellissime parole.

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