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Kabi Nagata: depressione, sessualità e solitudine

Se la tua prima esperienza con il sesso non è per appetito ma per bisogno di affetto, se non riesci ad alzarti dal letto per giorni di fila, se il senso di fallimento aumenta con il passare degli anni, se il bisogno di approvazione è più forte del bisogno di fare qualcosa per te, i manga autobiografici di Kabi Nagata sono assolutamente da leggere.

Pubblicati in Italia da J-Pop, La mia prima volta e Lettere a me stessa Dopo la mia prima volta di Kabi Nagata hanno, in inglese, il titolo My Lesbian Experience with Loneliness, che potrebbe essere tradotto con un «la mia esperienza lesbica con la solitudine», e My Solo Exchange Diary. Quello che sembrerebbe essere un manga sulla presa di coscienza della sessualità di Kabi e sulla sua attuazione in un rapporto con una escort, è in realtà un corpo a corpo con se stessa, una riappropriazione della propria esistenza (anche) come corpo desiderante.

Il corpo nel senso anatomico, però, è quasi sempre abbozzato o coperto da vestiti informi. La nostra attenzione è rivolta verso l’interno: i pensieri dell’autrice, le sue parole, la sua prospettiva ci conducono da una pagina all’altra, scopriamo le cose quando Kabi le vuole pensare o si sente pronta a condividerle con noi, in un flashback e un fast forward continuo, che ci lascia completamente nelle sue mani. Eppure, tutto questo pensare e sentire ha ricadute sul suo corpo passato e presente.
Semplificando le linee, ricorrendo al bianco, al nero e a un delicato rosa, Kabi Nagata compie un grande lavoro, dare forma a qualcosa di invisibile: il dolore che prende il corpo.

i manga si leggono da destra verso sinistra!

La mia prima volta, di Kabi Nagata

In Giappone, il rapporto con l’intimità e la sessualità è notoriamente problematico. Non sto parlando dell’erotismo, che è al contrario orgogliosamente pubblicizzato, centrale tanto nella produzione di serie animate e illustrate che in quella artistica, ed è un vero fenomeno culturale. Il Giappone è un Paese iper erotico: le prime esperienze che Kabi Nagata fa con il sesso sono infatti veicolate dalla lettura o dalla visione di yaoi o di donjishi erotiche. Quando decide di prenotare un’escort, quindi, ha un’idea, anche se confusa e a due dimensioni, di cosa succederà.

Il bisogno di trovare una compagna, anche solo per una notte, nasconde però molto di più: Kabi Nagata è in balia degli anni post–studi, quelli in cui è necessario ricostruire la propria identità da zero. Fa fatica a mantenere un lavoro per poco più di qualche settimana, vive ancora con i suoi e la nonna, non ha amici da frequentare. È sempre stanca, ha sempre freddo. Non ha per niente fame, poi ha molta fame.
Più sfogliamo le pagine e più Kabi Nagata si mette a nudo: a renderle difficile la quotidianità, a renderle ostile la vita sono la depressione, i disturbi alimentari, l’autolesionismo.

La necessità di sentire delle braccia attorno al suo corpo che tanto le è estraneo è anche il bisogno di esistere per qualcun altro, un uscire dal proprio corpo per qualche momento, dimenticarsi di essere se stessa, quasi trasformarsi.

La sessualità di Kabi Nagata non viene mai messa in discussione: non è questo il fulcro del manga. È, piuttosto, capire come inserire questo desiderio di essere amata e di avere una compagna e di avere rapporti con una donna in una quotidianità che non sembra portare rispetto nemmeno per la tua esistenza in primo luogo.

È, anche, la presa di coscienza da parte di una giapponese cresciuta nel fulcro della cultura nipponica che un amore o un rapporto yuri non è come quello che viene rappresentato dall’editoria e dai media. È sovversivo, in un certo senso, proprio per quel suo portare sul tavolo della narrativa temi che non sono erotici ma psichiatrici, corpi che non sono appetibili ma martoriati – e che non possono fare a meno di desiderare di essere considerati.

Lettere a me stessa – Dopo la mia prima volta, di Kabi Nagata

Il successo de La mia prima volta fa sì che chiedano a Kabi Nagata di creare una sorta di rubrica in cui continuare a raccontare le proprie esperienze sentimentali, professionali e umane.
Nascono così le Lettere a me stessa, in cui la Kabi del presente pone domande a quella del futuro, le racconta come sta andando in quel preciso momento, le svela ansie sperando che la Kabi futura possa rassicurarla che passeranno. Non solo, però: questa è la prima produzione in cui l’autrice è cosciente di star parlando a una platea più ampia, quella dei tanti seguaci e fan e affezionati che si è guadagnata con il primo coraggioso manga. Anche del rapporto con il pubblico parla ora Kabi, nelle sue sedute in solitaria davanti al foglio.

Perché la solitudine continua, nonostante il successo: finalmente può provare a vivere da sola, e infatti la seguiamo da un trasloco all’altro, ma la vita di un’illustratrice e autrice freelance che è riuscita a diventare! è fatta di molti silenzi e altrettante ore passate al tavolo. Aver esordito, però, si accompagna al dover affrontare la famiglia, vicina ed estesa, che oltre a non essere a conoscenza dell’omosessualità di Kabi non sa nemmeno dell’autolesionismo, della depressione, dell’anoressia e del binge eating. Kabi Nagata ci dona una visione privilegiata anche delle loro reazioni, di come influenzano il suo umore, del potere che hanno su di lei, di come i cuori si spezzano e di come le lacrime calde di gioia cadano.

È questo punto di vista esclusivo – ma inclusivo, accogliente e generoso che abbiamo della vita, della quotidianità e dell’interiorità di Kabi Nagata a rendere questi due memoir un vero dono, uno specchio portato alla nostra altezza che riflette contemporaneamente lei e noi.

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