Company Parade di Margaret Storm Jameson – Il primo capitolo de “Lo specchio nel buio”

Nel 1918, all’indomani dell’armistizio che pone fine alla grande guerra, la giovane Hervey Russell racchiude tutta la sua vita in un baule e dallo Yorkshire si trasferisce a Londra, lasciandosi alle spalle il marito e il figlio piccolo. Non ha denaro né esperienza, ma ha la forza di volontà della nonna imprenditrice e i sogni della gioventù; è forte e vulnerabile al tempo stesso, a muoverla sono la voglia di affermarsi e il desiderio di assicurare al figlio un futuro migliore. Mentre tenta di sfondare come scrittrice, di giorno lavora in un’agenzia pubblicitaria e la sera vaga per le strade della città, sola ma libera, lasciandosi deliziare da ogni particolare. Nemmeno la sofferenza al pensiero del figlio lontano riesce a oscurare l’euforia della novità e la consapevolezza di chi sta facendo la cosa giusta per sé. Hervey è una donna in un mondo di uomini: il capo David Renn, veterano solitario e disilluso; i due amici storici, ex soldati che hanno in mente di dare vita a un nuovo giornale; e poi scrittori presuntuosi, intellettuali salottieri e spregiudicati uomini d’affari. Anche il marito, ogni tanto, torna a fare capolino, mentre l’amante vuole portarla con sé in America.

Così viene presentata la trama di Company Parade, primo romanzo della trilogia intitolata “Lo specchio nel buio”, scritta da Margaret Storm Jameson negli anni ’30. Questa breve sintesi ci fa dunque sperare in un romanzo che non può deludere. Determinazione, voglia di indipendenza, intraprendenza e, almeno così pare, una buona dose di femminismo. Eppure, arrivati all’ultima pagina, restiamo un po’ interdetti, come se a tratti ci fosse sfuggito qualcosa.

La storia ruota intorno a di Hervey Russel, una giovane donna che decide di lasciare il figlio e la campagna dello Yorkshire per trasferirsi a Londra in cerca di indipendenza e di successo. Le storie di tutti gli altri personaggi – che non sono pochi – si intrecciano a quelle della protagonista, ed è chiaro che ogni loro azione è funzionale a delinearne un ritratto di donna forte, che lotta per affermarsi e per dare al figlio un futuro migliore.

Tuttavia, facciamo davvero fatica a empatizzare con Hervey. Se da un lato, infatti, la donna incarna un ideale di indipendenza e la voglia di realizzarsi – è questa la Hervey di cui riusciamo a comprendere dolori, sogni e delusioni – dall’altra viene presentata come un personaggio debole, spesso egoista. Il continuo giustificare i comportamenti del marito, i suoi tradimenti, una sorta di insensibilità nei confronti dell’amico Philip e degli altri personaggi che la circondano, sono tutti aspetti che a volte ci portano a entrare in conflitto con lei.

È anche vero, però, che si tratta di un romanzo scritto negli anni ’30 e che, sebbene per molti aspetti si presenti più attuale di tanti altri romanzi contemporanei, risente fortemente dell’epoca nella quale l’autrice scrive.

Va riconosciuto, infatti, che Company Parade è senza dubbio un romanzo che rappresenta in maniera perfetta il senso di smarrimento dei protagonisti, i quali si muovono in una Londra post bellica alla ricerca, anch’essa, di una nuova identità. Ognuno di essi, anche se in maniera diversa, deve fare i conti con un sé ante guerra e uno post guerra, oltre che con una società che sta cambiando le proprie dinamiche interne, che da una parte vorrebbe dimenticare gli orrori della guerra e dall’altra è consapevole che dimenticare non solo è impossibile, ma anche reato.

Non solo perché aveva perso quattro anni. Il trauma violento della guerra aveva fatto un danno invisibile alla sua amata Inghilterra. Ora era come un uomo che, fuggito dalla battaglia, chiamava a raccolta gli amici per salvare il salvabile. Una parte della piccola compagnia dei giorni prima della guerra non c’era più, ma gli altri non avrebbero mancato di rispondere all’adunata.

Tema ricorrente è quello del rapporto materno sviluppato seguendo due linee. Da un lato c’è Hervey madre di Richard, una donna tormentata che sembra prendere le sue decisioni unicamente in funzione di ciò che è meglio per il bambino. Hervey cerca un lavoro stabile, la fama e l’affermazione per dare a Richard tutto ciò che lei non ha avuto. Eppure, dietro questo nobile intento sembra nascondersi una verità diversa. Le azioni della protagonista sono spinte da egoismo, dalla voglia di stare bene senza rendere o tenere conto degli altri. Il rapporto tra Hervey e Richard è complesso e oscilla tra momenti di forte, quasi malata, apprensione e altri in cui il rapporto madre-figlio e ridotto a pochi silenzi. Costante è il senso di colpa, probabilmente uno dei sentimenti che più caratterizza i rapporti della protagonista con ognuno dei personaggi.

Hervey, però, non è soltanto una madre, ma è a sua volta una figlia. Anche questo rapporto è tormentato. Da una parte la protagonista nutre nei confronti della madre un senso di profonda ammirazione per essere riuscita in un’impresa nella quale lei sembra stia fallendo. La anziana signora Russel, infatti, ha avuto il coraggio di lasciarsi alle spalle il passato e la figura di una madre troppo ingombrante per costruire il proprio futuro da sola e con le proprie forze. D’altra parte, però, Hervey rimprovera alla donna i momenti di debolezza, anche fisica, le difficoltà economiche a cui l’ha costretta.

La madre era al centro della sua vita. Si ribellava, certe volte con disprezzo, ma era legata a lei da un amore in cui amarezza e sofferenza annegavano. Non c’era nessuno al mondo che lei ammirasse più di sua madre.

I personaggi si muovono, oltre che sullo sfondo del pesante fantasma della guerra, nel complesso mondo dell’editoria. Tutti, direttamente o indirettamente, hanno un legame con l’ambiente editoriale. In un momento di grande cambiamento e di rivendicazione dei propri diritti, giornali e libri diventano potenti strumenti di propaganda. Non a caso, la questione della scrittura è sempre affiancata da quella politica. Ricorre di frequente il tema del socialismo, dell’esigenza di una scrittura che arrivi alle masse, le coinvolga, sconvolga e persuada.

Company Parade è nel complesso un buon romanzo e, forse, per essere compreso necessita di una rilettura. La scrittura è elegante e l’autrice riesce a rendere bene l’interiorità dei personaggi ricorrendo all’uso del corsivo, che contrappone ciò che viene detto e ciò che viene pensato, il dentro e il fuori dei personaggi.

È vero, ci sono alcuni passaggi che lasciano interdetto il lettore e alcune azioni che facciamo fatica a comprendere, ma è anche vero che questo è solo il primo di tre romanzi, e in quanto tale, deve assolvere al compito di introduzione. Non resta, dunque, che dedicarsi alla lettura del secondo volume, Amore a prima vista¸ in libreria dal 18 maggio, e sperare che l’attesa di una trama più vivace e dinamica non venga delusa.

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