Girotondo: l’amore ai tempi di Whatsapp

Quando ero bambina, per farmi addormentare mia nonna era solita raccontarmi una storia. Non era una favola, non c’erano principi e principesse, ma era bella e mi faceva ridere. Crescendo, ho appreso che quella era la storia di come i miei nonni si erano conosciuti, di come si erano innamorati  e avevano deciso di passare la vita insieme.

Negli ultimi mesi – un po’ causa reclusione, un po’ perché ho avuto un buon compagno di chiacchierate al riguardo – mi sono ritrovata tante volte a ripensare alla storia dei miei nonni, all’amore e a quanto nelle relazioni la comunicazione sia importante, meglio: essenziale. Non parlo del solito spiegone sull’importanza di dirsi le cose. Parlo del ruolo delle parole all’interno di un discorso, della loro posizione (preferibilmente corretta) nella frase, dell’uso di un segno di interpunzione anziché di un altro, di quei maledetti tre puntini – che sì, sono tre, non due, non quattro, non dieci – e degli emoji che usiamo ogni giorno, spesso al posto di intere frasi.

Un po’ perché con gli adolescenti ci lavoro, un po’ perché, che lo vogliamo o meno, con la tecnologia dobbiamo fare i conti tutti i giorni, mi sono chiesta più volte come ci si innamora oggi, come ci si corteggia e come si gestiscono le relazioni in una società fatta di cuoricini e faccine che ridono.

Girotondo, di Sergio Rossi e Agnese Innocente, edito dal Il Castoro, racconta proprio questo. Dieci storie per descrivere gli intrecci, gli amori e le amicizie ai tempi di WhatsApp. Insomma, una sorta di Skam Italia ma a fumetti.

I disegni sono morbidi e ricchi di particolari; i colori pastello ci trasportano in una realtà che abbiamo l’impressione di osservare attraverso un vetro, o meglio sarebbe dire uno schermo.

La comunicazione è, ovviamente, al centro del fumetto. Una volta ci si scriveva lunghe lettere, ricche di dettagli, di particolari anche banali, e le parole erano l’unico mezzo per sentirsi vicini, per raggiungersi. Non è certo un caso che la lettera d’amore occupi un posto d’onore tra i gesti più romantici di sempre.

Oggi, che raggiungersi è facile, che per esprimerci siamo aiutati da una vasta gamma di emoji che giungono in nostro soccorso quando non sappiamo bene cosa scrivere, le lettere di risposta sono diventate spunte blu di WhatsApp, le parole dolci dei cuoricini che palpitano, i momenti di imbarazzo e i lunghi silenzi dei faccini dalle espressioni più varie.

Questa differenza tra ieri e oggi, tra lettera e messaggio, emerge in particolare in una delle dieci storie, dal titolo Lettere d’amore, che dietro la storia principale, quella tra Matilde e Andrea, ne nasconde un’altra, quella tra Matilde e Chiara, che non a caso è forse la  più romantica, nel senso più comune del termine.

Lo sfondo delle varie storie è la città Bologna, con i suoi portici e le sue piazze. E se l’avete visitata anche solo una volta, non farete fatica a capire come nessun’altra città sarebbe risultata più adatta a una storia che parla di sogni e di amori giovanili.

E anche se l’amore ai tempi di whatsapp è il centro delle storie che compongono Girotondo, non mancano altri temi legati all’adolescenza e al cambiamento: i conflitti con i genitori, l’identità di genere, l’amicizia.

Il linguaggio è ciò che li lega tutti. E se è vero che il modo di comunicare è cambiato, se è vero che oggi siamo diventati più sintetici, e a volte sembra che lo siano diventati anche i nostri sentimenti, è semplicemente perché abbiamo adattato le parole al nostro modo di vivere, alla frenesia dei nostri giorni.

I miei nonni si scrivevano lettere lunghe e dettagliate perché le parole dovevano riempire il tempo dell’attesa, un’attesa lunga e pesante. Oggi le parole riempiono i brevi spazi tra una pausa dal lavoro e l’altra, tra una partita di calcetto e una birra con gli amici.

Non sarà, forse, che abbiamo finito per ridurre anche l’amore a un messaggio su una chat di Whatsapp, dimenticando che innamorarsi richiede la stessa cura e dedizione che richiederebbe scrivere una lunga lettera d’amore?   

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