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Perché amiamo tanto The Crown

Combattere l’alternanza tra zone rosse e arancioni non è facile: per non sbagliare e per godere di un divano che a Milano non ho, ho deciso di fare un recuperone di The Crown, la serie originale Netflix dedicata alla vita di Elisabeth II, aka the Queen.
La quarta stagione è uscita a metà novembre 2020, agitando tutto il mondo e il Commonwealth: è dedicata soprattutto a Charles e Diane, che tuttavia non monopolizzano gli episodi, ponendo invece ancora più questioni, aggiungendo sfumature, mostrando i bisogni urgenti di una generazione completamente differente da quella delle prime due stagioni, e che pure costituisce il nuovo pubblico di cittadini e sudditi con cui deve confrontarsi Elisabeth.
Prima di iniziare: potresti dare un’occhiata al ritratto della regina fatto da Cristina Celani e, perché no, anche a quello della sua omonima, ma precedente, Elisabetta I fatto da Chiara Mezzetti. E ora: cinque motivi per cui The Crown ci piace davvero tanto.

1. La sceneggiatura della Storia

La serie è creata e scritta da Peter Morgan, sceneggiatore britannico che ha dato vita anche a molti historical drama e che può vantare d’essere, dal 2015, Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico «per i servizi resi all’arte drammatica». Non si tratta di un documentario, anche se è facile dimenticarsene mentre passiamo da un primo ministro all’altro, da una crisi internazionale a una congiura interna.

Ma Morgan è estremamente furbo, oltre che ben preparato. Per esempio, la scoperta di Nerissa e Katherine Bowes-Lyon nel settimo episodio della quarta stagione è giocata magistralmente non ci sono storicamente prove che un membro della famiglia reale abbia mai fatto loro visita e, infatti, Morgan decide di lasciare Margaret in auto, nascosta agli occhi dei più, e di mandare in avanscoperta Dazzle Jennings. In questo modo può parlare e far parlare delle sorelle nelle stanze realli, senza compromettere la versione ufficiale.

I colpi di scena sono scritti, ma sono anche avvenuti: nel giostrarci tra il reale e la drammatizzazione, scopriamo molto di più sulla Storia (quella con la s maiuscola, esatto) di quanto potessimo immaginare all’inizio. Privato e pubblico si intrecciano in modo inaspettato, per una persona così composta e riservata come Elisabeth. La vera magia di Peter Morgan è mostrarci la regina quando indossa e abbassa la corona, Philip quando è in prima linea e quando non è in uniforme, Charles quando viene intervistato in Australia e ama la persona sbagliata, Margot quando parla al Presidente degli USA e quando non è favolosa. Sullo sfondo, la Storia della seconda metà del Novecento che incombe, plasma e devia la storia.

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Olivia Colman, la seconda regina di The Crown, @thecrownnetflix

2. Gli attori

Durante le stagioni gli attori cambiano, anche quelli principali, per meglio impersonare le varie fasi della vita dei reali e dei politici, ma rimangono incredibilmente convincenti e assolutamente eccezionali. Non si limitano a eseguire un ruolo, ma aggiungono qualcosa di inequivocabilmente loro, che rende la persona (più che il personaggio) credibile, vero, avvicinabile – se non addirittura amabile.

Olivia Colman, vista in formato seriale in Broadchurch e in Fleabag ma che ha da poco vinto un Oscar come miglior protagonista per La favorita, è una perfetta regina, sia con la tiara che con gli stivali infangati: basta un minuscolo movimento delle sopracciglia per permetterci di leggere l’umore dell’impassibile regina; nella prima e seconda stagione un Matt Smith nei panni del giovane Philip che si porta incollato per sempre addosso il Dottore (Doctor Who); Josh O’Connor impersona un Charles davvero convincente nella sua malinconia, pur venendo dal lascivo Larry ne I Durrell; il meraviglioso Charles Dance che, imparando dal suo Tywin Lannister, dà sfumature intriganti e composte a Dickie Mountbatten.
Ancora: Helena Bonham Carter che porta la sua quirkiness nel personaggio di Margaret, vivificandolo all’infinito; al suo opposto, Emma Corrin è diventata Diane senza nessun grande ruolo alle spalle, anzi. L’attrice non era ancora stata scelta, Emma serviva solo come “warming character”, ma lo studio che ha fatto dell’intonazione e delle movenze di Diane Spencer è stato così impressionante da farle meritare il ruolo.

Queen: What do you want me to do?
Fagan: Save us all. From her!

The Crown, season 4, episode 5: “Fagan”

E, infine, Nostra Signora Gillian Anderson, sempre stupenda da X-Files a Hannibal a The Fall, fino a Sex Education, che si presenta sul set di The Crown come un’incredibile Margaret Thatcher, algida e maschilista, dritta e inamovibile.

3. Il lato umano

Sono abituata agli historical drama inglesi in costume: vedere Anne con una minigonna tartan, i maglioncioni decorati di Diane, le incursioni dei Barbour, i walkman e i pattini è stato strano e meraviglioso, soprattutto rispetto alle prime due stagioni, ancora così composte e coreografate. Ancora: la sofferenza di Margaret per l’amore non ricambiato e la dipendenza da sigarette e alcolici, per quella che non è solo una posizione ma un vero ruolo da eterna seconda; princess Alice, la madre di Philip, e la sua testimonianza di dolore ma anche il proprio stendardo di gratitudine, portato con estrema semplicità.

Ma è Anne Windsor, a mio parere, la vera stella nascosta della terza e quarta stagione, molto più di Diane – che pure attendevo fermamente. Impersonata da Erin Doherty, Anne è sicura e tagliente, tanto per i corridoi del palazzo quanto in sella ai propri cavalli. Quando si rivela umana, quando si piega, è un regalo ancora più grande di quando mette a tacere tutti con la propria arguzia.

Emma Corrin e Josh O’Connor per Town&Country

4. Charles e Camilla (per davvero)

Pensavamo tutti ingenuamente che sarebbe stato il trionfo di Charles e Diane, ma se le stagioni 3 e 4 vogliono farci imparare qualcosa è quanto Charles abbia giocato sporco dall’inizio. Tutti eravamo pronti al fatidico momento «Whatever “in love” is» detto da Charles durante l’intervista di fidanzamento, mentre io, ingenuamente, parteggiavo per Diane dall’inizio alla fine (sono nata negli anni Novanta, a mia discolpa), con l’errata convinzione che l’amore tra lei e Charles fosse stato ostacolato sin dai primi momenti, che fosse questo il motivo per cui è sempre stata la principessa triste.

Tutto il contrario: è proprio la famiglia reale nella sua interezza a spingere per il matrimonio, perché ritengono la giovanissima Diane «adatta». Vedono in lei una buona accompagnatrice per Charles, una buona figura pubblica non “compromessa”, non per la ventenne che sta ancora crescendo che è, che sogna il principe azzurro più che il ruolo da principessa. E se Diane doveva essere una spalla per Charles, presto diventa la protagonista dei cuori, dei tabloid e delle pagine della storia.

E Camilla si rivela molto più seducente di come siamo abituati a vederla, anziana, al fianco di Charles: ci appare anzi nuda nella vasca di lui mentre fuma una sigaretta e mentre è ancora legata ad Andrew Parker Bowles, flirta con Charles in pubblico, sottolinea sfacciatamente il loro rapporto anche di fronte a Diane – questo un altro dettaglio controverso: Diane e Camilla hanno avuto un pranzo, esattamente come The Crown ci presenta, ma non sappiamo se fu in questa occasione che Camilla mise in chiaro quanto lei e Charles tenessero l’uno all’altra.

Charles e Camilla hanno avuto una relazione extraconiugale ben prima che fosse Charles a sposarsi, ed è continuata alle spalle di Diane e Andrew per molto più tempo di quello che ha lasciato immaginare il Camillagate. Camilla non è mai stata il terzo incomodo: è sempre stata troppo prossima a Charles perché uno dei due lasciasse la presa. E il principe del Galles non è mai stato perfetto, composto, rispettoso. E finalmente capisco davvero, pienamente, perché non sarà re.

5. Il passato prossimo

Per chi, come me, non ha mai potuto godere di una regina con i capelli non bianchi, The Crown è una piccola benedizione. Vederla ragazzina e poi madre di quattro bambini, vederla alle prese con il proprio ruolo quando ancora non aveva forma e quando lo dettava lei stessa, con l’ascesa dei Labour, con le morti, con l’Apartheid, con le nascite, ci ha fatto il dono di una donna tridimensionale, che ha sconfitto il tempo.

Per quanto romanzato, il racconto non fa che aumentare il fascino della leggenda di una ragazzina diventata regina, che noi conosciamo invece come nonna ed eterna regnante. Improvvisamente possiamo aggiungere tasselli mancanti, possiamo dare voce e corpo – per quanto mediati – a un’intera famiglia e alle generazioni che la compongono, che le danno vita, che la trasformano dall’interno. Scopriamo che follia e scandali hanno sempre fatto parte dei Windsor e che la regina è serena perché deve esserlo, perché sta portando la corona per il suo regno e il suo servizio, come le ricorda Margaret, è apparire calma e infondere la calma, dimostrare e ricordare che qualunque tempesta potrà essere superata. E che lei sarà ancora lì.


A margine, altre tre cose belle: Elisabeth e Philip in tartan con tanti corgi, Stand Down Margaret che chiude un episodio della quarta stagione e @LadyDiRevengeLooks, l’account Instagram dedicato agli outfit di Diane post divorzio da Charles.

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