Assurdo attacco giganti Peparello

Lotta all’assurdo nell’Attacco dei giganti

Nell’Attacco dei giganti l’assurdità della morte irrompe nella vita quotidiana, manifestandosi con delle modalità simili a quelle di Neon Genesis Evangelion


Questo articolo contiene spoiler fino alla fine della prima metà della quarta stagione dell’anime.


Nella prima puntata dell’Attacco dei giganti, alcune anatre attraversano pigramente il cielo della sera. Un ragazzino le guarda e fa sogni allucinati: sogna il mondo oltre le mura. Subito dopo il sogno, mentre ancora le anatre volano in cielo, si schianta un fulmine a terra e oltre le mura appare un gigante colossale, che pone fine al modo pacifico di quel ragazzino. Su questa scena si condensa tutto il senso di Attack on Titan (Aot): la manifestazione dell’assurdo nella vita quotidiana, la certezza della morte in un mondo pacifico, la fine dell’infanzia e il faticoso ingresso nell’età adulta.

La parentela con Neon Genesis Evangelion

La parentela di Aot con Neon Genesis Evangelion (Nge) non si esaurisce nella coreografia di battaglie tra mostri umanoidi alti sessanta metri che distruggono il mondo. Evangelion, attraverso la manifestazione di creature divine invincibili per l’uomo, parla (anche) del terrore nella vita quotidiana in ogni sua sfumatura. Il terrore di Nge raccoglie tantissime sfumature, da quella più basicamente umana (“non voglio vivere!”, “non voglio morire!”) alla paura divina/ancestrale per quegli esseri immondi che sono gli Angeli. In entrambe le serie (per Aot eviteremo di parlare del manga) l’assurdo nella vita quotidiana si introduce attraverso la manifestazione di esseri sovraumani che portano nel mondo la consapevolezza de mistero e della morte. Nge lo fa con mezzi più filosofici, Aot è più legato alla concretezza del dolore fisico.

La trasformazione del Gigante Martello. (Fonte: profilo Twitter @anime_shingeki)

Ciò che di assurdo c’è nella vita

In entrambi i casi, ciò che di assurdo c’è nella vita è strettamente legato alla composizione magica e misterica del mondo. Aot ha una deriva terrena, in cui la paura si condensa in qualcosa di concreto, alla portata dell’umano: i giganti infatti possono essere abbattuti, pur con qualche difficoltà, dagli stessi esseri umani, che continuano a ingegnarsi per superare il pericolo attraverso dei mezzi tecnici e concreti. Nge è più metafisico: il dolore rappresentato non è quello fisico delle membra strappate, ma assume dimensioni aliene e interiori. In Nge, l’uomo non può in alcun modo affrontare il mistero divino del mondo con le sue sole forze: deve ricorrere a qualcosa di ugualmente magico, che trascenda le leggi fisiche e umane. In questo contesto, nessuno tra i personaggi di Evangelion, tranne gli iniziati (i capi, la Seele) si pone troppe domande sull’origine della minaccia ancestrale: in Nge gli umani non indagano, semplicemente perché anche indagando non riuscirebbero a capire. Lo stesso Shinji Ikari, il protagonista, è condannato alla paralisi e all’inazione anche a causa della composizione stessa del mondo in cui è gettato, un mondo che si manifesta con delle assurdità ben al di là della portata di un uomo. Eren Jeaeger, protagonista di Aot, è invece un personaggio attivo, che accetta quasi subito di imparare a uccidere, interiorizzando fin dai primi momenti la certezza della morte – cioè ciò che di assurdo c’è nella vita.

Educazione alla libertà

A differenza di Eren, Shinji rimane in preda al terrore cosmico dall’inizio alla fine. Tuttavia non bisogna dimenticare che Eren è cresciuto amato e incoraggiato da mamma e papà, mentre Shinji non è mai stato abilitato da nessuno a stare al mondo. Eren è educato fin da subito al diritto di stare al mondo, un diritto che lui stesso accetta di prendersi con violenza, coltivando il suo intrinseco carattere ribelle. Successivamente, con l’evolversi del personaggio, Eren trae molta della sua rabbia dall’orrore della madre che viene divorata davanti ai suoi occhi. Shinji, da parte sua, non ha nessuna madre da vendicare, e allo stesso tempo mostra un carattere introverso, che respinge la comunicazione e l’affetto, che si chiude alle possibilità erotiche che gli vengono offerte come surrogato d’amore.

Eren Jaegar in forma di Gigante. (Fonte: profilo Twitter @MAPPA info)

Neanche l’amore è più importante della lotta

Nel corso di Aot sembra che a Eren dell’amore non gliene freghi niente. Tutto l’amore che Mikasa prova per lui rimane inerte. Lei e Armin sono succubi, si offrono a lui in continuazione, ma per Eren niente è più importante del combattimento. Per lui conta solo la libertà – l’uscita dalle mura che lo chiudono “come bestiame”. L’unico momento di titubanza lo troviamo nella prima stagione, mentre Eren sta ancora valutando se accettare questa visione del mondo. In questa occasione, durante un combattimento Eren si estrania e sogna di essere tornato un bambino malato, di rimanere chiuso in casa tra l’amore famigliare. Nel sogno, Eren è seduto sul divano, avvolto in una coperta vicino a Mikasa, mentre il padre legge un libro e la madre sta cucinando. Il fuoco è acceso, l’aria è piena di vapori, sul lavello sono state appese a dissanguare due anatre appena ammazzate. In questa occasione, Eren assomiglia tantissimo a quello Shinji che rimane paralizzato dal dolore. Tutto ciò che vuole il protagonista, in questo momento, è lenire il dolore. Ma lenire il dolore significa anche rinunciare alla libertà – e questo per Eren è impossibile. Così Eren viene riportato alla lotta dalla voce di Armin, il suo amico di infanzia, che lo spinge a tornare al suo sogno di libertà.

Il significato degli uccelli

Nella prima apparizione del Gigante Colossale, che poi è la primissima manifestazione dell’assurdo nella vita di Eren-bambino, le anatre migratrici stanno volando pigramente nel cielo al tramonto. Le anatre, oltre a dare la prova concreta di un qualcosa che esiste al di là delle mura, un qualcosa di vivo – perché da qualche parte oltre le mura queste anatre si dovranno posare – sono il correlativo oggettivo della libertà ottenuta attraverso l’esplorazione. Nel corso della serie gli uccelli nel cielo appaiono più volte, sempre in momenti significativi. E in ogni momento sono sempre distanti e indifferenti al dolore degli umani. Le anatre compaiono anche durante la seconda manifestazione del Gigante Colossale, richiamando alla memoria quello stesso momento di pace della prima puntata, quel momento eterno dell’infanzia di Eren prima che la pace si rompesse. Nel corso della serie gli uccelli continueranno a essere presenti, fino alle ultime puntate. Non è un caso se la quarta stagione si apre con l’immagine di un uccello che vola lontano, visto dalla prospettiva di un marleyano ferito in battaglia. E non è un caso se in quel sogno di Eren della prima stagione, quando Eren vuole smettere di combattere, ci sono due anatre uccise appese a sgocciolare sul lavello: per Eren, a differenza di Shinji, la libertà non è una cosa su cui si può contrattare, e se Eren non “salirà sul gigante”, non ci sarà una Ayanami che salirà al posto suo, ricattandolo con il dolore. La libertà per Shinji è una scelta. Per Eren, invece, è una necessità da scontare con il sangue: o voli via, o finisci ucciso a sgocciolare sul lavello.

La farsa per ottenere la libertà

Eren Jaeger, a differenza di Shinji Ikari, superato un certo punto di non ritorno, smette di avere dissidi interiori e accetta la realtà per quello che è: una farsa assurda che va trattata con efferatezza. Durante la prima stagione, quando appariva ancora indeciso, gli altri personaggi lo invitano spesso a “perdere la sua umanità” per continuare a combattere. Eren deve trasformarsi in un gigante e deve farlo per far sopravvivere i suoi amici, per conquistare quella sacra libertà a cui è stato educato. Così, alla fine della sua infanzia, Eren indossa la stessa carne del mistero divino che porta la morte nel mondo. E, attraverso questa metamorfosi, Eren impara che l’assurdo permea ogni momento della vita – che permea la vita a ritroso, anche durante l’infanzia, anche in tempo di pace. Ai suoi commilitoni e ai suoi amici non occorre trasformarsi per accettare questa visione del mondo: i più giovani la accettano insieme a Eren, attraverso Eren, mentre i più vecchi la hanno accettata molto prima di lui. Per esempio, quando il capitano Levi, sul finire della prima metà della quarta stagione, si ritrova a dover affrontare i propri sottoposti tramutati in giganti, sembra tentennare per un attimo: “Tutti questi combattimenti mortali, a cosa sono serviti? Solo per questa farsa?”. In quel momento sembra che l’assurdo lo stia sopraffacendo, eppure un attimo dopo è lì che li ha sterminati tutti con la consueta efficienza, incurante del dolore, incurante della mancanza di senso – avendo accettato la mancanza di senso da moltissimo tempo. Così come Eren, tutti gli altri personaggi della serie sono educati all’assurdo, vivono a stretto contatto con la morte.

Il mondo delle mura è un posto orribile

All’inizio, dietro le mura c’è un mistero, quello dei giganti, e questo mistero si manifesta con la morte e il dolore. I giganti che attaccano Shingashina manifestano l’assurdo nella vita quotidiana, ma il Corpo di Esplorazione decide di offrirsi volontariamente alla morte e al dolore proprio per arrivare a comprendere il mistero di ciò che sta oltre le mura. Eren stesso, oltre che dalla sete di vendetta, è condotto dall’amore per il mistero e per la magia del reale, per la scoperta di ciò che sta oltre. Durante l’infanzia, la vita dentro le mura è pacifica e buona. Tuttavia crescendo, andando avanti la serie, svelandosi il mistero, la scenografia dei giganti cade e rimane solo la cruda realtà del dolore che hanno arrecato. I segreti si svelano, il mistero viene chiarito, ma dalla coscienza della sua origine non deriva speranza: c’è solo altro dolore. Di tutto il mistero, rimane solo la violenza. La narrazione allora si sposta da un piano allegorico, quello dei giganti che divorano gli uomini, a un piano concreto, di lotta dell’uomo contro l’uomo, dell’uomo contro la consapevolezza della morte in ogni momento.

Tutto il mondo è un posto orribile

Tanti personaggi di Aot lo ripetono spesso: il mondo è un posto orribile. Non solo in relazione ai giganti o alla guerra, ma alla crudeltà insista nell’uomo – nel solo fatto di essere vivi. “Quando gli uomini saranno meno di due, forse smetteranno di combattere”, dice il comandate Erwin Smith, maestro di retorica e militarismo, prima di gettarsi avanti nell’ultima carica suicida senza significato. Anche dall’altra parte del mare il mondo è un posto orribile e la vita è assurda. Nel flashback che mostra la storia di Zeke Jaeger, aka il Gigante Bestia, troviamo il suo mentore Xaver innamorato del mistero del mondo, eppure sopraffatto dal dolore. Il mistero, in Aot, è sempre legato a doppio filo al dolore, perché la soluzione del mistero è il dolore. Anche quando la meccanica del mistero è risolta, nel mondo di Aot rimane ancora il barlume della magia, che è la magia dell’esistenza, della metamorfosi e di tutto ciò che non è umano, ma è una magia impastata con il dolore. Questa è la visione del mondo di Xaver, condivisa e ereditata da Zeke. Zeke, che prova un amore assoluto e non corrisposto per l’umanità e per il mondo, come gli altri guerrieri, come Reiner, arrivato alla fine della carriera capisce che il miglior gesto d’amore che può compiere è impedire a chi ama di diventare gigante. Ma non diventare un gigante è impossibile. Così, Zeke vuole impedire a chi ama di nascere.

Zeke Jaeger da piccino. (Fonte: profilo Twitter @MAPPA info)

Un metodo razionale per reagire all’assurdo

Anche prima di presentare nero su bianco la prospettiva antinatalista di Zeke, che progetta di sterilizzare gli eldiani per impedire la perpetrazione dell’assurdo, in Aot molti personaggi sono inclini a questa visione del mondo. Il sicario Lenny Ackermann, parlando del ragazzino malaticcio che diventerà Levi, dice che sarebbe stato meglio se non fosse mai nato. Lo stesso Lenny, quando si troverà di fronte a Christa/Historia durante l’assassinio di sua madre, dirà la stessa cosa della bambina: “Questa ragazzina non sarebbe mai dovuta nascere”. Lenny, noto come Lo Squartatore, è l’assassino più sanguinario del popolo dentro le mura, eppure alla fine deciderà di affidare il siero dei giganti proprio a Levi, nella speranza che la risoluzione del mistero rompa la catena di vendette che lega il mondo. Vendette che in tutta la seria non sono mai metafisiche ma sempre legate a un peccato reale, a una colpa concreta da espiare e da vendicare: per esempio Gabi, pur infestata da una cultura guerrafondaia e fondamentalista, uccide Sasha perché Sasha aveva ucciso i suoi compagni, scatenando le ire degli eldiani, che di rimando vogliono uccidere Gabi per vendicare quella colpa concreta. Secondo Zeke, però, tutta questa catena di colpe e vendette risale a un unico fatto, a un’unica maledizione: la capacità degli eldiani di trasformarsi in giganti. A causa di questa capacità, gli eldiani hanno portato il mondo al terrore, perché tutto il mondo teme i giganti e, di conseguenza, i giganti temono il mondo. Zeke è cosciente che il potere dei giganti sia anche una maledizione, perché è un potere che si tramanda indipendentemente dalla volontà umana ed è per sé stesso inesauribile: infatti, nel caso in cui il potere di trasformarsi non passasse da un eldiano a un altro attraverso il cannibalismo, si manifesterebbe casualmente in uno dei nuovi nati della stirpe. Questa complicata spiegazione della meccanica che muove il mondo di Aot è ancora una volta un’allegoria, alla cui base rimane sempre quell’unica cosa: il dolore di vivere, l’assurdità di morire, la volontà di non essere mai diventati giganti, o meglio: la volontà di non essere mai nati. Nell’allegoria di questa vicenda, nella visione tragica di Zeke, l’unico modo per impedire i massacri – l’unico modo per impedire l’assurdo e il terrore di fronte alla possibilità dei massacri – diventa quello di impedire agli eldiani di trasformarsi giganti. Ma non trasformarsi in giganti è impossibile – cioè, fuor di metafora: è impossibile non soffrire questa vita di dolore. Così l’unica salvezza diventa la sterilizzazione di un intero popolo. Per Zeke, impedire agli eldiani di nascere è l’unico modo per spezzare la catena del dolore.

Zeke Jaeger ormai a fine carriera. (Fonte: profilo Twitter @MAPPA info)

Un metodo irrazionale per reagire all’assurdo

Zeke pensa che per lui sarebbe stato meglio non essere mai nato. Zeke pensa che non vedere mai la luce è l’unico modo per sfuggire all’assurdità di dover morire, di dover soffrire, di doversi trasformare in gigante. Tuttavia non la pensano così molti degli eldiani protagonisti di questa storia, quelli dotati delle personalità più edificanti. Questi eldiani li stiamo seguendo fin dalla prima stagione, prima ancora che sapessero di essere eldiani, di potersi tramutare in giganti: questi eldiani sono gli stessi personaggi che invitavano Eren ad abbandonare la propria umanità per la necessità della lotta, riempendolo però in continuazione d’amore. Nell’ultima stagione, durante la rissa nel ristorante, quando Gabi sembra essere ormai indissolubilmente legata al ciclo di vendette, il padre di Sasha decide di perdonarla. Per impedire che venga assassinata dalla sua amica, Gabi viene quindi portata in un’altra stanza, e lì si trova a parlare con Mikasa e Armin. In questa stanza è Gabi stessa, infestata dalla cultura guerrafondaia dell’occhio per occhio, a invocare una punizione: quando gli viene detto che non sarà giustiziata, sottolinea quella che secondo lei è la volontà reale di chi ha di fronte, una volontà che si muove all’ombra della legge. “Voi però volete uccidermi”, dice. A questa frase Armin gli risponde annoiato: “Uccidere, uccidere, parli sempre di uccidere”, come se lui, di questa volontà, non avesse mai saputo niente. E se fosse questa la soluzione per reagire all’assurdo? Reagire in modo altrettanto assurdo, irrazionale, fregandosene dell’assurdo, perdonando e cercando la vita pacifica anche dove le circostanze ce lo impediscono? Il perdono non può essere un modo per arrestare il ciclo del dolore?

Mikasa Ackermann con gli occhi tristi. (Fonte: profilo Twitter @MAPPA info)

Partendo da questi presupposti sarà interessante sapere dove andrà a parare la serie – senza dimenticare che, cinque minuti dopo aver detto queste parole, Armin si becca quattro cazzottoni in faccia da parte di Eren.

di Giovanni Peparello

In copertina: Il Gigante Bestia (Fonte: profilo Twitter @anime_shingeki)

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