Se fossi una rana sposerei un serpente. Stone Fruit, l’eccellente e delicato esordio di Lee Lai

Stone Fruit è una storia di intimità e vuoti del cuore” così Jonathan Bazzi nell’introduzione all’edizione Coconino Press- Fandango uscita a marzo, definisce il graphic novel d’esordio dell’australiana Lee Lai, già autrice per The New Yorker, The Lifted Brow, Room Magazine e Everyday Feminism. E centra due dei temi che questa giovane rivelazione della narrazione a fumetti distribuisce tra le scale di grigio e le ascese al blu delle sue tavole.

La fragile relazione d’amore tra due giovani donne schiacciata dai condizionamenti sociali e familiari in un mondo ancora troppo carico di giudizi è la linea narrativa che guida Lee Lai e le sue matite nelle dolorose riflessioni  lungo l’importante viaggio emotivo donato con generosità al lettore. 

Le parole, delicate ma imponenti, si muovono attraverso i vuoti e i pieni dei suoi disegni e faticano a trovare voce in una comunicazione mozzata nei complicati rapporti familiari e soffocata dalla paura di una storia d’amore in crisi. Silenzi e non detti che feriscono e incidono segni destinati a definire e lasciare affamati del bisogno di essere accettati per ciò che si è.

Stone Fruit racconta più storie. Quella d’amore tra Bron e Ray, nata nell’incrocio perfetto tra l’una in fuga e l’altra in ascolto. Due personaggi femminili diversi eppure così simili, che si allontanano quando il loro incrocio perfetto crolla di fronte all’incapacità di essere sincere riguardo le proprie paure. Quell’incapacità che irrompe dura e inaspettata come un nocciolo di pesca al primo morso e svela la profonda vulnerabilità delle relazioni. Mentre Ray a suo modo lotta per salvare la relazione, disperatamente innamorata e dipendente da lei, Bron fugge per tornare ad affrontare i suoi demoni.

E proprio attraverso la scelta di Bron, Lee Lai racconta le ferite irrisolte e gli intricati nodi dei legami tra genitori e figli, separati qui da un abisso di sentimenti repressi e schiacciati dal giudizio che soffoca l’amore. Quasi come un piede premuto sopra la laringe, che toglie la voce riducendola al silenzio e ai puntini di sospensione.  

La storia di Stone Fruit è anche storia di sorelle. Ray e Amanda, che si scontrano nelle scelte ma che si ritrovano a sostenersi nelle inevitabili difficoltà con la vita, le relazioni finite e la faticosa ammissione delle proprie fragilità che non è sconfitta ma punto di partenza. E Bron e Gracie, che tentano di costruire un rapporto dopo anni di lontananza aggrappandosi a un vulnerabile fronte comune, sconfitto miseramente dallo sguardo severo della madre che si nasconde in silenzi gelidi, rabbiosi e impreparati a gestire la sincerità.

Stone Fruit è poi la storia della libertà, qui nelle mani gioiose della piccola Nessie che, con una naturalezza incomprensibilmente estranea al mondo adulto, distrugge le maschere sociali. L’autrice trasforma i volti di Ray, Bron e Nessie con i tratti mostruosi della libertà che accompagna i loro momenti insieme: è così che le incontriamo nelle prime tavole del libro, rimanendo quasi spiazzati dall’incantesimo che finisce quando quei volti riprendono sembianze più umane. Quegli stessi tratti appartengono alla bambina quando si immerge nelle sue fantasie, mentre insegue la libertà che corre nei parchi sotto forma di un cane argentato.

Con le sue adorate zie queer, Nessie inventa storie e improvvisa canzoni che prendono forma mentre vengono cantate: non c’è una regola definita, non esiste una retta via da seguire, ma solo addentrandosi nei boschi o immergendosi in fondo ad un fiume in tempesta si può arrivare al proprio tesoro nascosto. Qui, in questo dolcissimo modello di famiglia, si cela la gioia e la relazione spezzata tra Ray e Bron trova il suo conforto. Nei pomeriggi passati con la nipote cullano momenti in cui riescono a respirare un’aria che nutre, che però si dirada nella loro camera da letto dove ognuna torna a nascondersi dietro paure e insicurezze, dove entrambe riprendono il proprio volto definito da ferite profonde e non ancora risolte.

Stone Fruit è un’opera unica, perché Lee Lai  ha il prodigioso talento di muoversi con passi delicati e rumorosi fra temi tanto importanti. La riflessione sulla complessità dei rapporti va oltre il tema delle relazioni queer, che rimane comunque un nucleo importante insieme al doloroso percorso della definizione e dell’accettazione di sé. Questa autrice parla con voce unica di quanto sia difficile mostrarsi anche a chi ci ama di più, della necessità di quello sforzo faticosissimo nel dar voce alle proprie paure, del mostrarsi fragili e bisognosi di un abbraccio che dica: ti accetto, ti amo, sono qui per correre con te in un bosco fantastico alla ricerca di un cane argentato.

Lee Lai.
Immagine browbooks.com


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