“Candido oggi” – recensione del nuovo romanzo di Guido Maria Brera e I Diavoli

Certamente per una questione di deformazione professionale, ogni volta che prendo in mano Il Candido di Voltaire mi chiedo che fine avrebbe fatto il protagonista in un mondo come il nostro e che piega avrebbe preso la sua storia.  È proprio per questo che quando La nave di Teseo ha pubblicato Candido di Guido Maria Brera, con il collettivo I Diavoli sapevo che non avrei potuto evitare di leggerlo.

Il Candido moderno veste i panni di un rider, casacca e caschetto colorati, e viaggia rapido tra le strade di una città che ha le sembianze di una Milano futuristica pronto a effettuare il maggior numero di consegne possibile per ricevere i crediti necessari per condurre una vita tutt’altro che dignitosa.

Una vita che il protagonista condivide con la madre in un appartamento di uno dei quartieri chiamati “esclusi”, proprio come le persone che li vivono, separati da un divario incolmabile da quella parte della popolazione che, invece, vive in enormi palazzi e sembra rasentare la perfezione.

La vita di Candido passa tra lavoro, sorrisi affettati e gentilezze estreme che gli permettono di ottenere discrete mance e commissioni. Tutto per un unico scopo: accumulare crediti sociali ricreativi per da usare per collegarsi in videochat con Cunegonda, una specie di dea del futuro dalla pelle bianca come il latte e forme sinuose di cui Candido è perdutamente innamorato.

Candido vive – senza esserne consapevole – schiavo di un sistema meschino e disumano fondato su un algoritmo. Ma a un certo punto nel sistemo appare un glitch e la realtà, quella vera e non virtuale, inizia a farsi spazio, mostrandosi agli occhi del protagonista per quello che è davvero: il mondo peggiore di tutti.

Qualcosa si rompe. È un glitch, un’improvvisa interruzione del flusso nel sistema. È come se, per la prima volta, per un solo microscopico instante, ma tanto basta, a Candido capitasse di vedere la realtà, al di là della porzione racchiusa nel caleidoscopico schermo del computer che solitamente la restituisce sfavillante nei suoi mille colori. È come se fosse precipitato, per una impercettibile frazione di secondo, in quel cono d’ombra che non è mai inquadrato. Eppure esiste.

Il titolo del romanzo di non lascia spazio a fraintendimenti. Si tratta di una decisamente moderna, ma anche illuminante, rivisitazione dell’omonimo romanzo di Voltaire – proprio Voltaire, non a caso, è il nome del social network che veicola tutte le informazioni – che grazie al meccanismo dell’ironia riesce a squarciare il velo di una realtà, quella contemporanea, che noi stessi abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi ma che, proprio come Candido, non riusciamo a osservare con chiarezza.

La Cittadella e, in generale, l’ambientazione descritta nel romanzo sono chiaramente distopiche. Al contrario i rider, lo sfruttamento, l’immigrazione, i giovani laureati sottopagati e senza un futuro, le file per ottenere un reddito di cittadinanza, sono elementi incredibilmente reali. È così che questo romanzo ha su di noi lo stesso effetto che la scoperta della scomparsa del profilo di Cunegonda ha su Candido: una presa di coscienza dopo un momento iniziale di spaesamento e negazione.

La critica alla società contemporanea è forte e sprezzante. In Candido troviamo una critica al capitalismo e al principio di sfruttamento, l’analisi di una società fondata sul potere dei social network, unici veicoli di informazioni da trasmettere al “popolo”.

Ricorda che solo una testa scevra di pensieri è in grado di ottenere le gratificazioni che tutti meritiamo e soprattutto che la chiave per la felicità è l’obbedienza. E qui alla Cittadella te ne renderai conto molto presto.

Che sia un caso che a dare il via al processo di disillusione sarà Martino, libraio del quartiere in cui vive Candido, figura di cultura e di vera e libera informazione? Forse dovremmo anche noi affidarci a una figura così per evitare che la realtà di Candido diventi sempre più anche la nostra.

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