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Come Nascondersi con Jaime Fountaine

«Questa è una storia di solitudine»: non è così che inizia Nascondersi, ma è la prima frase dei ringraziamenti che Jaime Fountaine fa in chiusura al proprio racconto. Una parola, solitudine, che ci fa subito ripercorrere con la mente quanto è appena successo nelle 87 pagine precedenti e diventa una chiave di lettura essenziale per comprendere meglio alcune dinamiche, alcuni accadimenti, alcune reazioni a cui abbiamo assistito. Improvvisamente isoliamo chi ha parlato finora, ci rendiamo conto dello spazio fisico ed emotivo tra la sua pelle e quella dellə altrə, tra le sue esperienze e il resto del gruppo. Ma andiamo con ordine.

Nascondersi (Pidgin Edizioni, 2021) è l’esordio alla narrativa di Jaime Fountaine, «cresciuta dai lupi», un modo di dire con cui definisce se stessa e che indica chi non conosce educazione – quella di tipo sociale e civilizzatrice. Un po’ come la protagonista del suo libro che non è in grado di inserirsi perfettamente nel sistema che la circonda, quello di un suburb statunitense, e che seguiamo nella parentesi di un’estate.
Un’estate in cui il corpo ha iniziato a cambiare, in cui per permettersi un reggiseno della misura giusta bisogna lavorare per mesi come babysitter per una famiglia altoborghese, per avere dellə amicə bisogna annuire senza pensare e costruire un’altra identità da presentare, nascondere se stessə.

Il vero incipit del libro è: 

Quello che da queste parti chiamiamo “Caccia all’uomo” non è altro che nascondino a squadre, rubabandiera senza bandiera.

Nascondersi, p. 1

Il titolo originale è qui, è Manhunt, appunto caccia all’uomo: è il gioco con cui si intrattengono quasi ogni sera ə ragazzə del quartiere, che usano come scusa per incontrarsi e avvicinarsi, mischiarsi, toccarsi. 
Ma alla “caccia all’uomo” possiamo ricondurre gran parte di quanto succede in questa storia. Perché è vero che la protagonista cerca di essere invisibile e di nascondersi, ma non solo nel momento del gioco serale: si vuole sottrarre dalla caccia all’uomo in cui sono impegnate tutte le figure femminili (e non) attorno a lei e che sembra l’unica occupazione in cui trovano realizzazione la madre, le amiche e le vicine di casa, l’occupazione che sostiene tutto un sistema in cui bisogna inserirsi – o dal quale bisogna nascondersi.

Una madre, una donna

La protagonista non riuscirà mai a aderire a questo modello sociale e sessuale a cui si rifanno tutte le persone che si muovono attorno a lei perché non le sono stati forniti in partenza gli strumenti borghesi e conformisti necessari per farlo. 
È l’unica figlia di una madre single che passa da un uomo all’altro, che non si presenta a lavoro, che esce a bere e che non si preoccupa dell’alimentazione o igiene sua o della figlia. Questa esperienza di famiglia non assomiglia a quella di nessunə altrə che conosce e per questo viene giudicata, allontanata, interpretata: è la chiave di lettura ed esistenza sociale che possiede e tramite la quale deve necessariamente passare.

«È più semplice restare zitta che parlare di mia madre» (p. 3) ci dice sin all’inizio, mettendo le mani avanti – la nostra protagonista sembra comunque essere abbastanza silenziosa in generale – ma in realtà della madre ci parlerà a profusione, mostrandocela impietosamente mentre è così in hangover da non riuscire ad alzarsi, mentre impersona l’ennesima recita con l’ennesimo uomo del momento. D’altronde ci riuscirà difficile provare pietà o empatia per un’adulta che non riesce a funzionare ma prova comunque a ingannare tuttə, soprattutto se stessa. 

Mia madre dice che ama gli uomini che prendono il comando, ma quel che intende è che ama gli uomini che credono di possedere tutto ciò che hanno di fronte.

Nascondersi, p. 18

Alla base di tutti i rapporti maschio–femmina che ci vengono forniti in Nascondersi c’è un tacito patto di oggettificazione a cui la seconda deve sottostare perché tutto funzioni: le donne sono corpi di cui si può disporre, che devono abbigliarsi e comportarsi di conseguenza. La ricerca insaziabile della madre di un uomo, il rapporto della protagonista con Jason e il desiderio di Emily di essere vista mi ricordano le persone che abitano Il libro di X di Sarah Rose Etter, lo stesso bisogno di passare sotto il raggio purificatore dell’eteronormatività per avere finalmente un proprio ruolo da ricoprire, con il quale muoversi nel mondo sociale ed economico e che permetta loro di avere valore agli occhi dellə altrə e di se stesse.

“Non ho detto che lo vorrei. Ho detto che glielo farei fare.” Katie è sulla difensiva. La preferisco così.
“Che differenza c’è tra dire di sì e volerlo?” chiedo. Non lo so veramente.

Nascondersi, p. 11

Un corpo tra tanti

Ora il corpo non è mio. Appartiene a tutti gli altri, e a nessuno piace così com’è.

Nascondersi, p. 6

La nostra protagonista non ha un nome, perché potresti essere tu e potrei essere io – ma, per certo, non sapremo mai se sia Jaime. Sicuramente, però, ha un corpo ed è attraverso questo che esiste per sé e lə altrə, si muove nel suburb e nel racconto. 

Sto leggendo in questi giorni Campo di battaglia. Le lotte dei corpi femminili di Carolina Capria, un saggio autobiografico nel quale Carolina ripercorre la storia del corpo femminile e della sua percezione, seguendolo nei suoi mutamenti (fisici, psicologici e sociali) dall’infanzia alla vecchiaia, passando per il periodo biologico della fertilità, attraverso il quale veniamo autorizzatə all’esistenza o alla condanna, a seconda di come decidiamo di viverlo, dagli occhi esterni.

Il tema dell’appartenenza del corpo femminile alla società è pressante nel saggio: «Ho cominciato a sentirmi ospite all’interno del mio corpo, […] ero semplicemente la persona che se ne doveva occupare. Come una guardiana, una custode, una governante» (Campo di battaglia, p. 13) e il corpo di nodi, non desiderabile e da abbigliare perché sia nascosto della Etter mi torna nuovamente in mente. Per la Etter, il corpo annodato di Cassie è una mostruosa barriera ai rapporti sessuali e sociali con l’uomo, che va continuamente mascherato, operato, normalizzato – nascosto mentre vuole essere visto, per esistere. La stessa incongruenza che domina la nostra protagonista, che è in un’età di transizione e di movimento per definizione, durante la quale comincia a esistere per sé sola, confusa da quello stesso corpo che si trova ad abitare e che ci chiedono di offrire e di mascherare, di tenere in casa e di mostrare, di umiliare e di conservare intatto.
Con il risultato che siamo una contraddizione ambulante: perché in questa società, anche se abbiamo un corpo che funziona e aderisce alla norma, ci muoviamo spaventate. Come delle prede.

Nel gioco, un uomo è una persona che si sa difendere da sé. Non si chiama “caccia alla donna” perché sarebbe un crimine.

Nascondersi, p. 4

Non solo perché l’uomo della madre, uno sconosciuto in casa solo per il sesso, cammina per le stanze mentre siamo in pigiama, non solo perché Jason si fa sempre più esigente, non solo perché c’è un maniaco che gira in auto senza mutande, non solo perché Drew fa chiaramente grooming a parole e con i gesti si impone. Mentre avanziamo tra questi uomini e queste pagine ci rendiamo conto di quanto sia spaventoso camminare da sole, di quanto siamo esposte allə altrə e ai loro desideri non appena diventiamo donne e in quanto donne. Muoversi come corpo femminile è pericoloso, essere vistə è terribile ed esistere può essere mortale: forse è meglio nascondersi.

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