THE INFINITE WAIT ALESSIA SICILIANO

L’attesa infinita e il coraggio dell’ironia: The Infinite Wait

Quando ad ottobre sono finalmente tornata al Salone Internazionale del Libro, tra il profumo della carta che filtrava attraverso le mascherine, le luci e la fisicità della gente che come me trovava meravigliosi anche il caldo e la stanchezza, sono arrivata allo stand di Eris Edizioni, tappa da sempre immancabile per me durante il Salone.

Mentre mi abbandonavo al piacere di sfiorare i dorsi dei libri, sono stata folgorata dalla copertina di una corposa e bianchissima graphic novel, The Infinite Wait di Julia Wertz.

Ammetto che non conoscevo questa autrice, che ho scoperto solo in  seguito essere una delle voci più sincere e originali della narrativa fumettistica statunitense.

Ho preso il libro convinta che mi sarei trovata in mano una storia dal mood di una serie tv americana anni novanta, una Felicity d’annata insomma – sono vecchia, lo so.

E invece Wertz mi ha piacevolmente spiazzato.

In questa raccolta – che può essere considerata il prequel di Drinking at the Movies pubblicato precedentemente e candidato per l’Eisner Award – racconta con schiettezza e ironia la sua storia, quella di una giovane donna incapace di scendere a compromessi, che non ha alcuna difficoltà ad ammettere di essersi sempre sentita a disagio con la diplomazia dei rapporti sociali, perennemente in lotta con il bisogno di indipendenza e di libertà.

L’autrice apre parlando della genesi del libro, “incubo di ogni editore: una vaga idea di una storia principale accompagnata da altre storie casuali con concetti perennemente fluttuanti” aggiungendo che il titolo nasce da qualcosa che la divertiva profondamente ovvero “l’idea che qualcuno peschi questo libro dallo scaffale, aspettandosi la nuova opera dell’élite letteraria di New York e si trovi invece un libro di battute e parolacce”. 

Quell’incubo di ogni editore si sviluppa però magnificamente, mantenendo sì la casualità di concetti fluttuanti, ma centrando il nucleo su quella che l’autrice dichiara essere la vera storia che vuol raccontare ovvero la diagnosi di una malattia autoimmune. Un evento tragico, devastante, ma che l’ha portata alla scoperta dei fumetti e alla comprensione di ciò che sarebbe diventata: artista e donna che continua a non imporsi maschere di compiacenza.

Wertz disegna quello che il fumetto ha significato nella sua vita e come quest’arte si sia impossessata della sua anima, da sempre affamata di storie, rendendole sostenibile il periodo di clausura dovuto alla malattia, nonostante lo scontro con fallimenti e delusioni.

Lo stile è volutamente semplice e rispecchia la schiettezza della narrazione e dei toni, il libro è costruito su sketch attraversati da una linea orizzontale e contiene tre racconti: Industry incentrato sul suo desiderio di indipendenza; The Infinite Wait in cui racconta il periodo a San Francisco con la diagnosi della malattia e la scoperta del fumetto e infine A strange and curious place, omaggio alla biblioteca della sua piccola città natale, rifugio sin da quando era bambina.

Le storie fluttuanti sono quelle che delineano la protagonista, dal racconto della sopravvivenza attraverso i lavori più disparati – di cui traccia un profilo impietoso e perfetto – a quello delle relazioni sociali e affettive.

Le tavole sono attraversate da una colonna sonora magnifica, che accompagna l’autrice negli anni e le cui tracce sono da ascoltare nel momento in cui vengono citate.

Una delle narrazioni che più ho amato in questo universo emotivo è quella del rapporto con il fratello Josh, basato sul cinico commento che aiuta entrambi a difendersi da un contatto affettivo necessario, ma complicato da gestire. 

Julia Wertz è un’autrice da scoprire, concedendosi il tempo di apprezzare ogni singola storia che dona con tanta onestà e pulizia di intenti e The Infinite Wait è libro da tenere per un po’ sul comodino, per capire e forse anche imparare che il coraggio di essere se stessi paga se siamo disposti a guardare con ironia anche alle difficoltà più grandi che incontriamo.

Julia Wertz. Ph. https://www.flickr.com/

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