Un libro di guarigione – Recensione del nuovo libro di Gaia Rayneri

“C’è un detto ebraico che dice: «Ci sono due modi per creare: uno è fare figli, il secondo è la parola»”, cita Gaia Rayneri in uno dei capitoli di Un libro di guarigione (HarperCollins, 2022).

Uno dei modi per creare è la parola, dice. E dentro quella frase viene riassunto il grande percorso della scrittrice, la sua strada di guarigione, intima e profonda, in cui coinvolge anche noi lettori. 

Gaia Rayneri, in uno scatto di Simone Li Gregni

Dopo il suo fortunatissimo esordio Pulce non c’è (Einaudi, 2009), da cui è stato tratto un film nel 2014, ha scritto un libro per ragazzi Ugone (Rizzoli, 2011) e il romanzo Dipende cosa intendi per cattivo (sempre Einaudi, 2018), Gaia Rayneri è tornata in libreria con Un libro di guarigione, una storia autobiografica.

Gaia ha ventiquattro anni quando le viene diagnosticato il disturbo della personalità borderline, quando comincia a frequentare spesso studi psicanalistici e psichiatrici, quando inizia a curarsi con gli psicofarmaci. È una scrittrice. È indipendente. Nella vita ce la sta facendo.

Eppure tutto di lei duole. Prova dolore fisico, mentale, solitudine e senso di abbandono, un costante – anche se mai davvero reale, dice – desiderio di uccidersi. Nell’incontro con i medici si rifugia nella sua diagnosi, come se fosse l’unica cosa che sa profondamente di se stessa: sono malata, sono la mia malattia.

Quella di Gaia Rayneri è una lotta per uscire dal circolo vizioso della diagnosi, dall’autoindulgenza, della ricerca spasmodica di affetto e attenzioni. Con delicatezza, e tanta ironia, ci racconta la sua esperienza, che diventa creativa e comincia a fiorire solo dopo anni e anni di cure, nel momento in cui la sua sofferenza incontra la meditazione e la narrazione.

È un testo particolare Un libro di guarigione, soprattutto per la sua costruzione. È articolato in due grandi sezioni: la prima dedicata alla diagnosi, al rapporto tra Gaia e la propria malattia, la vera e propria storia, dura e dolorosa. La seconda parte è un guizzo creativo, l’autrice ci spiega sintomo per sintomo il disturbo borderline – il suo, in particolare – , capitolo per capitolo, segue la classificazione del disturbo borderline del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. A questo associa le sue riflessioni, e le possibilità di trasformazione di questi sintomi, le sue risposte a questi sintomi.
Gaia Rayneri ha scritto un testo che prova a trasformare il dolore in rivoluzione, la sofferenza in luce, la morte in rinascita. E lo fa citando Michel Foucault, Seneca, Freud e trattati di psichiatria, associandoli a insegnamenti della filosofia orientale, alla meditazione, al Cristianesimo e al Buddhismo, in un cammino decisamente accidentato, pieno di inciampi, sofferenze e cambi di rotta, ma anche di amore.

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