Fame d’aria. L’ultimo romanzo di Daniele Mencarelli

Cosa significa essere genitorә? Spesso ho sentito rispondere che è qualcosa di difficile e allo stesso tempo indescrivibile; una sfida che ti rivoluziona la vita, e che al contempo la riempie.

Eppure, quotidianamente sono posta davanti a situazioni che mi dimostrano il contrario. Famiglie alla deriva, adolescenti abbandonatә, depressә, spesso vuotә. Figliә problematicә alle prese con adultә dai quali si sentono costantemente incompresә e abbandonә. Dall’altro lato genitorә frustratә, in lotta con il mondo, capaci non sempre e non soltanto di puro amore. 

Allora mi domando perché non descriva mai abbastanza di questo lato dell’essere genitorә, o perché se ne parli soli in parte.

Fame d’aria, l’ultimo romanzo di Daniele Mencarelli, edito da Mondadori, fa della questione genitoriale il proprio tema principale, e lo fa senza mezze misure o parole dolci. Al contrario ci racconta una storia di frustrazione, di rabbia e di odio. Sì, perché anche ә genitorә possono odiare, e ad essere odiatә possono essere proprio ә figlә.

La trama

Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo quando la frizione della vecchia Golf lo abbandona, tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, dell’Italia centrale, tra Abruzzo e Molise.  È venerdì pomeriggio e padre e figlio sono fermi in mezzo al nulla.

A salvarli arriva Oliviero, un meccanico alla guida del suo carro attrezzi che li accompagna fino al paese più vicino, riuscendo anche a trovare loro un alloggio. Basta poco per accorgersi che qualcosa in Jacopo non va. Il suo sguardo è vuoto, il passo è dondolante, e la mano sinistra non la smette di sfregare ossessivamente la gamba dei pantaloni.

Durante il soggiorno a Sant’Anna del Sannio Pietro si ritroverà a dover convivere con Agata – proprietaria di un bar che una volta era anche una pensione – e con Gaia, incarnazione della spontaneità e della gentilezza, caratteristiche che non abitano più la vita del protagonista da molto tempo.

I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione.

A pugni con il mondo

Pietro è un padre, ma è soprattutto un uomo stanco. La sua vita è da anni un ripetersi continuo di gesti e schemi sempre uguali. A scandire questi gesti è un suono, o meglio un mugugno “mmmmmmhh”, sempre costante. È il richiamo di Jacopo, che conosce questo suono come l’unico mezzo per comunicare con il mondo.

La rabbia è al centro del rapporto tra padre e figlio. La rabbia di Pietro non è cieca, ma ci vede fin troppo bene. Vede i genitori dei figli sani, vede la sua vita in frantumi e, soprattutto, vede Iacopo, nei confronti del quale è incapace di amore.

Questo tuttavia non significa che in Fame d’aria l’amore sia assente. Sarebbe più corretto dire che è presente, ma in una forma che arriva ad essere quasi crudele. Iacopo ama, forse, ma non nella maniera in cui siamo abituatә a intendere l’amore.

Ma l’amore degli uomini, persino l’amore, richiede un minimo di ragione, di intelletto. Pietro su questo non ha più dubbi. Lo Scrondo ama da bestia. Non si stacca mai da chi li ha generato. Come un cucciolo di cane che segue passo passo chi lo alimenta e protegge.

La presenza di Iacopo nella vita di Pietro è ingombrante, tanto da non lasciare spazio ad alcuna forma di amore, tanto meno quello coniugale. L’unico amore che sembra sopravvivere è quello materno.

Hai ragione. Non è lui che non sente. Sono io. Mia moglie ha il cuore più grande del mio. Lei continua ad amarlo, sempre, comunque. Io ho smesso. Io non ho più niente da dare. Niente.

Mencarelli questa volta ci presenta un romanzo breve e duro. Nella narrazione di un uomo divorato dal suo dolore, non c’è posto per i lunghi discorsi e per le parole gentili. Anche il ricordo non trova spazio in questo racconto. La vita di padre e figlio, scandita dalle necessità del secondo, scorre in una dimensione dove il tempo è dilatato, con l’impressione di vivere un eterno presente.

Empatizzare con il personaggio di Pietro è dura. Non è facile accettare e comprendere la sua frustrazione, ancora meno giustificare alcuni suoi gesti duri e quasi violenti. Impossibile empatizzare con Jacopo, nei panni del quale non riusciremmo mai ad infilarci. Due personaggi che possiamo solo limitarci a osservare. Li incontriamo a metà circa del loro viaggio e, dopo aver trascorso con loro un tempo che non riusciamo bene a definire, siamo costrettә a lasciarli. Non sappiamo come le loro vite proseguiranno, ma forse possiamo immaginarlo.

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