Amore a prima vista – Il secondo volume della trilogia di Margaret Storm Jameson

Il nome di Margaret Storm Jameson non è nuovo. Qualche mese fa avevamo seguito la giovanne Hervey Russel tra le strade di Londra, determinata ad affermarsi nel mondo della scrittura e dell’editoria londinese e a dare un futuro al figlio.

Company Parade, primo volume della trilogia Lo specchio nel buio, ci aveva descritto una giovane protagonista alle prese con la propria voglia di indipendenza, intrappolata in un matrimonio infelice e affatto appagante, e soprattutto in un modo, il suo interiore, irrequieto e tormentato.

Sono trascorsi sei anni dalla fine della Grande Guerra e la Hervey Russell che ritroviamo in Amore a prima vista non è molto diversa rispetto a quella che abbiamo lasciato al termine del primo volume. Sempre in lotta contro un’esistenza priva di certezze, mossa dalla voglia di soddisfare il turbine di ambizioni che da sempre rendono inquieta la sua esistenza. Tuttavia qualcosa di nuovo c’è, un cambiamento già anticipato nelle ultime pagine di Company Parade. Harvey è riuscita a crearsi una certa reputazione all’interno della società letteraria londinese. La storia con suo marito, invece, è ormai sull’orlo del precipizio. Quando la protagonista si innamora del cugino Nicholas Roxby, unico erede dei cantieri Garton, la colla che tiene insieme Hervey e Penn sembra ormai pronta a cedere. È il 1924 e gli strascichi della guerra continuano a farsi sentire su una Londra abitata da persone che, più che ferite nel corpo, sembrano portare ferite insanabili nell’animo.

Il titolo originale, Love in winter, è indicativo della condizione dei personaggi. L’inverno, infatti, ha un ruolo importante all’interno del romanzo. L’inverno non è più soltanto una stagione, ma diventa un vero e proprio simbolo della generazione di giovani che hanno vissuto la Guerra e che, lentamente, cercano di ripartire, proprio come dopo un lungo e rigido inverno. È anche un inverno sentimentale. Riacquistare fiducia nel prossimo, aprirsi completamente agli altri, mettere a nudo i propri sentimenti e le terribili esperienze vissute durante la guerra è qualcosa che terrorizza i protagonisti di questo romanzo.

Ritorna anche il tema del rapporto con la madre, e più nello specifico con la nonna, figura imponente e ingombrante alla quale Harvey viene spesso paragonata, ma dalla quale si percepisce estremamente diversa e lontana.

La prosa dell’autrice resta inconfondibile. Benché anche in questo secondo volume non ci siano colpi di scena che sbalordiscono il lettore o momenti di tensione narrativa che ci tengono incollati alla pagina, una scrittura elegante e il ricorso a diversi rimandi letterari, ci coinvolgono fino quasi a renderci partecipi delle scelte e delle inquietudini sentimentali della protagonista.

In Harvey c’è molto dell’autrice, donna madre e suffragette, che si batte per i diritti delle donne, e che diventa nel 1939 presidente della sezione inglese dell’Associazione Letteraria Internazionale PEN. Prima donna a laurearsi in inglese, Margaret Storm Jameson mette un po’ di se stessa, dei propri dubbi e delle proprie ambizioni nel personaggio di Harvey, ed è proprio per questo che non possiamo non leggere anche l’ultimo capitolo della Trilogia, None turn back, per scoprire il finale di una storia ancora rimasta in sospeso. La storia non solo di Hervey, ma anche quella di una intera generazione che tenta di riscattarsi dalla guerra, e quella di una scrittrice che con la propria determinazione ha certamente saputo lasciare il segno.

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