gli occhiali da sogno

“Gli occhiali da sogno” per un mondo più libero e più colorato – Intervista a Eliana Cocca

Se da piccola avessi letto Gli occhiali da sogno di Eliana Cocca, illustrato da Caterina Manganelli e pubblicato da edizioni Sonda, mi sarei molto rivista in Emma, piccola protagonista tornado, vispa, coraggiosa, ma anche solare e ilare. Soprattutto, avrei domandato ai miei genitori di informarsi a proposito di un paio di occhiali molto speciali, da sogno, insomma, che mi avrebbero permesso di vedere, indossandoli, i sogni delle persone intorno a me, le loro aspirazioni e i loro desideri. Poi ho anche pensato: “E se questi occhiali esistessero davvero, come apparirei agli occhi di chi li indossa?”. Mi piacerebbe dire – e forse posso farlo con cognizione di causa – che apparirei semplicemente me stessa, come così appare il padre di Emma, felice e soddisfatto di ciò che fa e della famiglia in cui abita. Probabilmente se questi occhiali esistessero davvero, apparirei con tanti libri in mano, una penna e un taccuino in borsa e perfino un cellulare su cui smanetto. Il che non si discosta, fortunatamente, troppo dalla realtà.

Gli occhiali da sogno, se non fosse chiaro, racconta la storia di Emma che a casa della nonna trova un paio di occhiali fantasmagorici perché chi li indossa riesce a vedere i sogni altrui. Sono occhiali speciali, che non si possono vendere in primis, e che non devono finire in mani sbagliate… Peccato che qualcuno non la pensi così e voglia lucrarci sopra. Toccherà a Emma salvaguardare gli occhiali e insegnare anche alle persone più grandi di lei che i propri sogni sono importanti, basta saperne prendersene cura.

gli occhiali da sogno

Oltre a essere un bellissimo racconto, però, questo libro offre molti spunti sparsi qua e là per chiacchierare di diritti, di femminismo e di battaglie. Ecco perché ho deciso di parlarne con Eliana Cocca, autrice del romanzo ma non solo! Eliana Cocca, infatti, è anche un’insegnante, una consulente editoriale e un’attivista. La ringrazio fin da ora per il tempo prezioso che mi ha dedicato.

Ci racconti cosa fai e come sei finita a lavorare nel mondo dell’editoria?

Dopo la laurea in Filosofia mi sono trasferita a Milano da Bologna e ho cominciato a lavorare alla Libreria dei Ragazzi. Dopo un periodo lì, mi sono trasferita “dietro le quinte dei libri”, diciamo, e ho cominciato a lavorare in casa editrice. Prima ho lavorato come ufficio stampa, mansione che includeva anche gli eventi, poi mi sono resa conto che la parte che in realtà mi piaceva di più di quel lavoro era la parte che meno riguardava quel lavoro ovvero la fase creativa, cercare il contatto con gli illustratori, parlare con gli autori ecc. e quindi ho pensato che forse dovevo cambiare un attimo rotta. Da lì, mi sono spostata poi nell’ambito redazionale facendo sia scouting che editing. Con Sonda ho fatto anche molti incontri con le scuole, essendo stata co-autrice e curatrice di alcuni volumi e di alcune collane, e questo mi ha permesso di capire che la cosa che volevo fare nella vita era proprio lavorare a scuola. Adesso sono un’insegnante precaria di Filosofia e Storia, però non volevo lasciare il mondo dei libri quindi nel resto del tempo continuo a curare una collana di filosofia per bambini (Piccoli Filosofi, ne abbiamo parlato qui, n.d.r.), a scrivere, a fare editing per qualche progetto… Mi considero un ponte fra i due mondi.

Eliana Cocca

Si può dire che sei poliedrica…

Sì! Inoltre, quando lavoravo in libreria ho fatto questo master in Bioetica e Consulenza in Etica che poi si è riversato in quello che faccio per il fattoquotidiano.it dove ho un mio spazio dove parlo di diritti, di femminismo, di etica ecc.

Il tuo primo libro è Gli occhiali da sogno, edito da Sonda per la collana Capriole. In cosa consiste questa collana?

La collana è nata con l’obiettivo di dare spazio a giovani autrici, millenial o anche più giovani, nate dagli anni Novanta in poi insomma, e di raccontare aə bambinə delle tematiche attuali uscendo un po’ da quell’ottica che magari possono avere autori e autrici un po’ più adultə che è “te lo racconto come se lo raccontassi a mia figlia o a mio figlio” e invece trasformare quest’ottica in “Te lo racconto come una sorella maggiore” quindi con maggior confidenza, maggiore onestà, senza girarci troppo intorno, dicendo le cose come stanno. Senza insomma addolcire la pillola, ecco. Cosa che magari un genitore o una voce più adulta è portata a fare perché ha una maggiore differenza d’età con quel bambino. Invece, tante tra noi per esempio sono zie oppure sorelle di bambini di 6-9 anni quindi l’approccio scelto è più vicino dal punto di vista dell’età e l’obiettivo era proprio quello di dare spazio alle autrici e al progetto in sé. Il nome Capriole è nato proprio con l’idea di guardare le cose da un’altra prospettiva, esattamente come succede quando fai una capriola.

gli occhiali da sogno

Quando ti è venuta l’idea per questo libro?

La storia l’ho scritta prima del Covid e in realtà era nata inizialmente come albo illustrato. Era molto, molto più corta quindi non c’erano nemmeno tutti questi dialoghi. Poi quando è arrivato il Covid, siamo statə rinchiusə e sfruttato quel lasso di tempo per dare nuovamente un’occhiata al testo. Ho parlato anche con persone che lavorano nel settore che mi hanno detto “Forse andrebbe approfondita questa cosa degli occhiali, dargli un po’ una svolta per una fascia d’età un pochino più alta”. Da lì ho approfittato della pandemia per riprenderlo in mano ed è diventato molto più lungo di quant’era inizialmente, talmente lungo che poi abbiamo dovuto anche tagliare qualche pagina!

Com’è stato organizzato il lavoro con Caterina Manganelli, illustratrice del libro?

Io e l’editore, per l’illustratrice, abbiamo fatto un po’ di ricerche e su uno slot di illustratrici che avevamo trovato ci siamo detti “Confrontiamoci un attimo e diciamoci quella che abbiamo preferito”: entrambi avevamo scelto Caterina. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che potesse rappresentare al meglio questa storia, ma l’abbiamo contattata quando la storia era già pronta, non era stata ancora revisionata ma era già stata scritta. Lei ha accettato subito volentieri e, ovviamente, come prima cosa, ha iniziato facendo un bozzetto della protagonista, per capire se se l’era immaginata nel modo giusto. Appena ho visto il bozzetto mi sono detta “Ok, Caterina è la persona giusta””!!”” perché ha disegnato Emma perfettamente come la vedevo nella mia testa. Il che non è sempre scontato. L’unica cosa che abbiamo modificato sono stati i capelli perché all’inizio erano più lisci e li abbiamo rivisti rendendoli ondulati, o meglio dire scompigliati, per rispettare questa caratteristica di Emma che è molto attiva, una sorta di terremoto.

gli occhiali da sogno

Hai portato la storia di Emma in giro per parchi e librerie. Secondo me è una cosa bellissima perché ti ripaga di tutta la fatica che hai fatto per scrivere il romanzo e pubblicarlo…

Verissimo, lo dicevo proprio alle libraie di Cosenza dove ho fatto un evento a luglio. A volte, lo dico con cognizione di causa dato che ho lavorato dall’altra parte della barricata, dopo un evento sono ə adultə a sentirsi in dovere di comprare il libro. La cosa più bella dopo le mie presentazioni, invece, è stata vedere ə bambinə che vanno daə genitorə insistendo “Me lo compri? Me lo compri?” perché lo vogliono davvero e questa cosa mi rende sempre molto felice, perché non è l’adultə a dire “Dai, compriamolo, lo leggiamo per le vacanze”, ma ə bambinə stessə che chiedono dieci euro per acquistarlo. Sono anche contenta del fatto che siamo riusciti a mantenere un prezzo così basso (9,90€, n.d.r.) perché è una cosa a cui tenevo moltissimo e di cui abbiamo discusso in casa editrice. Mi sembrava poco coerente parlare di diritti, di sogni, di non ostacolare i sogni altrui e poi pubblicare un libro solo accessibile a metà della popolazione. Ho anche rinunciato volentieri alla copertina rigida perché non credo che il libro perda di valore se ha una copertina flessibile.

Sono d’accordo, è una scelta molto nobile secondo me. Torno ai laboratori e alle presentazioni che hai fatto in giro per l’Italia per chiederti qual è stata la cosa più bella e buffa che ti sia stata detta a proposito del libro?

Ce ne sono un po’. Tra le più buffe un bambino che mi ha chiesto se questi occhiali potessero essere comprati, se li vendessi io e soprattutto quanto costassero. Poi mi hanno chiesto se “gli occhiali da sogno” fossero quelli che indosso io regolarmente, ma non hanno creduto che non fossero effettivamente da sogno e quindi ho dovuto passare i miei occhiali a turno e ovviamente assistere alla scena del “Non vedo niente!” perché io sono miope, ma per tornare alla realtà glieli ho fatti provare.

Tu sei attivista e ti batti per far sì che tuttə abbiano gli stessi diritti. Ovviamente questo traspare anche nella storia che hai scritto, Emma – che è un vero e proprio tornado – è gentile, aperta e non ha paura di nulla, con la fortuna di avere due genitori, soprattutto un padre, che la sostengono. Emma è genuina e combatte le ingiustizie a suon di gentilezza. Secondo te quanta responsabilità ha la letteratura per l’infanzia per “educare” al rispetto, all’uguaglianza e soprattutto alla libertà di essere se stessə?

È un’ottima domanda a cui mi piacerebbe rispondere dicendo che la letteratura per l’infanzia di certo ha un ruolo fondamentale, ma i libri non si spostano da soli dalle librerie alle case delle persone quindi la verità è che il ruolo fondamentale ce l’abbiamo noi, ce l’abbiamo tuttə. Il libro è uno strumento atto a sostenere le nostre battaglie, ma mettiamo caso che io do un libro a un bambinə, ləi lo legge ma poi dei temi all’interno del libro non si parla più né a casa né a scuola. In quel caso non è detto che il libro faccia il suo dovere perché il libro ha comunque bisogno di essere sostenuto nel lavoro educativo e di divulgazione che può fare. È vero che a volte capita che un libro ti cambi la vita, lo leggi e non hai bisogno di nient’altro, ma è anche vero che questo per ə bambinə più piccolinə non accade, questa cosa può avvenire quando sei più grande, dai dieci anni in su, diciamo. Magari non hai mai sentito parlare di genitorialità, adozione ecc. Poi leggi uno dei miei libri preferiti che è Il robot selvatico e dalla lettura possono sorgere delle domande come “Una persona da sola può adottare un bambino?” e allora cominci a chiederlo alle persone adulte, ma siamo già in un’età in cui si è più grandə, è diverso. In un’età inferiore, 6/7 anni, il libro ha bisogno di essere accompagnato.

Certo, secondo me bisogna anche essere fortunatə e trovarsi in un ambiente stimolante dove nessun adultə abbia paura o timore di dare delle risposte.

A volte secondo me è diventato anche un po’ un atteggiamento retorico, soprattutto nell’editoria per l’infanzia, il dire “Ah, i libri per l’infanzia salveranno il Paese”. Va bene, ma tu che stai facendo per salvare il Paese? Pensi che pubblicare il libro sia la soluzione? Il libro non va da solo. Il libro ha bisogno di persone che rispettino quella realtà, che raccontino quella lotta… Non basta pubblicare un libro anti-stereotipi, bisogna vivere anti-stereotipicamente perché altrimenti il libro è lasciato a se stesso ed è solo un contenuto di puro intrattenimento per chi lo legge. Io penso che solo se tuttə quantə coloro che parlano di libri per l’infanzia, di quanto siano utili e di quanto possano essere educativi, se anche solo questa cerchia di persone vivesse come suggeriscono i libri che propongono faremmo già molti, molti, molti passi avanti.

A inizio estate hai vinto un premio per gli albi illustrati organizzato dall’Arci di Cosenza e Le Pecore Nere (casa editrice italo-argentina) con un albo intitolato Luigi cambia colore. Ci dai qualche anticipazione anche in merito alla data di uscita?

L’albo dovrebbe uscire in autunno, ma ancora non abbiamo una data precisa. Sarà dedicato a una fascia d’età più bassa rispetto a Gli occhiali da sogno, dai tre anni in su. È un albo particolare, appena uscirà vedrete, ed è la storia di Luigi che come tutti i camaleonti ha la capacità di mimetizzarsi, però purtroppo lui è un camaleonte fifone e si mimetizza quando ha paura o quando pensa di non riuscire ad aiutare chi ha intorno… Dico una cosa che ho detto anche alla premiazione, a un certo punto sembrerò la classica scrittrice che scrive di un unico tema declinato in tanti modi diversi perché in realtà anche questa è una storia su come farsi avanti, su come non avere paura di stare al fianco degli altri e di proteggerci a vicenda, anche quando magari ci troviamo di fronte a una cosa che sentiamo più grande di noi e con una responsabilità di cui non ci sentiamo capacə.
Quanto sia anche solo importante stare al fianco di chi sta combattendo una battaglia è un tema che mi sta a cuore, perché ho passato la mia vita a essere un’attivista, ho cominciato quando frequentavo le scuole medie e non ho mai smesso, in un modo o nell’altro, ho declinato l’attivismo in modi diversi. Sono stata moltissimi anni con Amnesty, con l’Unione degli Studenti. Adesso lo faccio di più online, scrivendo perché ho meno tempo rispetto a prima ma ho sempre avuto molto a cuore questa cosa di portare avanti battaglie che non mi riguardano personalmente. Cercare il più possibile di accogliere le istanze degli altri e di capirle. Magari può non sembrare che Emma c’entri con l’attivismo, ma in realtà c’entra parecchio perché ha dentro di sé una cosa che accompagna anche me fin da bambina ed è la curiosità. Per me è sempre stata la curiosità a guidarmi e a farmi porre domande per scoprirne le risposte. Certamente dipende anche dal contesto in cui nasci e cresci, ma quando inizi ad acquisire questa spinta che ti fa dire “Voglio saperne di più”, ti rendi conto di quanti problemi ci sono al mondo e che in qualche modo devi fare la tua parte anche se alcune battaglie non ti riguardano direttamente, ecco.

Certo, a volte mi capita di dover spiegare perché vado al Pride e un po’ mi infervoro, la risposta è praticamente quello che dici tu, fare la propria parte.

Io ho provato a inserire queste cose anche nel mio libro e infatti ci sono pizzichi di femminismo sparsi qua e là a partire da Emma che vuole fare l’astronauta, poi c’è il padre che fa il casalingo mentre la madre lavora, poi c’è Luca, un amico di Emma, che ha due mamme… Ho deciso di sfruttare il racconto che non è un saggio sul femminismo o sulle battaglie sociali, ma questo non significa che all’interno non ci siano tanti di questi temi – di cui tratto e per cui lotto – infilati qua e là.

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