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La lezione di bell hooks: il femminismo è per tutti

Per vivere più femministə: libri, podcast, arte, musica, newsletter e fonti per allargare gli orizzonti e aprire le menti. Oggi celebriamo la figura e il pensiero di bell hooks con Il femminismo è per tutti. Una politica appassionata (Tamu Edizioni, 2021).

Ho inaugurato l’anno femminista dodici mesi fa, con un piccolo testo: quello di Chimamanda Ngozi Adichie, Dovremmo essere tutti femministi (Einaudi, 2015), scelto per l’apertura che lo caratterizza nell’impostazione e per l’agilità della sua forma, due cose che ha molto in comune con il testo di bell hooks. A un solo anno di distanza, guardo all’ingenuità con cui ho iniziato questo progetto, senza mai aver sentito parlare di decolonialismo o femminismo intersezionale, ma sono felice (e fortunata) ad aver intrapreso, perché mi ha permesso di leggere e scrivere di testi che non avrei mai altrimenti incontrato sul mio cammino – e che mi hanno cambiata profondamente. Come nel caso de Il femminismo è per tutti.

Pubblicato per la prima volta nel 2000, è arrivato in Italia in traduzione alla fine dell’anno scorso e, per una strana coincidenza, poche settimane prima che bell hooks si spegnesse dall’altra parte del mondo. Leggere questa piccola guida al femminismo è stato, per me, un modo per attraversare il lutto in modo intimo e allo stesso collettivo, ma soprattutto un modo per ricongiungersi una volta di più con il suo pensiero e la sua figura. Perché bell hooks è una femminista radicale, una studiosa, un’accademica, una professoressa, una poeta e un’autrice di saggistica, che non smetterà di cambiare noi e tuttə anche dal luogo bellissimo dove si trova ora.

Il femminismo è per tutti è diviso in 21 parti: Introduzione: Introduzione: avvicinarsi al femminismo; Politica femminista: a che punto siamo; Autocoscienza: un ripensamento continuo; La sorellanza è ancora potente; Educazione femminista alla coscienza critica; Noi e il nostro corpo: diritti riproduttivi; Belle dentro e fuori; Lotta di classe femminista; Femminismo globale; Donne al lavoro; Razza e genere; Mettere fine alla violenza; Maschilità femminista; Genitorialità femminista; Liberare il matrimonio e la coppia; Una politica sessuale femminista: un’etica della reciproca libertà; Beatitudine totale: lesbismo e femminismo; Amare ancora: il cuore del femminismo; Spiritualità femminista; Femminismo visionario.

Ho deciso di elencare tutti i capitoli (e quindi i temi) non solo per mostrare la vastità dell’approccio di bell hooks, ma soprattutto per confermare il fatto che il femminismo non è uno stile di vita, un bene di consumo o un prodotto di marketing, ma un movimento politico e rivoluzionario che può e deve abbracciare ogni aspetto della nostra vita. Perché, nel titolo originale, tutti è everybody: ciascunə di noi, singolarmente, ma anche noi in quanto corpi (body) fisici che occupano uno spazio, che possono spostare l’ago della bilancia, che possono unirsi compatti.

Il femminismo manipolato: comunicazione e media

Due cose vuole mettere in chiaro bell hooks, due fraintendimenti che sono stati alimentati, manipolati e strumentalizzati dal patriarcato capitalista, e per questo vi torna più volte in questo testo essenziale: il femminismo non è anti–uomini e le femministe non vogliono lo stesso sistema di potere degli uomini.
È evidente in che modalità e quanto il contrario di queste affermazioni sia stato strumentalizzato dalla retorica dei media mainstream: in entrambi i casi, alle donne viene riservato il ruolo di chi ha come unico obiettivo quello di minacciare il potere costituito (dove il potere è sempre in mano agli uomini cis etero bianchi). Perché, si sa, le femministe hanno solo due scopi: vogliono deporre gli uomini o sostituirli.
Screditarle, sminuirle, ridicolizzarle è l’unico modo perché la questione femminista non corra il pericolo di essere presa sul serio. Ma a questo gioco non prendono parte solo gli uomini, anzi: anche le donne possono legittimare una società sessista e ce ne rendiamo conto ogni giorno, basta accendere la televisione, andare a lavoro, parlare con conoscenti. Spesso non lo fanno consapevolmente: il nostro sistema si basa su un sessimo interiorizzato.

Come può difendersi il femminismo? Come può continuare a diffondersi anche se provano ad arrestarlo? Ha partecipato in qualche modo alla sua manomissione? Secondo bell hooks, ciò che ha rallentato la forza della rivoluzione femminista è stata in primis la sua progressiva accademizzazione: donne e uomini acculturatə, per lo più bianchə, che si confrontavano solo tra di loro, protettə dalle mura fisiche, astraenti e classiste delle università. E anche se bell hook era in quelle stesse aule accademiche, veniva spesso tacciata ed esclusa in quanto una giovane donna nera dal Kentucky rurale.

Il femminismo, invece, è un movimento di massa perché – checché ci vogliano far credere – la maggior parte del mondo non è composta da uomini etero cis bianchi. Hanno creato un mondo a loro immagine e somiglianza, ma è a noi altrə che fanno reggere lo specchio in cui si rimirano, e noi siamo la maggioranza. Per questo «anche da sola, la rivoluzione femminista non creerà un mondo simile; è necessario mettere fine al razzismo, al classismo, all’imperialismo» (p. 28). Il femminismo deve tornare a occuparsi di ciò che riguarda il mondo e, soprattutto, deve stare nel mondo, perché nasce con e per il mondo.

Il sapere femminista è per tutti.

bell hooks, p. 65

Femminismo e lavoro

Il femminismo nasce in un momento storico in cui la lotta di classe stava vivendo una nuova primavera. Per questo il lavoro è stato subito un argomento centrale della sua discussione, ma ha perso slancio e ardore quando «gruppi ristretti di donne, con alto livello d’istruzione, non volendo svolgere lavori al di sotto delle loro qualifiche, hanno trasformato la questione del lavoro in discriminazione di genere, scegliendo la lotta per la parità di tipo riformista», che si focalizzava sul considerare il lavoro una modalità per favorire l’emancipazione e un’alternativa al matrimonio.

«Adesso sappiamo che il lavoro non libera le donne dal dominio maschile» (p. 101): il lavoro non è la risposta, il lavoro non dà quello che promette. Ma a quel tempo le femministe facevano fatica a capirlo, perché quello accademico – in cui si erano rifugiate – è un lavoro privilegiato, riservato a pochə: perché se è vero che «l’autosufficienza economica è necessaria, il lavoro delle donne di classi più povere non si è rivelato affatto liberatorio dal dominio maschile, come per le donne bianche privilegiate». Da sempre, infatti, le donne e le minoranze (ancora di più quando le due cose corrispondono) sono state relegate a eseguire mansioni pratiche, ripetitive, anche sfinenti, soprattutto quando sono state camuffate da non–lavoro: quello domestico e di cura dell’altrə.
Le donne che puliscono il mondo non potranno mai aspirare a quella libertà di cui parla il femminismo riformista, perché il femminismo stesso non le aiuta, combattendo per loro, a liberarsi del razzismo, del sessismo, del colonialismo e, soprattutto, del patriarcato: continueranno a lavorare, invisibili, in un sistema che non le vuole vedere, se non scegliamo quale femminismo praticare.

Le nostre esperienze smentiscono la teoria che le donne possano migliorare la loro situazione economica solo agendo d’intesa con il patriarcato esistente.

p. 91

Il femminismo per oggi e domani

Quello di cui ci parla bell hooks alle soglie del Duemila ha le sue radici negli anni Settanta e Ottanta, nel suo primo saggio Ain’t I woman: Black Women and Feminism che è anche la sua tesi di dottorato alla Stanford University, così dirompente che dovrà aspettare fino al 1981 per trovare un editore disposto a pubblicarla.
bell hooks è stata la prima femminista a sostenere che il mero essere donne non ci rende automaticamente empatiche verso lə oppressə, a rendere il corpo bipoc un terreno di orgoglio celebrandolo anche in saggi e poesie, una delle poche a continuare a ricordarci che il femminismo è per tutti, che è un movimento di massa che si deve interessare delle masse, dall’alfabetizzazione ai diritti riproduttivi, che non può esistere dentro il sistema patriarcale.

Per questo ora, nel 2022, senza più lei a tenere il filo dei prossimi anni, avremo ancora più bisogno – come dice bene Caterina Serra – di «tornare al suo pensiero, lucido, libero, al suo femminismo esperienziale, critico e non decostruttivo, al suo concetto di lotta e di come il femminismo sia politica». Per fortuna ora, grazie a Tamu, abbiamo un manuale (piccolo solo nel formato) a cui potremo tornare ogni volta che abbiamo bisogno di ricordarci chi siamo e perché lo facciamo.

Il presente è il tempo del femminismo.

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bell hooks in New York City nel 1992, ritratta da James Keyser

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